domenica 31 agosto 2008

Italia - Libia: “Domani è un altro giorno”

Italia - Libia: “Domani è un altro giorno”
di Antonio Bruno

Una buona notizia davvero che mette d’accordo tutti! Gas e petrolio di ottima qualità in cambio di 5 miliardi di dollari e tante scuse per il colonialismo!
Un buon accordo per i nostri affari esteri, per la nostra terra ricca di uomini e donne ma povera di energia.
Ma avete notato gli africani delle nostre parti? Ci sono uomini e donne del Senegal, del Marocco, della Tunisia ma non ci sono donne e uomini libici. Eppure senegalesi e marocchini, insomma tutte queste persone, vengono dalla Libia.
Ho letto le cronache e negli accordi c’è anche quello di un maggiore controllo del flusso migratorio che passa dalla Libia. Il Ministro dell’Interno Maroni ha dichiarato che attraverso il pattugliamento delle coste libiche, che era previsto dall’accordo del 2007 con l’allora Ministro Giuliano Amato, si ridurrà l’immigrazione clandestina
Ma perché i libici che vedono passare sotto il loro naso uomini e donne che vanno incontro alla speranza di un futuro migliore, che lasciano il loro paese, i loro parenti e le loro tradizioni per vivere senza l’incubo della miseria e della morte per fame non li imitano? Perché le donne e uomini libici non tentano di cambiare la loro vita venendo nella nuova terra del latte e del miele o, meglio, delle automobili e delle veline?
Io me lo sono chiesto e penso che se lo siano chiesto anche i nostri rappresentanti. Ma c’è un’altra buona notizia che potrebbe risolvere il mistero, infatti Giovedì 29 agosto Gheddafi è stato nominato «Re dei re d'Africa» si legge nella proclamazione: «Decidiamo il riconoscimento del fratello leader come il re dei re, dei sultani, dei principi, degli sceicchi e dei sindaci d'Africa". I Libici sono appena 5 milioni e mezzo gli abitanti ma sono tutti li e, soprattutto, hanno la rappresentanza di tutti i popoli inoltre non sono in uno stato teocratico e si potrebbe iniziare a conoscersi, a rispettarsi e ad imparare a vivere insieme ridistribuendo la ricchezza che la terra produce.
I libici non vengono in Italia, ci vengono altri africani e non solo africani, quindi perché non approfittare di questa occasione che abbiamo di intrattenere affari esteri con la Libia per innescare una collaborazione con tutti gli Stati che hanno riconosciuto a Gheddafi un primato e che lo hanno proclamato Re dei Re?
La nostra Comunità e il nostro territorio sono un ponte naturale verso queste terre e quindi anche questo accordo è un segno dei tempi per noi che dobbiamo rappresentare un contatto e un momento di accoglienza per questi uomini e donne che già da anni vengono ad abitare pacificamente nel nostro territorio che con il loro lavoro contribuiscono a rendere sempre più bello e accogliente.
Ci sono i nostri 100.000 compatrioti che abitavano e che conoscono già quella terra, alcuni la abitavano quando era una colonia, altri ci sono rimasti sino a quando Gheddafi non gli confiscasse i beni e li ha mettessi alla frontiera. Ci sono italiani che sanno cosa significa essere rimpatriati cos’ come accade oggi a marocchini, senegalesi e a tutti gli uomini che vengono messi alla frontiera da noi. La collaborazione deve iniziare prima e soprattutto con loro che sono figli di quella terra Libica, loro che si sono nutriti con i frutti di quelle contrade che conoscono come le loro tasche.
Attraverso i nostri connazionali libici, i nostri che sono 20.000 (quelli che furono cacciati nel 1970) che possono essere ambasciatori potenziali, si possono innescare delle collaborazioni e avere già la strada spianata poiché si parte con il piede giusto, il piede di chi ha già percorso quelle strade.
Sono i profughi dalla Libia, espulsi da Gheddafi nel 1970 e privati di tutti i loro beni che rappresentano l’occasione di rendere questo trattato di affari esteri un contatto per l’accoglienza e il rispetto reciproco, un ponte verso la terra africana dalla quale tutti proveniamo e che ci è madre.
Popoli che si parlano, che si toccano che si salutano e che vivono insieme pacificamente questo deve essere l’accordo per l’energia della Libia.
Oltre che dalla Libia, ci sono i nostri connazionali profughi dall’ Eritrea, Etiopia, Somalia che possono cominciare lo stesso discorso per una fratellanza che sia un nuovo modo di vivere insieme e che rappresenti un esempio da seguire!
Mi rivolgo a voi amici italiani che vi siete organizzati nell’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia, guardate alle opportunità che abbiamo e che avete di riprendere un cammino, quello che parte dall’Italia per far ritorno alla terra delle nostre origini, quel cammino che porta a stabilire che ogni uomo è uguale nei suoi diritti e nei suoi doveri e che ogni uomo è disposto a perdonare per poter iniziare daccapo, perché ogni giorno si inizia daccapo così come fece Rossella O'Hara in Via Col Vento dite al mondo: “Domani è un altro giorno!”.

