venerdì 24 aprile 2009

La sua cravatta per anni si annodava da sola


La sua cravatta per anni si annodava da sola
di Antonio Bruno
Vado alla riunione di condominio e lo sento parlare della curiosità di sapere perché la sua presenza giù da noi non risulta entusiasmante per tutti ma fonte di continui lamenti. Poi accade di vederlo circolare in questa San Cesario di Lecce, la domenica mattina con i giornali che occupano le mani.Sentire dire di lui che tra i fili delle parole si accendono scintille che riportano all’infanzia mi intriga. E’ accaduto stasera 24 aprile 2009 e ho poi letto che nel Foyer del Politeama di Lecce, Giovanni Pellegrino ed Elisabetta Liguori presentavano il libro di Piero Manni “Il prete grasso” (Manni). Al posto del senatore Pellegrino c’era Antonio Errico (scrittore e dirigente scolastico) e le scintille le ha citate lui.Sul prete grasso che popolava le nostre Chiese di un tempo c’è la frase che campeggia sulla copertina del libro di Piero Manni, copertina che non poteva che essere rigorosamente ROSSA “Andavano in seminario, i bambini, che sembravano manici di scopa smagroliti nelle tonache troppo larghe, a crescenza, che poi gli si stringevano addosso, e le ragazze se li mangiavano con gli occhi e si giustificavano che era l’attrazione per la religione.”Mi ha fatto gustare un Piero Manni per me inedito Gisella Centonze che appena ho scritto il suo nome mi è apparsa.E’ stanca e mi ha salutato per andare a nanna.Detto quello che ho sentito dai due presentatori Liguori ed Errico preferisco narrarvi di Piero Manni, delle parole che ha detto lui stasera.Legge quello che ha scritto in quel suo libricino dalla copertina rossa, legge i frammenti che non ricorda nemmeno più in quale anno abbia scritto, è sicuro che adesso che l’ha pubblicato non gli appartenga più quel chicco nato per essere letto in treno, come se uno in treno non abbia meglio da fare che leggere.Dice dei sessantenni che hanno molto da narrare e poco tempo per farlo e non imita l’artigiano che invece affida all’astuzia dell’allievo la capacità di carpirne la tecnica e il mestiere. Un vecchio ha un mondo da raccontare ai giovani.Poi parla della sua cravatta che per anni si annodava da sola, senza che lui se ne prendesse cura, addirittura senza che lui se ne interessasse. Poi tutto triste ci narra di quel giorno che la cravatta non si annodò più e dovette farlo lui, il nostro Piero Manni, dopo anni, eccolo a doversi cimentare nel ricordo dei gesti necessari per raggiungere l’agognato nodo. Si lamenta! Pensate che gli è accaduto che per annodare la sua cravatta ha dovuto mettere attenzione, l’ha dovuto fare consapevolmente privandosi dell’immaginazione a cui si attardava prima, immaginazione che gli consentiva di continuare a stare dappertutto meno che dove stava in quel momento che poi era quello dell’annodare io nodo della cravatta davanti allo specchio.La meccanicità, nei frammenti di Piero Manni, è funzionale al controllo della realtà, senza di essa ecco che la realtà necessita di attenzione e la mente non può prendere la tangente verso voli improbabili fatti da ricordi che comunque non sono più qui o da aneliti che ancora devono venire.La discontinuità è un errore per Piero Manni, infatti afferma che quando si rompe il meccanismo fai più fatica e, come dicono gli avvocati, vi è di più, scompare la fiducia in se stessi e nella capacità che hai del controllo della realtà. Davvero interessante questo riferire da parte di Piero Manni ciò che appare condiviso da parecchi, anche se io non condivido alcunché, perché ciò che per Manni è una terribile disgrazia, per me rappresenta l’unica finestra che si apre per consentirti di uscire dalla prigione. Ma queste sono opinioni, che volete che siano? Sono solo misere opinioni che assumono rilevanza solo perché tutti sappiamo che ciò che è scritto non è più di chi lo scrive ma una volta pubblicato è di tutti, ed è per questo che lo scritto di Piero Manni diviene anche mio attraverso queste povere parole.Eccoli i ricordi, le more infilzate nello spiedo ricavato da un filo d’erba, i pipistrelli che loro, ragazzi dei tempi bui e magri del Prete Grasso, cercavano di colpire con le canne e poi eccolo il dialetto che appare “lu rusciu te lu ientu e te lu mare”Si lamenta di non aver mai scritto un romanzo.Poi delle immagini. Quelle delle vacanze a Castro in una piccola casetta sugli scogli. I ricordi di un pescatore e del pesce che Piero Manni puliva sugli scogli, e quelle vespe che Manni lasciava sulle sue mani convinto che mai l’avrebbero punto, perché avrebbero poi ottenuto la loro morte, ma tale morte per la perdita dell’apparato boccale è delle api e non delle Vespe, che se avessero punto il nostro amico Piero sarebbero sopravvissute per poterlo pungere ancora e poi una volta ancora all’infinito punture che in altri ambiti potrebbero risultare fatali se fatte a chi ha intolleranze alle punture delle Vespe e delle api.Ma Piero Manni riferisce che la sua calma e i movimenti mai bruschi nella pulizia del pesce l’hanno difeso e mai ha subito l’onta della puntura di quegli insetti.E’ preoccupato Piero Manni per la mancanza di trasmissione della cultura tra le generazioni e teme un ritorno alle caverne con uomini che anche se primitivi posseggono meno equilibrio dato l’evidente progresso a cui siamo stati sottoposti.Piero Manni ha tentato di parlare del Salento come terra che è su un pianeta, sul nostro pianeta. Piero Manni conclude e che quell’immagine del Prete Grasso che governava i nostri paesi insieme al Farmacista, quell’immagine che non rimpiange e di cui non ha nostalgia (in questo mi sento molto vicino a lui e condivido pienamente) quell’immagine del Prete Grasso che l’ha segnato per sempre.

sabato 18 aprile 2009

Io avrei potuto giurarlo sulla sua testa, quella era una Fata.

Io avrei potuto giurarlo sulla sua testa, quella era una Fata.
di Antonio Bruno

Il 18 aprile 2009 è tornato a Lecce, presso il Teatro Politeama Greco, il Galà di Beneficenza per Cuoreamico. Una serata tutta all’insegna della beneficenza, dell’aiuto ai bambini del Salento. La scusa è quella di stare in un teatro ma la sostanza è rappresentata dalla contribuzione a Cuore Amico. Ieri sera mi hanno colpito tre persone. La prima è la Signora Jacqueline Adames, avvenente conduttrice televisiva, la seconda è sua figlia Vittoria ed infine ultima non per importanza la Dott.ssa Gina Pennetta.
Cominciamo proprio da quest’ultima che ha riferito che un Onorevole della nostra provincia si è rifiutato di contribuire alla causa di Cuore amico. Poi in maniera spumeggiante è riuscita a ringraziare il foltissimo pubblico che ha gremito il Teatro Politeama Greco che lei stessa è stata in grado di mobilitare e far convenire in quel luogo.
Tanta gente che si muove da casa per l’azione di una donna sola è un evento di per se eccezionale e questo va segnalato.
Poi c’è la carissima amica Jacqueline Adames e la sua dolcissima Vittoria.
Jacqueline Adames è una donna che è madre premurosa, moglie perfetta e ospite squisita. Io sono davvero ammirato dalla grazia e dal garbo sincero e schietto di Jacqueline Adames. Una giornalista e donna di spettacolo in genere non annovera tra le sue caratteristiche la disponibile umiltà. Jacqueline Adames è di una disponibile umiltà che lascia senza fiato, che fa davvero ricredere tutti i dententori dei luoghi comuni sulle persone di spettacolo. Un esempio per tutti noi.
La star della serata è stata sicuramente Vittoria!
Vittoria è una bambina molto graziosa, dal viso giocondo e dolce, e indossava una abitino che sembrava fatto di petali di ciclamino cuciti con raggi di luna. Alle spalle per quanto è delicata sembrava brillassero delle alette di rugiada, dalle forme sinuose. Io avrei potuto giurarlo sulla sua testa, quella era una Fata.

Vittoria, è la dolcissima e bellissima bambina figlia di Jacqueline Adames.
Per me questa ragazzina ha un vero talento e una voce unica; dovete sentirla come ha presentato ieri lo spettacolo!
Ascoltando Vittoria nasce un desiderio di amore, con quegli occhioni grandi grandi che fanno percepire la dolcezza di coccolare qualcuno, la voglia di semplicità e gioia. Ecco cosa rappresenta questa piccola.
Davvero tre donne eccezionali!

venerdì 17 aprile 2009

Lo schermo che ci da l’immagine tridimensionale di noi stessi immersi nella realtà.