2 commenti:

monastero.invisibile ha detto...

Da "LA REPUBBLICA" di lunedì 1 settembre 2008

LO STRAPPO DEL PAPA EDMONDO BERSELLI Le parole sugli immigrati pronunciate ieri da Benedetto XVI nell`Angelus da Castelgandolfo sono uno strappo al silenzio e alla docile convenzionalità politica di questi ultimi mesi. I Paesi europei, dice il papa, devono accogliere gli immigrati irregolari. Preparare strutture, stringere accordi, produrre azioni per estirpare le ragioni che spingono un`umanità disperata adaffidarsi al mare, sottrarre tante vite alla cupidigia della criminalità. Ma alla fine il teologo, l`uomo della fede e della ragione, il depositario dell`ortodossia e della tradizione cattolica non nasconde il principio di verità che il Vangelo affida ai fedeli così come ai governi. Che in una parola si identifica con una sola, scandalosa, parola: accoglienza.

Naturalmente il discorso di Joseph Ratzinger è un prodigio di sintesi e di equilibrio. Ma nella razionalità ponderata delle sue espressioni, nell`attribuzione delle responsabilità e dei compiti, si staglia precisamente lo scandalo che il capo della chiesa cattolica scorge nelle tragedie delle ultime settimane, evocato dalle immagini dei corpi galleggianti nel braccio di mare sotto la Sicilia e Malta.

Ieri, in pochi minuti, il papa ha lacerato una cortina di mutismo e di sordità. Certo sarebbe una pratica provinciale mettere a confronto la rigorosa ratio del pontefice con le iniziative politiche del governo italiano e deipartiti che lo sostengono, e giudicare le parole del papa come una smentita. Sarebbe una dismisura, o almeno stratagemma inopportuno, portare sullo stesso terreno le ragioni storiche, politiche e filosofiche avanzate dal papa e il programma esposto formalmente e informalmente del cen- trodestra sulla sicurezza e l`immigrazione (più precisamente sul cortocircuito provocatofrasicurezza e immigrazione).

Tuttavia non si va lontano dal vero a valutare i provvedimenti del governo, e più ancora il clima suscitato nel Paese come un programma complessivo di "imprenditoria" politica tesa a creare e sfruttare un clima di diffidenza e di allarme sociale verso gli immigrati. Una politica in cui, più delle leggi approvate, conta l`atmosfera che si determina, con il tentativo di identificare l`altro, ossia l`irregolare, lo zingaro, e alla fine l`immigrato in sé, come un fattore di pericolo e di insicurezza.

In modo poi da far giudicare convenienti e razionali le misure più drammatizzanti, approvate o annunciate, dalle impronte digitali ai bambini rom alla dislocazione dell`esercito nelle città.