Lo schermo che ci da l’immagine tridimensionale di noi stessi immersi nella realtà.
di Antonio Bruno


Io e l'altro è di fatto il tema del doppio è tra i più sfruttati nella letteratura: tanto per dire, Sosia è il personaggio di una commedia di Plauto.
Il mio mondo è stato sempre rappresentato come la relazione tra Noi (io e l’Altro). Ho sentito parlare della cibernetica dell'io del sé, del me, dell'altro.
Questa impostazione è priva di significato, priva di senso.
Ci vuole questa immagine per riuscire a capire tutto il resto. Leggete attentamente. Io se guardo te per forza di cosa, per come è costruito il senso della vista, vedo te che hai la faccia davanti allo schermo ma non mi vedo. Insomma io sono l’osservatore e tu sei l’oggetto della mia osservazione. (ti senti osservato? Bene, sono riuscito a rendere l’idea!). Adesso immagino che io riesca a vedere me stesso mentre ti osservo. Metti che ci sia una Camera che riprende me e te nell’atto di osservarci uno di fronte all’altro e con lo schermo del computer davanti ai nostri occhi da cui osserviamo l’iquadratura della telecamera, ciò è il modo di percepire questa realtà che io osservi me stesso e te mentre abbiamo una relazione.
Rifletti, come faccio io ….. mmmmmmmhhhhhhhh…….mmmmmmmmhhhhhhhhhhh
Che percepisci? Uno sguardo in grado di vedere la realtà con te dentro e quindi la capacità di osservare il tutto da un punto di vista esterno a me, esterno a te. Immagina che il tutto sia in 3D, che sia tridimensionale!
Ora immagina di avere davanti a te lo schermo con l’inquadratura di te stesso che cammini, parli con i colleghi, fai l’amore, vai in bagno e tutto quello che combini ogni giorno. Tu che ti osservi ma che ti osservi nella realtà costituita da quanto ti circonda con te dentro.
Lo so! Ho capito! Mi chiedi cosa cambia? Se non sei riuscito a immaginare la scena non cambia nulla! Ma se invece questa nuova modalità di osservare comincia a far parte di te ecco che tutto d’un botto cambia tutto.
C’è innanzitutto un paradosso. Ovvero quello dell’identità. Qual’è il senso di questo senso? Identico significa uguale a se stesso. Ma Niklas Luhmann il maestro di un uomo buono, il maestro del Prof. Raffaele De Giorgi gli ha rivelato che identità e mettere distanza tra te e l’altro. E’ dire che ci sono delle differenze. E affermando questo di fatto con la mano e il braccio teso spingi l’altro lontano da te.
Come quando ammettiamo che è bene parlare con gli extracomunitari, si è vero parliamo con i cinesi, ma io sono italiano e tu sei cinese. E’ una forma di esclusione partendo da un concetto spaziale, da un recinto chiamato confine che chiude un territorio e distingue chi è dentro al territorio da chi è fuori. Esclusioni, che comportano violenze perché comincia a venir fuori il discorso che se vuoi stare nel recinto devi fare questo e non devi fare quest’altro.
Depredano, trucidano, rubano e questo lo chiamano col nome falso di impero; hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace. » (Tacito, Vita di Agricola). Ricordate? E’ violenza allo stato puro. Come l’insensatezza della circolazione dei Valori che diventa violenza.
Punti di vista, solo punti di vista. C’è un concetto di Salute e tante Malattie. Capovolgi: c’è la Malattia e tante forme di salute.
Come la storia dei diritti umani. Ma l’umanità nasconde solo la violenza e i diritti umani sono enormi abissi di vuotezze riempiti dal livello di civilizzazione. I diritti umani non rappresentano una garanzia ma è una costruzione degli uomini. Infatti rendiamo l’uomo libero per renderlo imputabile, proprietario per applicare il diritto di proprietà. Sano di mente per poter dichiararlo pazzo. Il problema centrale è l’idea dell’uomo, l’idea dell’altro. Il problema è la questione del senso del senso.
Il problema della semantica e della ricerca di questo senso. E poi come estinguere un problema di eguaglianza tra uomo e donna quando già ponendo il problema stabiliamo continuamente la disuguaglianza tra uomo e donna. Infatti se la disuguaglianza non ci fosse allora non ci sarebbe il problema. Perché diciamo che c’è il concetto di uomo e tutte gli altri concetti sono di donne e non diciamo che c’è il concetto di donna e poi tanti modi di essere uomo.
Capovolgiamo e osserviamo dallo schermo che ci da l’immagine tridimensionale di noi che ci relazioniamo con la realtà.
Le mode, quelle di dire che bisogna fare sistema, qualunque sia il discorso immediatamente qualcuno afferma che si, va bene, ma bisogna fare sistema. Cosa che puntualmente non fa nessuno. Mode! Come quella della riunione di politici e della seguente dichiarazione che dopo una riunione di 7 ore si era arrivati alla conclusione che Ognuno doveva prendersi la sua responsabilità. Come se ci fosse qualcuno disponibile a prendersela! Balle! Mode!
Guardiamoci, osserviamoci immersi in questo mondo e se lo facciamo con una certa regolarità ecco che il concetto di identità, cittadinanza e diversità ci apparirà per quello che è, ovvero parole prive di significato e quindi di senso.
Grazie Maestro! Grazie per il regalo che mi hai fatto inaspettatamente oggi!

giovedì 16 aprile 2009

In totale disaccordo sul futuro delle Cesine


In totale disaccordo sul futuro delle Cesine
di Antonio Bruno
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“Noi abbiamo il dovere di Noè ovvero quello di mettere in salvo la natura dall’impetuoso sviluppo della civiltà!”.
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Ieri 15 aprile 2009 sono stato alla Masseria delle “Cesine” una località in agro di Vernole (Lecce) per partecipare ai lavori della tavola rotonda avente per tema “Le Cesine patrimonio naturale del territorio salentino”.
Un giovane e paffuto direttore guida questa riserva naturale da due mesi e mezzo. Il nome del Direttore è Dott. Carmine Annichiarico non è di Vernole e nemmeno di Lecce. E’ stato mandato qui dal WWF nazionale e dopo questo tempo ha deciso di organizzare una tavola rotonda dove sono presenti tutti gli attori che partecipano a vario titolo alla responsabilità delle “Cesine” per mettere in comune le risposte a una domanda: “Cosa possono essere le Cesine?”.
Il bravo e simpatico Direttore riferisce che hanno lavorato per due mesi e mezzo nel più assoluto silenzio, ci partecipa la notizia che i lavori di ristrutturazione della Masseria “Le Cesine”, che si stanno effettuando, saranno consegnati il 19 maggio 2009.
Poi ripropone le domande e lo fa nella qualità di rappresentante dell’Ente Gestore che è il WWF. Le domande sono rivolte agli attori convenuti per prendere parte ai lavori della Tavola Rotonda e sono:
Quale idea si deve avere della Riserva “Le Cesine”?
Quali sono gli altri attori che potrebbero essere interessati?
Quali sono le aspettative?
Il giovane Direttore riferisce che il WWF in qualità di Ente Gestore ha una vecchia convenzione con l’ERSAP, inoltre ci annuncia che ha aperto un ufficio del WWF nella Piazza di Vernole che ha come finalità quella di sensibilizzare la cittadinanza.
Spiega che la Spiaggia delle Cesine è del Comune e che ci si può fare il bagno. Comunica di aver ascoltato varie idee sulla Spiaggia ma che è certo che alla pulizia della stessa deve provvedere il Comune.
Detto questo hanno inizio gli interventi della Tavola Rotonda e prende la parola il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione. Afferma che questa discussione rappresenta un punto di svolta, che è contento perché si inizia a discutere. Afferma che i cittadini di Vernole sono morti nelle Cesine quando era una zona malarica. Inoltre ricorda a tutti che i Vernolesi vivevano di pesca e di caccia.
Si esprime in dialetto per ricordare “LE COTE” che sarebbero le quote di terreno assegnate ai cittadini di Vernole per la coltivazione oppure i lavori “ALLU CANALE” che poi è il Canale “CAMPOLITANO” scavato dai Cittadini di Vernole per pulire l’area dalle acque delle paludi.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione volge poi lo sguardo alla Masseria “Le Cesine” che appena 30 – 40 anni fa era piena di bestiame e a testimoniarlo ci sono le batterie di mangiatoie. La Masseria oltre che essere luogo di lavoro era anche centro in cui gli allevatori si incontravano per gli scambi commerciali.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione afferma che adesso quest’area è valentissima dal punto di vista scientifico, e lo testimoniano il Prof. Marchiori e Medagli dell’Università del Salento, afferma inoltre che tale area è bella dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Ricorda i posti che la caratterizzano come “Pantano Grande”, “Pantano Piccolo” e i vari laghetti presenti all’interno della Riserva.
E poi il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione si affida a un immagine che manifesta la voglia di fruire di quei luoghi da parte dei suoi cittadini “In punta di piedi ma i Vernolesi vogliono entrarci!”.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione dice che insieme all’Università del Salento bisogna affrontare i guasti, come quello della Duna che si abbassa e del conseguente ingresso dell’acqua salata nei pantani salmastri. Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione poi si fa ardito affermando che “Le Cesine” non possono essere una Teca chiusa e che non si può vivere in contemplazione della Riserva!
Ci sono state varie polemiche ma secondo lui devono essere superate perché attraverso un programma attento i Cittadini di Vernole devono lavorare di concerto con il WWF.
Le Cesine rappresentano un luogo con equilibrio delicato e il mare, rompendo la Duna, è penetrato nel Pantano Grande. Questo fatto determina che il sistema salta.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione cita la Provincia di Lecce che ha fornito le risorse finanziarie e l’Ing. Antonio Pulli che dovrebbe risolvere tecnicamente il problema.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione continua la sua analisi affermando che l’accesso alle Cesine è un diritto primario dei cittadini di Vernole . Ricorda che Vernole con “Le Cesine” erano la cenerentola rispetto alle altre aree protette ma riconosce che adesso c’è un vento nuovo. In funzione di questa novità ecco che c’è la necessità di portare al tavolo della discussione le varie esigenze. Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione rappresenta le esigenze dei Cittadini che sono quelle di un vantaggio di lavoro e di immagine che intendono trarre dalle Cesine.
Il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione porta come esempio l’imprenditore Mauro DELLA VALLE che dimostra il fatto che quando si ha una proposta credibile c’è la conseguente crescita della Comunità.
Prende di nuovo la parola il giovane direttore delle Cesine per ricordare un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 1971 scritto dal Dott. For. Raffaele Congedo in cui si riferì della mattanza di 1.500 folache ad opera dei cacciatori. Le parole di Raffaele Congedo in tema ambientale rappresentano un monito per tutti noi.
Interviene l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo per segnalare l’assegnazione al Comune di fondi regionali finalizzati alla salvaguardia del litorale e specificamente del cordone dunale delle Cesine.
I patrimoni che vanno salvaguardati pur essendo piccoli come dimensione sono grandi dal punto di vista della storia.
Le questioni ambientali si presentano sempre con la necessità di mettere insieme termini e valori che sono difficili da far convivere come lo sviluppo con la tutela e la crescita con la salvaguardia.
I parchi della Provincia di Lecce sono tutti costieri e stanno tutti lungo il profilo della Penisola Salentina e distanziati tra di loro.
La Provincia di Lecce attraverso l’Assessorato all’Ambiente ha formulato una proposta sia alla Regione Puglia che al Ministero dell’Ambiente per la elaborazione di un Progetto Sperimentale che realizzi UN SISTEMA DI RETI ECOLOGICHE. Tale progetto sarebbe l’inizio di uno sviluppo attivo per tutto il territorio. A questa proposta ha dato già il suo assenso la Regione Puglia.
In pratica si tratta di procedere alla costruzione di un sistema che faccia in modo che le diverse realtà vivano in sinergia tra di loro e con l’intero territorio.
L’area delle Cesine, afferma l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo, è interessante e la Comunità sente quest’area come facente parte della sua storia e in tal modo si tutela di fatto il luogo.
Tale affermazione dovrebbe far riflettere qualunque ente che intenda interessarsi di gestione territoriale laddove la popolazione deve essere sempre partecipe attivamente.
L’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo riferisce che nei progetti di Area Vasta vi è una scheda di ampliamento e tutela della naturalità che riguarda la Riserva della Cesine.
Ricorda che la Provincia di Lecce è uno strumento di supporto e proprio per questo afferma che in tale ruolo si estrinseca la necessità di un Ente sovracomunale necessario a questo territorio che ha realtà comunali piccole che hanno necessità di coordinamento.
Fa l’esempio del parco di Otranto in cui i Comuni che sono gli Enti gestori hanno chiesto che la provincia di Lecce entrasse nel Consorzio.
L’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo riferisce dei Piani dei Parchi e dei Piani paesaggistici di II Livello. Inoltre ricorda che il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Lecce (PTCP) definisce il Salento come Area Urbana in un Parco.
C’è la necessità di valorizzare il Salento con un offerta turistica molto alta. Già durante la pausa pasquale gli imprenditori degli stabilimenti balneari hanno chiesto di far partire la stagione.
L’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo afferma che nel Salento è improponibile il modello emiliano dell’industria della balneazione ma che invece è auspicabile che prenda piede un turismo di qualità come quello proposto nel PUG di Carpignano Salentino che prevede uno sviluppo proprio collegato alla circostanza di essere a ridosso del Parco di Otranto.
Prende la parola il Comandate del Corpo Forestale dello Stato di Lecce Dott. Mario Mazzeo per ricordare che alle spalle ci sono 30 anni di discussione sull’argomento di come si debbano fruire le Cesine. Per quanto riguarda la sua veste di rappresentante del Corpo Forestale dello Stato lui ha il compito di far rispettare la legge poiché la forestale è un organo di tutela.
Cita il discorso fatto ai giovani nel 1971 dal suo predecessore Dott. For. Raffaele Congedo “Noi abbiamo il dovere di Noè ovvero quello di mettere in salvo la natura dall’impetuoso sviluppo della civiltà!”.
Per quanto riguarda la bonifica delle Paludi di Vernole e quindi anche di quella delle Cesine ricorda che l’Opera fu affidata alla BONIFICA FERRARESE che realizzò anche le strade che vanno verso il mare e che solo le maestranze di tali lavori furono rappresentate dai cittadini di Vernole.
Ricorda che la superficie della Riserva è di circa 600 ettari e che l’entroterra rappresenta la zona coltivata a ridosso delle Cesine da dove arrivano gli incendi.
A Est c’è il mare a sud la strada bianca e a nord la strada del pesce. A lui le Cesine appaiono un fortino da espugnare più che un bene da tutelare.
Inoltre afferma che gli interessi economici e turistici stridono con quelli naturalistici e che quindi a suo avviso non si possono fare tutte e due le cose.
Nella fruizione della Natura non può prevedersi un turismo di massa, secondo il Dott. Mario Mazzeo tale fruizione prevede la compatibilità e la sostenibilità solo con un turismo colto.
Gli interventi che potrebbero valorizzare il territorio del Comune di Vernole dovrebbero riguardare il ripristino delle vie dell’olio e del vino attraverso il ripristino dei tratturi e delle “carratizze” (strade modellate dall’acqua piovana) rimuovendo l’asfalto di cui sono ricoperti. Inoltre si potrebbero recuperare le Torri Colombaie, quelle di avvistamento e le antiche masserie.
Nel 2000 il premio nobel Paul Crutzen , insieme a Eugene Stoermer , ha coniato il termine antropocene per designare la nuova era in cui è entrato il pianeta terra da quando homo sapiens ha iniziato ad alterarne in modo significativo la superficie ecco perché è necessaria una salvaguardia attenta e puntuale.
E’ intervenuto Piero Medagli dell’Università del Salento per riferire di un suo Studio sulle Cesine dove ha scritto di aver censito 400 specie vegetali nella riserva di cui alcune a rischio estinzione. Racconta dell’Orchidea Periploca Greca che un incendio distrusse completamente e della circostanza che aveva fatto si che l’Università avesse raccolto dei semi e da questi semi avevano ottenuto delle Piante che hanno riportato nelle Cesine, nel 1999 – 2000 questo rappresentò la reintroduzione in situ di una Pianta estinta.
Piero Medagli afferma che vi sono delle problematiche che bisogna affrontare di concerto come quella della salinizzazione dei pantani che modifica la flora e la fauna.
Poi apre il doloroso capitolo della Cannuccia di Palude (Phragmites australis) una pianta erbacea perenne della famiglia delle Poaceae. È l'unica specie del genere Phragmites. È una specie erbacea perenne, rizomatosa; può raggiungere anche i 4 metri di altezza. Questa pianta a tutti nota tende a chiudere gli specchi d’acqua. In tal modo scompare la possibilità di ospitare specie faunistiche e tra queste i Tritoni. Poi tale Cannuccia di palude ha fatto scomparire l’URTICULARIA che costituisce il genere più grande di piante carnivore, vi appartengono infatti circa 215 specie che vivono in acque dolci o in suoli saturi di acqua di tutti i continenti eccetto l'Antartide. Questa pianta carnivora è presente a Fontanelle, nelle Cesine e a Lago salso, ma per la cannuccia rischia di scomparire dalle Cesine infatti le canne hanno invaso e la pianta è scomparsa.
Inoltre i cambiamenti climatici in atto hanno favorito le PIANTE ALIENE come l’Acacia che sta diventando invasiva, o la canna domestica (Arundo donax) di origine asiatica che sta causando popolamenti densi monospecifici.
Non essendo potuto venire il Dott. Giuseppe Mauro Ferro Alto Dirigente della Regione Puglia lo stesso ha delegato il Dott. Luigi Melissano dell’Area Sviluppo Rurale della Regione Puglia. Immediatamente il simpatico direttore delle Cesine si è affrettato a comunicare ai presenti che le autorizzazioni per la raccolta della legna alle Cesine andavano rivolte proprio al Dott. Luigi Melissano.
Di suo, invece, il Dott. Melissano ha subito esordito affermando che l’unico Parco che funziona bene nel Salento è quello di Porto selvaggio – Palude del capitano. Degli altri parchi esistono solo i nomi e forse qualche cartello che li delimita. Poi dice una cosa che potrebbe sembrare banale ma che ha avuto invece un effetto devastante. Il Dott. Luigi Melissano si dice consapevole che esistano delle situazioni straordinarie sulle quali intervenire ma afferma che non esista ancora chiarezza su chi deve fornire le risorse finanziarie per l’ordinarietà.
Fa un esempio. Entro il 15 giugno 2009 bisogna realizzare le fasce parafuoco per gli incendi, chiede se le si stiano facendo? Poi racconta che gli uccelli che dovrebbero trovare rifugio alle Cesine preferiscono gli stagni del depuratore che è dentro alle Cesine agli stagni delle Cesine.
Ci vogliono le risorse economiche e dice che bisogna necessariamente stabilire se devono essere pubbliche o private.
Quindi conclude affermando che vi è la necessità della ordinarietà degli interventi e il reperimento delle risorse finanziarie.
Interviene ancora una volta il simpatico e paffuto direttore delle Cesine che afferma che annualmente ricevono un finanziamento dal Ministero dell’Ambiente ed hanno solo quell’entrata. Uno dal pubblico ha chiesto a quanto ammontasse quell’entrata e il simpatico e sorridente direttore l’ha rimandato al Ministero dell’Ambiente per farselo dire. Io ho tentato di fare una ricerca su Internet ma sinceramente non ho trovato nulla.
Inoltre c’è il vincolo della durata del contratto che non consente di fare progetti per essere finanziati in quanto bisogna avere la disponibilità del bene.
E’ poi intervenuto il Dott. Michele Loffredo Dirigente del Demanio Regionale. Ha subito precisato che la Regione non gestisce il suo demanio ma che la stessa delega ad altri soggetti e soprattutto non usa i suoi beni per fare cassa ma per favorire la fruizione di un turismo colto. Ci racconta di suo nonno che era stato deportato in Germania in un campo di concentramento e che gli diceva che i tedeschi se sono soli camminano ma se sono in due marciano.
Bisogna che la costa che è una risorsa fragile sia utilizzata da un turismo sostenibile. I turisti di massa sono come le cavallette!
Cita il giovane imprenditore Mauro della Valle che ha un nuovo modo che impedisce l’uso rapace delle coste e l’avvento di Moli che non tengono conto delle unità fisiografiche.
Inoltre nota la presenza di un convitato di pietra rappresentato da quelli che mancano e che si interessano di ambiente.
Ricorda i Regi Tratturi, quelli della transumanza che partono tutti da Foggia, da un luogo fisico che si chiama Epitaffio. Un tratturo è una strada percorsa dalle greggi larga 111 metri e nel Salento c’è n’è uno che arriva a Porto Cesareo.
E’ poi intervenuto il nuovo Presidente Regionale del WWF avvocato Antonio De Feo per rappresentare tutta la disponibilità del neo eletto consiglio del WWF Regionale.
Dopo questi interventi è intervenuto di nuovo il Sindaco di Vernole Dott. Mario Mangione che ha affermato il principio secondo cui il territorio appartiene a chi ci vive. Dice che fece spostare la statale per le Cesine. Lamenta che dei 9,5 chilometri di Spiaggia del Comune di Vernole solo 1,5 chilometri possono essere utilizzati dai cittadini.
Denuncia frangiflutti realizzati sul bagnasciuga, guasti alle dune e chiede se sia giusto che i Cittadini di Vernole debbano pagare la pulizia di 8 chilometri di spiaggia su cui poi non potranno farsi mai il bagno.
Ricorda che quando ha ottenuto i soldi per chiudere la statale 611, gli altri progetti presentati per Vernole non sono stati ammessi a finanziamento. Come Sindaco desidera uno sviluppo economico – turistico – naturalistico e propone di mettersi intorno a un tavolo per trovare una soluzione.
Dichiara che il WWF viene percepito come un estraneo dai Cittadini di Vernole, ricorda che non sono più i tempi del 1971 quando si uccisero 1500 folache e ricorda i racconti di caccia nelle Cesine che gli faceva suo nonno. Riconosce che il nuovo Direttore ha fatto delle aperture anche se dopo 2 mesi e mezzo di proposte non si arriva mai a una conclusione.
Interviene di nuovo l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce Dott. Gianni Scognamillo per riferire della scelta di cancellare il progetto della scellerata “circumsalentina” riportando le risorse alla messa in sicurezza della Provinciale 1 Lecce Melendugno con la realizzazione delle rotatorie.
Propone aree di sosta arretrate rispetto alla costa, con trasporti leggeri e non inquinanti come quelli elettrici, propone la priorità ai piani anti incendio nei parchi e riferisce che la Provincia di Lecce ha in animo di realizzare il portale dei Parchi in modo che il turismo si possa spalmare sul territorio.
Poi ricorda che il discorso sulle Masserie del Salento è strategico perché porterebbe a realizzare un albergo diffuso senza il bisogno di nuove costruzioni.
Ricorda ancora l’utilizzo della Posidonia oceanica (L.) per il ripascimento dei cordoni Dunali. Incita a fare Piani e progetti da sottoporre alla Provincia di Lecce poiché vi sono le risorse per costruire un progetto equilibrato per la tutela, salvaguardia e fruizione delle risorse Naturali.
Un ultima chicca è quella che la Legge sulla tutela e l’uso della costa prevede un Piano regionale delle Coste che vincola la formazione dei singoli piani comunali delle coste. Oltre ad aver scoperto che la costa pugliese non è come dicono tutti i testi di 840 chilometri ma di 970 chilometri abbiamo appreso che il Piano Comunale delle Coste prevede lo studio delle aree contermini sino al 3 –5 chilometri verso l’entroterra.
E’ seguito un vivace dibattito dove le divisioni si sono rese ancora più evidenti. C’è ancora molta confusione ma speriamo che prossimamente ci si trovi intorno a un tavolo magari per mangiare prima qualcosa e poi, satolli, scambiare quattro chiacchiere amichevolmente per trovare finalmente l’armonia e una soluzione CONDIVISA per “Le Cesine”.