Il quadro delineato da Benedetto XVI è tutt`altro:le migrazioni sono un fenomeno, o meglio un processo, storico, che va affrontato con politiche efficaci, ma la cui efficacia non può prescindere dallo spirito della ragionevolezza cristiana. E con questo si dimostra per l`ennesima volta che la chiesa non è assimilabile a una parte politica, e certamente non alla destra, non alla durezza neoconservatrice. Per chi lo avesse dimenticato, fu il più aperto nemico del socialismo reale, Karol Wojtyla, dopo il crollo del muro di Berlino e dei regimi aEst, aparlare dei «granidiverità» contenuti nel marxismo, e a criticare con inattesa asprezza i dogmi del capitalismo.

Con questo, si svela anche la fragilità di tutti quei progetti e di quel complesso di atti ossequienti che la destra italiana ha messo in campo per"catturare" i vertici della chiesa. La perfetta acquiescenza dimostrata negli anni verso le posizioni ecclesiastiche da parte dei seguaci e degli alleati di Silvio Berlusconi può essere senz`altro utile per guadagnare il consenso delle istituzioni secolari del Vaticano, come segreteria di stato, e i suoi ruoli ecclesiali (ma anche politici) preminenti, come la presidenza della Cei.

E fuor di dubbio infatti che su temi come la fecondazione assistita, e relativo referendum, si sia assistito a un formidabile gioco di sponda fra il centrodestra e il cardinale Ruini; così come l`opposizione ecclesiastica alla legislazione sulle unioni civili ha sempre visto uno strenuo quanto poco comprensibile sostegno "laico" da p arte dei parlamentari dell`attuale Pdl. Considerazioni analoghe potrebbero essere aggiunte su qualsiasi tema di bioetica, dalla legislazione sull`aborto al testamento biologico.

Tuttavia una politica fatta per compiacere le stanze vaticane si scontra in ultimo con i grani di verità messi allo scoperto dalla fede e dalla ragione di Joseph Ratzinger. Vale a dire da un altro nucleo di verità non negoziabile del cristianesimo (altro anche rispetto al bene non negoziabile, perla chiesa, dellavitabiologica), che almeno sul piano filosofico fa a pezzi le semplificazioni, le forzature, le manipolazioni con cui la politica tratta una questione umanamente tragica. Certo, il lessico diRalzingernon possiede la carica suggestiva di Wojtyla;

ma se si ascoltala ratio del pontefice tedesco, lentamente si rivela anche la debolezza di chiunque voglia approfittare, per i propri disegni politici, della fede, e infine anche dell`altrui umanità.

[.]

monastero.invisibile ha detto...

RICEVO NEL MIO BLOG ED INOLTRO:
Con piacere vedo scritte parole di fratellanza e pacifica convivenza intorno al mediterraneo. Ho sperimentato la pacifica convivenza quando ero bambino in Libia. Si sono uno dei 20.000 e sarei lieto di contribuire alla pacificazione ma la realtà è che noi Italiani cacciati dalla Libia siamo un problema per quest'Italia perché le ricordiamo la sua incapacità di esercitare il diritto e la giustizia. In questi giorni poi basta osservare i blog per rendersi conto che la rabbia degli Italiani d'Italia non si è sopita ma si riaccendono le solite accuse nei nostri confronti appena solo si accenna alla questione (irrisolta) degli indennizzi, subito la rabbia trova le parole per esprimersi nei confronti della categoria privilegiata dei profughi. Non giudicare e impegnarsi per chi soffre l'esilio sperando in un futuro migliore. Posso dire di comprendere cosa vuol dire sentirsi straniero e non accolto, ricordo molto bene come sono stato trattato da straniero in Italia. Non ho odio ne risentimento per questo ma solo amarezza perchè mi fa rivivere eventi ed emozioni che avevo cercato di dimenticare. Se qualcuno/a vuole capire meglio le emozioni provate può leggerne "Castelli di sabbia" disponibile sul sioto web www.tripolini.it
Grazie dell' attenzione
Cordiali saluti
Massimo russo