sabato 11 aprile 2009

“E bbene bella Pasca!” ovvero: ma è proprio vero che quest’anno Pasqua è bella?


“E bbene bella Pasca!” ovvero: ma è proprio vero che quest’anno Pasqua è bella?
di Antonio Bruno

Non avevo proprio considerato che dopo l’incontro con la mia Comunità avrei poi potuto fare la Pasqua. Non avevo considerato che mia moglie mi avrebbe detto che questa notte Santa l’avrebbe dedicata alla Veglia, all’attesa dell’evento intorno a cui ruota tutto quello che per me è importante ovvero la Resurrezione di Gesù.
Siamo partiti alle 22 e 15 da casa e abbiamo raggiunto “lu largu te lu Palazzu” (giuro! io preferisco questo modo che aveva mio nonno di chiamare la Piazza di San Cesario di Lecce a questo Garibaldi, assurdo e estraneo alla nostra tradizione, a cui non so chi, e non so quando, qualcuno ha voluto intitolare la Piazza. Mi sarebbe andato bene il paesanissimo Vincenzo Cepolla, ma Garibaldi non c’entra nulla con San Cesario di Lecce non ci ha messo mai piede, non ne ha mai sentito parlare e soprattutto non è di San Cesario di Lecce).
Ho lasciato mia moglie e mia figlia nei pressi della Chiesa Madre restaurata da poco grazie alla tenacia e determinazione dell’Arciprete Mons. Luigi (detto Gino) Scardino e stavo per allontanarmi dalla Piazza quando ho scorto, proprio nel largo che porta verso Via Duomo, un’automobile il cui conducente stava per mettere in moto con l’intenzione di lasciare libero uno splendido parcheggio accanto alla entrata secondaria della Chiesa.
E’ il Segno certo che oggi, il mio posto, è qui! E dopo aver parcheggiato addirittura con il muso rivolto nella direzione della partenza ho raggiunto il Bar Scardino, qui la graziosa e gentile Marilù mi ha offerto di forza un caffè. Io volevo pagare ma lei non ha voluto sentire ragioni! Me l’ha offerto e basta!
Gli auguri di buona Pasqua a lei e alla famiglia le notizie dei mie amici che avevano optato per l’Ospedale Galateo e poi alla volta della Chiesa Madre.
Entrato ho fatto fatica a trovare le donne della mia famiglia, erano avanti, nei pressi dell’altare dei Duchi Marulli dove prendono posto i miei colleghi del coro, che ho frequentato per un anno sotto l’ala protettrice del Maestro Fabio De Pascalis, ma che non ho potuto più frequentare perché io non potevo assolutamente permettermi le prove e l’impegno che richiede il far parte di un coro.
Insomma dopo un po’ ha avuto inizio la Veglia Pasquale.
I canti tutti belli, il coro molto preparato (forse ci vorrebbero più elementi) il risultato è stato di un modo per partecipare ancora di più a questa Veglia cantando insieme a loro, con loro, tutti i momenti che ci separavano dalla Resurrezione e poi anche quelli successivi.
Ho spiegato a mia figlia la Liturgia del fuoco ma per la verità è stato bravissimo Mons. Luigi (detto Gino) Scardino a spiegare tutto passo dopo passo, così come ha spiegato poi la liturgia della Parola, e a seguire la Liturgia Battesimale con un bel Bambino che non ha pianto quando ha avuto l’acqua in testa e infine la Liturgia Eucaristica.
Il problema è che ci vuole abitudine a gustare la celebrazione, è come un incontro con l’amante, non vedi l’ora che arrivi e dopo che ci sei stato per ore il tempo ti sembra che sia volato e, quando te ne vai, non vedi l’ora di rivederla ancora e poi ancora. Questo mi accade. Come dici? Che tu invece non vedi l’ora che finisca per andartene? Allora la tua amante non ti piace? E perché la vai a trovare? Sarebbe meglio per te dedicarti a qualche altra attività di tuo diletto. Perché di diletto vi sto narrando, di puro diletto, di gioia infinita, di gusto sublime. Ma anche per noi risulta incomprensibile la gara che fanno i giapponesi per magiare le cavallette fritte. Oppure la gustosa leccornia rappresentata per i francesi da un bel piatto di RANE fritte ( a Lequile in provincia di Lecce pare ci fossero i mangiatori di rane da cui e ciò portava noi di San Cesario di Lecce ad apostrofarli con un bel “mangia racali”)! Il fatto è che noi, le cavallette e le rane, non le mangiamo, non le gustiamo e se ce le propongono facciamo la faccia disgustata tanto da far rimanere male quei poveretti che ce le offrono.
La Veglia è finita alle 01.00 di oggi Domenica 12 aprile 2009 giorno di Pasqua del Signore.
Alla fine gli auguri. C’era Raffaele Capone che è il Leader dell’opposizione del mio paesello e c’era Salvatore Capone che è il Leader della maggioranza che guida il mio paesello. Io li ho salutati e ho dato gli auguri ad entrambi: sono tutti e due brave persone e entrambi hanno dei collaboratori onesti e competenti.
Infine siamo usciti dalla Chiesa e abbiamo raggiunto la nostra abitazione. Ho preso atto che mia figlia Sara ha chiesto di sapere ciò che stava accadendo, io gli ho detto quello che i sacerdoti e i catechisti mi hanno insegnato e mia moglie è rimasta soddisfatta della bella celebrazione dell’Arciprete!
Una annotazione circa quello che accadeva nel 1968 – 1969 in quella stessa chiesa. Io e i miei nonni andavamo a messa e mio nonno andava a destra (dove c’erano i maschi) mentre io che ero ancora bambino andavo con mia nonna a sinistra (dove c’erano le donne). Tutti ci portavamo la sedia (altrimenti rimanevi in piedi) e anche le altre persone arrivavano in chiesa provviste ognuna della propria sedia. Di questo si ricorda anche Delia che veniva da piccola con le sue zie e poi più grandicella con le amichette (quando veniva con le amichette rimaneva in piedi perché non si portava la sedia, si vergognava e poi, non se la portava nessuna, però ricorda che alla fine della Veglia si sentiva stanca anche se non riusciva a darsi una spiegazione di questa stanchezza).
A Pasqua si faceva la letterina che andava sotto il piatto di papà che lo stesso faceva finta di trovare sotto il piatto, poi ce la consegnava e noi piccoli (ebbene anche noi siamo stati bambini anche se non si direbbe) provvedevamo a leggerla in piedi su una sedia a tavola la Domenica a pranzo, quasi sempre nella prima pagina o c’era un ramo di pesco in fiore oppure un bell’uovo da cui veniva fuori la testa di un pulcino e le maestre o i maestri ci dettavano lettere e ci facevano fare promesse che sapevano benissimo non avremmo potuto mai mantenere come ad esempio quella di essere buoni.
Noi leggevamo la letterina e i nonni con i genitori ci davano 100 lire che erano una fortuna per noi che impiegavamo per acquistare fumetti!
Per Pasqua arrivavano anche gli abiti primaverili e allora, così come accade ora, fiorivano le piante selvatiche e gli alberi e la natura gridava la sua forza piena di vita.
Mia figlia ha vissuto con noi la Veglia Pasquale, e termino con le parole del Card. Ratzinger: "Cristo è risorto! L’irrevocabile è revocabile. La forza della trasformazione è presente. Orientiamo a essa la nostra vita!"
Ancora una volta auguri di una Pasqua di Pace e serenità!

http://forum.panorama.it/viewtopic.php?id=20686


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videomelioraproboque (Oggi 12:06) mi ha scritto:
è dal tempo delle guerre PUNES che cerchiamo di attaccarvi a voi teocons sull'album dei ricordi ma rispuntate sempre come i fongi nel sottobosco dopo la pioggia...negli anni 70 io mi facevo di BOSTIK, me lo annusavo e mi sembrava di stare in un mondo migliore, senza fasci e senza preti, ma il sogno è durato poco, e 'u film finìu prima ancora del BOSTIK... stragi eversive bombarole di destra, governi democristiani e socialisti, per finire con la grande disgrazia nel 1989... il crollo del muro e la scomparsa dell'Unione Sovietica!!!adesso non mi resta che piangere sulla foto autografata di stalin, che mio nonno ha conosciuto di persona... uomini così non nascono 2 volte, per questo l'italia è un paese schifoso e senza speranze di riscatto proletario komunista...
buona pasqua!!!
romperò l'uovo con la falce e il martello, speriamo che dentro ci sia la sorpresa... bertinotti al governo!!!
Ultima modifica di videomelioraproboque (Oggi 12:06)

venerdì 10 aprile 2009

Narrazioni che zappano la terra dell’anima


Narrazioni che zappano la terra dell’anima
di Antonio Bruno


Inizio dalla fine perché l’incontro di ieri sera mi ha fatto ricordare la mia adolescenza fatta di Guelfi e Ghibellini di clericali e anticlericali. Siamo tornati in Piazza Garibaldi (che io amo chiamare “lu largu te lu Palazzu” che auspico presto divenga il nome di quel luogo) e abbiamo aspettato l’arrivo della Processione del Venerdì Santo che sarebbe poi terminata alla Chiesa dell’Immacolata che custodisce la statua della Madonna Addolorata.
Il mio amico mi ha ricordato le processioni degli anni 70, quando gli anticlericali buttavano per strada le PUNES (in Italiano è usato il termine PUNES per indicare le puntine utili nelle bacheche per l'affissione. Deriva dal francesismo punaise che appunto vuol dire 'puntina' Inoltre vi era una marca di puntine con il nome 'punes') gli uomini clericali a piedi scalzi dovevano soffrire! Poi mi ha ricordato anche l’utilizzo del BOSTIK qual mastice che veniva buttato a terra sperando che gli uomini scalzi ci inciampassero imbrattandosi di mastice i piedi!
Gli anticlericali di oggi non si espongono sino a questo punto, in genere scrivono contro i preti in giornaletti di paese dove sfogano tutta la rabbia di un’invidia derivata da rivalità mimetica violenta. La scrittura è meno pericolosa di una PUNES ma produce gli stressi effetti devastanti e dolorosi anche se noi siamo fondati sulla certezza che “Il male non prevarrà!”.
Le persone sono davvero coinvolte dalla processione del Venerdì Santo, le varie Congreghe sono tutte schierate, e le persone aspettano ai bordi delle strade oppure seguono la processione che scorre per le vie del Paese, mettono ceri e lampade sull’uscio delle loro case mentre accanto alla porta adornano la strada con le loro piante in vaso. Mi è rimasta l’immagine di una processione a Lecce nei pressi di Via San Domenico Savio con un prete che porta la croce e il sagrestano affianco e nessuno che li seguiva. Erano soli! Il prete, la croce e il sagrestano. E’ diverso! Nelle città è diverso. Le parrocchie di periferia non riescono più a formare processioni.
In fondo la processione è una manifestazione di popolo. Solo che al posto degli striscioni c’è una statua che viene portata a spalle da uomini o donne per le vie della città. Niente striscioni. Solo un prete l’ha fatto! Don Salvatore Leopizzi ha messo un grande striscione sull’entrata della Chiesa dove ci ha scritto “SIAMO APERTI ANCHE LA DOMENICA” imitando i grandi ipermercati.
Penso che il clericalismo sia una resistenza forte e un ostacolo ancora più forte che impedisce a volte la comunicazione. Come con il Prof. Boero che, non c’era nulla da fare, non intendeva sentire ragioni da chi, secondo il suo pregiudizio, la ragione l’ha confinata in soffitta!
Eppure la ragione nessuno l’ha confinata, è solo la difesa dei privilegi che inquina qualunque relazione. Le prepotenze e le prevaricazioni del potere, da qualunque parte provengano, non ammettono ragioni e infatti il vecchio adagio recita “CONTRO LA FORZA LA RAGIONE NON VALE!”.
Con il prof. Boero che tentava di ripristinare una discussione sulla Teoria di Darwin circa l’evoluzione delle Specie c’era poco da discutere di Vangelo! Come fai a distogliere l’attenzione del prof. Boero dalla discussione con chi la pensa diversamente da lui e che lo fa anche indossando una tonaca? Che c’entra la tonaca con l’opinione della persona che l’indossa? Che c’entra la tonaca con il Vangelo e con il tentativo di metterlo in pratica nella propria vita?
Tu vuoi parlare d’amore, vuoi comunicare l’amore e ti trovi di fronte a persone che ti raccontano i loro litigi con uomini o donne con la tonaca o con quelli che pur non avendola sono, come sempre accade, “più realisti del Re!”. Ma che c’entra l’amore con questo?
Forse che tutti quelli che dicono di amare il ciclismo poi riescono ad andare in bicicletta? Oppure i milioni di spettatori del calcio sono tutti in grado di giocare una partita di pallone?
Davvero non capisco.
Portiamo le bambine con noi alla processione. C’è la banda con la struggente musica funebre, c’è il Sindaco con la fascia e l’assessore, c’è tutta la schiera di Parroci e loro collaboratori. Quest’anno non ho visto don Giuseppe Tondo, non c’era alla processione, sin da bambino sono stato abituato a vederlo lui e il suo compagno di studi don Oronzo Margiotta a cui va il mio pensiero e la mia preghiera.
Siamo arrivati sino al calvario, tutti i paesi hanno proposto un luogo all’esterno del centro urbano dove c’è la croce tutto l’anno, un calvario dove andiamo a inchiodare Gesù ogni giorno, tutti noi, sempre, senza sosta, fino alla fine dei tempi.
Ci siamo fermati ad ascoltare le parole di Mons. Gino Scardino, il nostro Arciprete. Parole che tentano percorsi, che desiderano germinare ma che, come il seme della parabola, cadono sulla strada, oppure sul terreno poco profondo oppure su un terreno fertile.
Parole che desiderano geminare, che vogliono partecipare nel corpo e motivare la Tua vita.
Come quelle delle nostre figlie che ci chiedevano cosa significassero martello, tenaglia, gallo, corda, scale ecc. sulla croce che era portata in testa alla processione.
E noi gli abbiamo narrato quegli oggetti, e loro hanno ascoltato la nostra narrazione. Nessun prete con la tonaca può sostituirsi a me, che sono il padre di mia figlia, nella narrazione della fede e quindi, le parole di Mons. Gino Scardino se non sono precedute dalla narrazione del genitore che prepara il terreno, cadono sulla strada fatta di PIETRE DURE e il seme non germina e la parola non vive.
Quindi fallo! Narra a tuo figlio, a tua figlia la tua FEDE! Fallo!
Perché la confusione che il Principe delle Tenebre genera nel Mondo rende vani gli sforzi di tanti preti, religiosi e religiose e tanti seguaci di Gesù che parlano e dicono parole vive che trovano persone lastricate da pietre dure, orecchie con sopra una masso di duro granito.
Lavoriamo la terra buona della nostra famiglia per renderla viva e piena d’amore. Buona Pasqua a tutti, che sia una Pasqua di Pace e d’amore!

Perché sono d’accordo con Katia Rizzelli


Perché sono d’accordo con Katia Rizzelli

di Antonio Bruno


Da sempre le persone che hanno la propensione a rappresentare le altre persone pubblicizzano questa loro propensione. In pratica nonostante le sortite di Barac Obama che hanno cominciato a mettere in evidenza una nuova tendenza che non prevede più di farsi rappresentare ma la “DEMOCRAZIA DIRETTA” per poter dire la propria opinione contribuendo alla formazione di una decisione c’è ancora ISTUZIONALIZZATO il sistema che attraverso il voto forma una rappresentanza.Ma è proprio necessario spendere tutti quei soldi per formare questa rappresentanza?Katia Rizzelli non ci sta e fonda su Facebook un gruppo che si chiama “aiutiamo l'Abruzzo con i soldi delle campagne elettorali” se vuoi iscriverti katiarizzelli@libero.it Per il gruppo clicca su http://apps.facebook.com/causes/267818/31003896?m=2bb70939 Io condivido la proposta di Katia Rizzelli e invito tutti i candidati alle elezioni Comunali, Provinciali ed Europee del Giugno 2009 a destinare tutti i danari che intendono spendere per pubblicizzare la loro persona e le idee che intendono rappresentare per le ragioni che espongo di seguito.La politica corre dietro alle conseguenze delle decisioni che ha preso, in conseguenza prende delle decisioni che la costringeranno in seguito a prendere altre decisioni per correrle successivamente dietro e così via all’infinito. Una struttura circolare delle decisioni da cui derivano conseguenze che determinano ulteriori decisioni.Proporre un tema per poi dire che non è il tema è riformulare sempre lo stesso tema. E ricordiamo poi che POPOLO è una costruzione semantica vuota “Ciò che ha realtà è il sistema giuridico!” (Prof. Raffaele De Giorgi N.d.R.).Che accade per la formazione delle dirigenze politiche? Il popolo è preso, utilizzato, mandato a votare e poi lasciato in disparte. Ma non vota il popolo! Vota il singolo! E anche qui c’è da dire che il singolo c’è modo di manipolarlo e determinare i risultati delle elezioni che sempre sono prevedibili.Prendiamo in prestito da Bertolt Brecht la soluzione finale che recita: L’associazione scrittori si è riunita e ha fatto un manifesto in cui comunica: Il popolo ha perduto la fiducia dei governanti! Si avverte il popolo che se desidera avere ancora la fiducia da parte dei governanti allora deve essere laborioso, non commettere reati e indirizzare tutti gli sforzi per far crescere la Nazione. Ma qualcuno si è chiesto: NON CI PUO’ ESSERE UN’ALTRA SOLUZIONE? Si! I Governanti si possono scegliere un altro popolo.La pubblicità elettorale tanto costosa agisce con gli stereotipi che accecano e impediscono di vedere l’altro e la realtà.E poi l’altra FOLLIA della CASUALITA? Per cui tutti siamo li a fare progetti e a iniziare realizzazioni da cui ci aspettiamo che venga fuori ciò che la nostra azione progettuale e realizzazione esecutiva prevede. FOLLIA! Non è reale! Noi facciamo progetti e poi….. “ACCADE QUEL CHE ACCADE!” (Prof. Raffaele De Giorgi N.d.R.) ovvero tautologia.Con l’Europa (noi presto voteremo per queste elezioni per cui si spenderanno soldi che Katia Rizzelli chiede siano impiegati per l’Abruzzo” c’è lo stesso identico percorso causale, non in linea con l’idea di storia universale che non vede differenze tra realtà geografica e circolazione delle persone umane e delle merci ovvero la storia delle persone umane! La sola e unica società è composta da tutte le persone umane! Tutte a qualunque latitudine o longitudine si trovino!Citiamo NICE! L’idea del mondo è un’imprecazione cristiana è il confine del nostro non sapere.Il mondo e il diritto dell’ospitalità universale! L’unica società possibile è il mondo! Ma la cosa a cui bisogna prestare attenzione è quella che ci vede tutti interessati a quello che accade in Cina o in USA, oppure in Tibet! Tutto influenza tutti, quello che accade a migliaia di chilometri di distanza influenza la mia vita e la tua vita e tutti dipendiamo da tutti!C’è in prodursi di universalità continua e di comunicazione e tutto AVVIENE NEL PRESENTE, QUI ORA, MENTRE MI STAI LEGGENDO! Questa presenza Universale ingloba le differenze e nello stesso tempo crea le differenze.I sistemi sopravvivono grazie alla memoria, si badi la memoria non è ricordo memoria è invece “un dimenticare selettivo” !Nega l’esistenza della trasformazione! E’ una forma di consolazione quelle idee di trasformazione che circolano. I sistemi possono trasformare se stessi attraverso la memoria di se intesa come “un dimenticare selettivo” (Prof. Raffaele De Giorgi N.d.R.). Ma c’è una zavorra della memoria che non si riesce a selezionare per dimenticare, una zavorra che fa DA IMPEDIMENTO! Ma anche l’impedimento ha una funzione!Basta guardarsi intorno nella nostra Europa per osservare che FUNZIONI che dovrebbero essere europeizzate sono invece statalizzate per ridurre l’EUROPA a una funzione di assistenza!Eppure dovrebbe funzionare anche in questo la memoria che dovrebbe avere la funzione di RIDURRE LA RESITENZA DEGLI IMPEDIMENTI.Come l’identità! Ma cos’è questo concetto che poi è pericoloso? Non c’è nessun sistema uguale a se stesso e quindi in grado di esprimere identità che appunto significa uguale a se stesso! Come banalmente nessuna persona umana è identica a un altra persona umana. Quindi la PERICOLOSITA’ DELL’IDENTITA’ STA NEL RIPRODURRE LA DIFFERENZA RISPETTO ALL’ALTRO.

sabato 4 aprile 2009

Quel dannato “Perché?” che ti fa cominciare viaggi per terre inesplorate.




Quel dannato “Perché?” che ti fa cominciare viaggi per terre inesplorate.
di Antonio Bruno

Il Sabato mattina posso accompagnare mia figlia alle Marcelline. Entro dal cancello, ormai divenuto stretto per via di automobili sempre più grandi, parcheggio e poi ci tuffiamo nuotando nel lungo corridoio sin fino alla panchina nei pressi della cappella che è il luogo della permanenza prima delle preghiere e delle lezioni a seguire.
Non avrei immaginato di dover ascoltare in mattinata l'intervento della Gentilissima Signora Donatella Cinefra che ha proposto i suoi personali ricordi in un intervento avente per titolo “Il ruolo dell'Istituto (Istituto Marcelline – Lecce N.d.R.) e la figura di Suor Giustina Rezzaghi”.
La Gentilissima Signora Donatella Cinefra racconta il modo garbato con cui Suor Giustina Rezzaghi spostava le zanzariere per dare una carezza delicata, oppure la sua intolleranza alla bugia che la rendeva rigorosa nel somministrare durissimi rimproveri, e ancora la indicazione delle bellezze della natura anche durante la traversata a bordo del traghetto che le avrebbe portate in Grecia.
La Gentilissima Signora Donatella Cinefra ha come anelito quello di imitare in tutto e per tutto Suor Giustina Rezzaghi. Suor Giustina Rezzaghi è scomparsa nel giugno del 1966, ma sono certo che vive nel cuore di questa Gentildonna che per forza di cose la ricalca. Guardando la compostezza e la raffinatezza che risultano completamente immerse nel rigore della Signora Donatella Cinefra ho potuto avere accesso, io che non l’ho mai vista, alla sua Magister, a Suor Giustina Rezzaghi che ha segnato per sempre la vita di questa donna che ha voluto tratteggiarne il ritratto.
Tutto questo è avvenuto dopo rispetto a quello che ha rappresentato l’intervento che ha dato davvero una mole enorme di informazioni sulle donne leccesi.
La Prof.ssa Patrizia Guida autrice di uno dei volumi che viene recensito come uno dei più interessanti delle ultime settimane, pubblicato dall'editore Mario Congedo, dal titolo Scrittrici di Puglia. Percorsi storiografici femminili dal XVI al XX secolo (pp. 491, euro 28). Si tratta di una vera e propria catalogazione della letteratura femminile pugliese degli ultimi secoli.
Ce lo dice con franchezza che la sua fatica è stata motivata da una curiosità che è quella di capire per quali ragioni di queste scrittrici non c’è traccia.
Ecco che spiega e lo fa con una narrazione che è quella della ricostruzione del percorso storiografico che rappresenta una mediazione, una selezione del curatore – storico. Tale selezione è informata da un giudizio! La domanda è la seguente: quali autori consegnare alla posterità? Ed ecco che nella risposta c’è un esclusione, quella del 50% della popolazione nazionale, quella del genere femminile. E la prof.ssa Patrizia Guida fa rimbalzare la domanda che l’ha motivata, che l’ha guidata verso la risposta perché questo 50% di donne non ci sono?
C’è un concetto che vibra nella voce della prof.ssa Patrizia Guida che è quello di un repertorio non corretto filologicamente che produce un errore sistematico, che si riverbera su tutto quello che viene dopo. Perché dopo non si va più alle opere, agli autori, ma ai mediatori. Ed ecco che anno dopo anno e repertorio dopo repertorio si consolida una esclusione che è cancellazione della memoria! Un reset assurdo e colpevole, una sorta di negazione di accesso a una ricchezza espressiva e a una originalità interpretativa della realtà che comporta sottrazione di narrazione e quindi sottrazione di identità e di cultura! Un delitto davvero grande!
La prof.ssa Patrizia Guida si è limitata a descrivere tutto questo con la registrazione dello studioso, lei ha solo preso atto e registrato che vi sono state imprecisioni e omissioni.
Un dato lo fornisce comunicando che nel repertorio nazionale il meridione quasi scompare e le donne divengono invisibili, trattate al più come Autori Minori.
Un tentativo di interpretare la realtà è rappresentato da un dato antropologico dei secoli XVI e XVII poiché in quel tempo le donne scrivono per diletto, le donne figlie di famiglie nobili e borghesi scrivono per diletto perché le altre non scrivono, come peraltro non scrivono neppure gli uomini delle famiglie povere.
Inoltre c’è un ostacolo alla pubblicazione delle opere perché vedere il nome della propria figlia sui una pubblicazione rappresentava un disonore per tutta la famiglia.
Poi passa all’800 e ‘900 a dirci che ci fu a Mesagne Lina Asparra che scrisse un Inchiesta sul Femminismo nel 1911 e che si riteneva fosse figlia del Duca di Asparra di Mesagne amica di Grazia Deledda e di Benedetto Croce ma la scoperta è stata che Lina Asparra altro non era che Giuseppe Capodieci sotto mentite spoglie. Un uomo che usava un nome di donna!
L’azione di quest’uomo che scrisse dicendosi donna rappresentò un contributo all’emancipazione femminile.
E ancora imprecisioni quando si dice che a Maria Vittoria Delfina Dosi viene negata la Laurea in Giurisprudenza pur avendo superato tutti glie esami perché non ci poteva essere una donna avvocato con la motivazione che le donne non potevano accedere ai pubblici uffici.
Invece vi sono notizie di Giustina Rocca che nel 1500 al Tribunale di Trani esercitava da Avvocato e sempre al Tribunale di Trani nel 1700 c’era Maria Festa anch’ella avvocato!
Ma vi sono notizie e non le opere di scrittrici leccesi come Vittoria Colonna, Almerinda Morelli nella Lecce del 1500 e ancora Cornelia Colletta e sempre a Lecce Leonarda Vernaleone di cui abbiamo copia di un manoscritto di poesie religiose.
Ed ecco ritornare la motivazione del lavoro di ricerca della prof.ssa Patrizia Guida quel dannato “Perché?” che ti fa cominciare viaggi per terre inesplorate e che sempre per la scelta che si impone ad ogni bivio ti porta in porti che non sempre rappresentano l’approdo agognato.
Perché, ripete la prof.ssa Patrizia Guida e individua la responsabilità di chi scrive come la natura storico geografica della Puglia che è eccentrica – decentrata rispetto a Napoli, Roma, Firenze e Venezia dove la scrittura accade, o sembra accadere, un po’ come oggi che se non hai passaggi televisivi ciò che è pur avvenuto risulta mai accaduto ed ecco che alcune volete si assiste non senza meraviglia che in alcuni eventi c’è un numero di Cameraman e intervistatori di gran lunga superiore agli spettatori. Ma chi non passa dalla TV non esiste, e ciò che pur è accaduto risulta mai esserci stato.
Ora come allora solo che ciò che è oggi per noi la TV allora erano le sedi di Napoli, Roma, Firenze e Venezia.
Ma vi è di più, come dicono gli avvocati quando vogliono dimostrare qualcosa non riuscendoci sempre, fino agli anni 50 in Puglia non c’era l’Università e chi doveva andare a Napoli erano i maschi, alle femmine spettava uscire di casa per prendere marito o per chiudersi in convento. Le femmine di famiglie nobili e ricche, naturalmente perché a quelle povere poteva accadere di uscire di casa per praticare la professione più antica del mondo che non ha mai conosciuto crisi.
Poi furono istituite le accademie e a Lecce quasi come profezia divenuta maledizione ecco l’avvento dell’Accademia degli Spioni!
In questa Accademia vi erano 4 donne di cui si riscontra la presenza ma che non risultarono mai iscritte nei registri dell’Accademia. Erano Francesca Viva Bonon, Caterina Belli, Isabella Castriota e Marianna Bozzi Colonna.
La traccia dell’esistenza di queste donne la nostra bella e brava prof.ssa Patrizia Guida l’ha trovata nelle raccolte delle poesie degli Spioni. Queste donne avevano accesso all’Accademia perché parenti di soci.
La dolce prof.ssa Patrizia Guida stigmatizza la figura di Isabella Castriota la cui storia è interessantissima al punto da meritare trattazione specifica e a parte!
Solo per far venire l’appetito ricordo a me stesso che costretta a farsi monaca in giovane età, a sedici anni fu data in moglie a sua insaputa, a Filippo Guarini sessantenne feudatario di Tuglie. La donna ottenne la separazione e frequentò la Lecce colta degli anni Venti del Settecento. Non poche furono all'epoca i pettegolezzi. Alla morte dell'anziano marito sposò Pietro Belli letterato. Gossip, gossip, gossip anche per questi tempi immaginiamoci in quelli che furono!
La prof.ssa Patrizia Guida ci da altri elementi che si riferiscono all’Accademia dell’Arcadia e le donne erano ammesse a patto che dessero garanzie di moralità che peraltro non erano richieste agli uomini. Su 2.400 iscritti all’accademia 14 donne e di queste solo 4 pugliesi!
Di Lecce Celina Capace Minutolo e Francesca Gallone di cui di possono leggere alcuni sonetti. Nulla invece di Maria Antonietta Scalera Stellini che a dispetto di questo nome così altisonante risulta essere figlia di un maniscalco rispetto alle famiglie nobili da cui prevenivano la Capace Minatolo e la Gallone ragione per la quale la prof.ssa Patrizia Guida sospetta l’esclusione e la cancellazione.
La questione è che contro pochi sonetti delle prime due la figlia del maniscalco pubblica nel 1600 2 Volumi, 3opere teatrali e vari saggi!
La prof.ssa Patrizia Guida conclude il suo percorso affermando che la presenza femminile è legata alla appartenenza alla Nobiltà e alla Borghesia.
Infine la prof.ssa Patrizia Guida ci fa una narrazione della seconda metà dell’800 quando il neo costituito Regno d’Italia si diede l’obiettivo di ALFABETIZZARE!
Ed eccole arrivare le donne che scrivono da donne per le donne e sulle donne!
Ma come? Scompaiono anche queste maestrie dalla penna rossa? Si! Anche loro cancellate. Pare che la qualità della scrittura femminile dell’epoca non fosse adeguata.
Poche eccezioni come quella di Iva De Vincentis che scrive di prostituzione del contesto sociale nel quale vivono le donne che subiscono un’educazione che mette al centro la sapienza dell’utilizzo del corpo finalizzato a sedurre, le donne educate a sedurre!
Poi continua sostenendo che la prostituzione segue sempre a casi di stupro e sancisce che si tratta di un reato contro la persona!
Infine Virginia Fornari che scrive una commedia brillante. La trama è quella di una donna che ha un marito magistrato e vuole esercitare la libera professione. L’epilogo è che il marito viene promosso e spedito da Milano in uno sperduto paese della Sicilia.
Ed infine la prof.ssa Patrizia Guida conclude che paradossalmente le donne sono escluse anche dalla critica femminista.
La relazione ricca e interessante è stata fatta in pochissimi minuti e mi ha lasciato con un languore che “ancor non m’abbandona”.
Sono seguiti gli interventi di Maria Gabriella de Judicibus con una affabulazione sulla Garibaldina Antonietta De Pace e una proiezione di diapositive ad opera della Dott.ssa Daniela Bacca.
Davvero una entusiasmante relazione quella della prof.ssa Patrizia Guida! Bella ed interessante!
A margine dell’incontro vi è stata la presenza di una spumeggiante Senatrice Adriana Poli Bortone che ha fatto una bella sottolineatura sulla bellezza di ogni tempo, quello della giovinezza come quello della maturità.

CREATIVITA’ CONTRO TUTTE LE MALATTIE!


CREATIVITA’ CONTRO TUTTE LE MALATTIE!
di Antonio Bruno

Un caldo soffocante nella sala conferenze dell’ex Conservatorio Sant’Anna a Lecce, forse ero accaldato per aver percorso in tutta fretta Via Trinchese da Piazza Mazzini sino a Piazza Sant’Oronzo e da qui per aver percorso quasi per intero il Corso vecchio sino al Conservatorio. Mi sono seduto in fondo alla sala e siccome ho visto al tavolo il collega Vincenzo Mello e poi non l’ho sentito parlare presumo che abbia detto qualcosa che purtroppo mi sono perso, e ne sono dispiaciuto, e per questo stesso motivo non posso scriverne in questa sede.
La sede è quella della Tavola rotonda sul tema “Oltre il relativismo: alla ricerca di mondi possibili, verso la città della gioia”. A cura di Laura Madonna Indelicati che ho rivisto volentieri e che soprattutto ho riascoltato volentieri. Delicata, raffinata e sempre pronta a porgere spunti di riflessione a proporre frammenti per la meditazione.
Io comincio dalla fine della Tavola rotonda e quindi dalle proposte di Laura Madonna Indelicati. Il tema della SPERANZA.
Per riappropriarci del “sé” ci salviamo nella speranza oppure secondo il modello della Grecia Classica perseguendo la felicità attraverso la coscienza e l’arte di vivere?
La tavola rotonda è stata conclusa da questa bella domanda .
Io ho ascoltato solo il Dott. Vincenzo Ampolo che ha esordito con “il giardino” inteso come simbolo dell’armonia, la stessa che è in un albero per cui ci sono delle energie sotterranee che ne influenzano la crescita. L’importante è che l’albero non cresca in maniera disarmonica. L’albero se lasciato crescere senza che l’uomo intervenga trova da solo la sua armonia, lo dice il collega Prof. Dott. Agr. Vincenzo Mello intervenendo.
Il dott. Vincenzo Ampolo riferisce di essere stato etichettato come relativista culturale per aver affermato che siamo un terreno dove il bene e il male lottano tra di loro.
Riferisce di uno Studio Simulato sulla Psicologia della Vita in Prigione Condotto presso la Stanford University di cui potete leggere tutto ciccando su http://www.prisonexp.org/italian/indexi.htm , lo fa perché questo esperimento dimostra che i ruoli che si attribuiscono alle persone determinano e motivano i comportamenti. Ragazzi amabilissimi divennero feroci aguzzini!
Il dott. Vincenzo Ampolo afferma in sintesi che i fattori situazionali influenzano il comportamento delle persone.
E si chiede se questo possa considerarsi relativismo. Parla delle parole, dell’attenzione che bisogna mettere nell’uso delle parole e dei valori che ammette che non sempre siano condivisi.
Laura Madonna Indelicati aveva lanciato la forte suggestione dell’apparenza. Il dott. Vincenzo Ampolo ritiene che sia ovvio che i giovani vivano di apparenza e ne attribuisce la responsabilità agli adulti. In pratica per il dott. Ampolo sono gli Adulti che hanno portato i Valori che hanno i giovani e tra questi quello di apparire. Per avvalorare la sua tesi cita il Grande Fratello che costituisce una realtà in questo periodo.
Cita Battiato con il suo “Centro di gravità permanente” che sarebbe ciò che cercano i giovani. Riferisce della difficoltà di rispondere alla domanda “Cosa farò da grande” alla fine delle Scuole medie quando cominciano a venire meno le certezze della fanciullezza perché i genitori divengono anziani e loro, gli adolescenti, vanno fuori per cercare il gruppo di pari e qualcuno di cui innamorarsi.
Secondo il dott. Vincenzo Ampolo ci vogliono modelli per i giovani. Cita quello che accade negli Indiani d’America che vedono l’anziano approssimarsi al letto dell’adolescente e raccontargli prima che prenda sonno, quando si è in uno stato alterato di coscienza, i miti e le usanze. Il vecchio indiano gli parla della caccia, gli parla delle piante della loro funzione per la nutrizione degli uomini e per la cura degli uomini.
Il dott. Vincenzo Ampolo ci narra come i giovani vivono il loro corpo, riferisce che il corpo è visto dai giovani come un nemico perché i modelli sono difficili da raggiungere. Barbie è magra e nello stesso tempo ha delle curve nel corpo che sono inconciliabili con la sua magrezza. Come può una ragazza di oggi imitare il modello Barbie?
Le ragazze non ci riescono e secondo il dott. Vincenzo Ampolo, si rifugiano nel virtuale. Ed è come se le sentisse parlare nel loro profondo, il dialogo interiore delle ragazze che si dicono tra sé e sé “così non mi avvicino a lui e quindi lui non mi guarda!” ed ecco esplodere Second Life (Seconda vita) ed ecco imperare TV, Internet e telefonini in maniera tale da avere una relazione senza la fisicità. Relazione tra anime che non accettano di avere un corpo, che lo rifiutano e che preferiscono immaginarsi il proprio corpo diverso da quello che hanno, che è perfetto così com’è ma che non corrisponde al modello impossibile da imitare, senza mimesi e preferiscono immaginarsi il corpo dei propri interlocutori.
Un’adolescenza lunghissima con sessualità precoce, tutto perché non c’è lavoro e rimangono in casa.
L’uso delle sostanze, sono tantissime e i ragazzi si fanno di tutto. I servizi psichiatrici fanno il servizio di doppia diagnosi perché i ragazzi che usano sostanze hanno anche problemi psichici e psichiatrici.
Ma cosa possiamo fare noi?
Parlare!
L’ascolto empatico che poi è la relazione d’aiuto. Possiamo far si che i giovani siano autonomi che non abbiano dipendenze soprattutto con noi adulti. Quindi una relazione empatica che consiste nel parlargli e a questo segue lui che parla e in tal modo di fatto lo aiutiamo.
Si sviluppa così l’aspetto critico che smitizza le sostanze sapendo che tutte le sostanze sono pericolosissime e che non esiste nulla di leggero o pesante ma tutto è MORTALE!
E soprattutto acquisire un set creativo fatto di arte, musica ecc.
Dice il dott. Vincenzo Ampolo che ha fatto un sogno: una bottiglia con una etichetta e li, sull’etichetta, c’era scritto “CREATIVITA’ CONTRO TUTTE LE MALATTIE!”
Serve a dare valore a tutte le istanze che provengono dal profondo e a lasciare sullo sfondo, ma molto sullo sfondo quelle che provengono dalla società.
Vuoi continuare? Giovedì 9 aprile 2009 alle ore 18.00 presso l’ex Conservatorio Sant’Anna c’è il laboratorio di scrittura. Più creativo di così?

giovedì 2 aprile 2009

Un sincretismo delle culture per un nuovo paradigma sociale: l’esperienza di Capo Verde.

Un sincretismo delle culture per un nuovo paradigma sociale: l’esperienza di Capo Verde.
di Antonio Bruno



La primavera dei ricercatori dell’Università degli Studi del Salento a Lecce ha fatto si che nella sala conferenze del rettorato ieri sera ci fosse una narrazione che ha assunto una sua originalità anche rispetto a come l’evento era stato concepito dai relatori.
Ma andiamo con ordine. Come mia abitudine sono giunto alle 17 e 30 alla nuova sede del Rettorato che fu la Caserma “Rosaio” che mi ospito per la visita del militare tanti anni fa, in una galassia lontana, lontana e che oggi non ha nulla a che fare con quello che fu la destinazione d’uso a caserma ma che si avvicina di più alla destinazione a Convento per cui la struttura era stata costruita. Sono entrato e a destra una bella signorina era seduta alla sua scrivania e a alei ho chiesto se fosse confermato l’incontro delle 17 e 30. La signorina mi ha risposto di si. A sinistra dopo l’entrata c’è la bella sala conferenze, con delle sedute (le sedie così le chiamano gli amici architetti) comode e con una strana ribaltina rivestita in pelle color ciliegio e a rotella che aiuta a scrivere anche se per farlo bisogna tenerla ferma perché se no la ribaltina inizia a ruotare allontanandosi dalla seduta e lasciando colui che prende appunti con la penna in mano e la bocca aperta.
Nella sala nessuno! Esco di nuovo e incontro il sorriso franco e accogliente dell’amico Tonio Tondo che nella sua veste di capo redattore della redazione leccese della “Gazzetta del Mezzogiorno” aveva ricevuto il compito di moderare il dibattito.
Nell’attesa un breve giro per un rinfresco al Bar. Nel tragitto è inevitabile che il discorso cada agli anni dell’impegno politico e della comune militanza nel Partito che non c’è più della Democrazia Cristiana. Mi racconta dei ragazzi del liceo di Taranto che rimasero senza parole perché non sapevano. Cosa? Che Aldo Moro frequentò il liceo Archita di Taranto e andava a messa nella chiesa di San Pasquale. Insomma Tonio mi ha fatto presente che manca una narrazione di quei tempi. Io ho aggiunto della difficoltà di allora di essere Democristiani quando nel 1977 io abitavo a Bari in Via Lattanzio e la sera non uscivo da casa perché si sentivano gli spari delle P38. E a ricordargli che davanti ad una pistola le argomentazioni non hanno grande successo. Mi osserva Tonio, con quel suo sguardo che sembra sempre interrogarsi, chiedersi le motivazioni dell’interlocutore. Con delicatezza accenna a un ma. Io intuisco il pericolo che mi vuole rappresentare e gli dico: “No! Ti assicuro Tonio! Nessuna Nostalgia.” Non avrebbe senso essere nostalgici di una stagione passata, io sono per il presente, unica realtà.
Affrettiamo il passo poiché il discorso ha fatto correre il tempo e i relatori erano già seduti a cominciare senza Tonio. Ma lui con il suo abituale charme si accomoda e con un sorriso accogliente saluta e comprende le due relatrici. La Prof.ssa Maria R. Turano e la Prof.ssa Monica
McBritton.
Il tema dell’incontro è : “Il Capo Verde e le migrazioni forzate”. Nulla a che vedere con lontani pianeti che pullulano di omini dal Capo Verde che forzatamente stanno cominciando una migrazione verso il Pianeta Terra ma è la storia di un arcipelago dell’Atlantico, le isole del Capo Verde appunto che scoprirete con me, se avrete la pazienza di leggere il mio report, sono un fulgido esempio di delocalizzazione (altri preferiscono dire diaspora) che continua ad avere relazioni. Un popolo che ha costituito un Social Network!
Il giornalista Tonio Tondo introduce l’argomento e in funzione di questa emigrazione di ritorno che si sta evolvendo attraverso l’abbandono delle fabbriche da parte degli immigrati per fare ritorno ai Paesi di Origine e ricordando il principio della libertà di movimento delle merci e persone.
Poi passa alla regolamentazione Italiana a partire dal primo decreto Martelli fino a giungere alla Bossi – Fini e ricorda il Barbaro che si muove e che ha diritto nel mondo Greco all’ospitalità, tanto che era valida la consuetudine dei Greci di accogliere l’ospite come prima cosa e capire solo successivamente da dove quest’uomo provenisse. E i greci per primi avevano la concezioni di noi (i greci) e gli altri (i non greci).
I Romani introducono il LIMES ovvero il confine. C’erano quelli che erano dentro al confine e quelli che erano fuori dal confine.
Insomma il movimento dei popoli è stato sempre oggetto di accordi. Nello stato moderno da Thomas Hobbes in poi ha costituito uno spazio giuridico che fa si di prendere in considerazione chi è dentro lo Stato e che regola i rapporti giuridici.
Questo modello dello Stato, si chiede Tonio Tondo, è da mantenere oppure no? E se non lo si vuole mantenere con cosa lo si potrebbe sostituire?
Poi il giornalista passa a immaginare l’UOMO NUOVO che si preannuncia come un meticcio, frutto di una mescolanza, sottoposto alle più svariate contaminazioni.
La storia dell’Arcipelago di capo Verde è quella di una umanità figlia che ha la tendenza a fondere in un unico sistema.
Unico sistema che potrebbe portare alla coesistenza senza conflitti anche perché c’è un occidente che non rinuncia a civilizzare gli altri. Si assiste alla circostanza di avere delle opinioni pubbliche occidentali fortemente nazionaliste che sembrano proiettate in uno sforzo più teso a inglobare che a integrare.
Prendo in prestito le suggestioni proposte in un suo scritto sul Film “Billo”dalla Prof.ssa Maria R. Turano:
“alcune questioni che permeano la nostra società cosiddetta post-moderna ovvero globalizzante. La post-modernità é caratterizzata dal mutamento dell’idea di identità: dall’idea delle radici (rooth) all’idea di strade (roots) (Clifford) e da affiliazioni plurali e non univoche.
La liminalità é la condizione costante, da migrante, in un mondo ai margini, al limite: al confine di qua, nella nuova terra, e al confine di là, nella terra lasciata. Anche per i cosiddetti ‘stanziali’ la centralità é esplosa e si vive nelle scaglie centrifughe di questa esplosione.”
La Prof.ssa Monica McBritton si sente chiamata in causa e interviene subito dopo affermando che l’UOMO ATTUALE E’ METICCIO!
L’etnia pura è solo una questione ideologica che non ha alcun riscontro nella realtà delle cose. Poi la Prof.ssa Monica McBritton passa ad analizzare lo staus di cittadinanza che è l’ultima vestigia del medio evo e in questo cita Ferraioli.
La Prof.ssa Monica McBritton descrive la legge italiana che prevede che si sia cittadino italiano se nato da un cittadino italiano. Solo l’Italia e la Germania hanno questa legge. Negli USA chi nasce nel territorio USA e cittadino USA!
In Italia se non c’è stato allontanamento i figli di immigrati a 18 anni possono decidere se essere cittadini italiani o cittadini del loro paese di provenienza. Riferisce della catena migratoria Filippina che prevede che i bambini rimangano nei primi anni in patria con i nonni e si chiede se ciò non possa poi ostacolare il diritto a 18 anni di decidere se essere cittadino italiano poiché potrebbe essere visto come un allontanamento dal territorio italiano.
Interviene la Prof.ssa Maria R. Turano per descrivere Capo Verde, insomma ci fa una narrazione di Capo Verde dove c’è il Congresso della Diaspora Capoverdiana che ha 500 membri. Questo fa di Capo Verde uno stato trans nazionale.
Nessun cittadino di Capo Verde viene definito Emigrante, la definizione che fanno i capoverdiani della loro condizione territoriale è Cittadini che vivono fuori da Capo Verde e Cittadini che vivono dentro Capo Verde.
Chi parlava di Capo Verde descriveva ciò che accadeva in questo arcipelago di 10 isole come se fosse qualcosa di simile al Brasile. Ma così non è! Capo Verde ha una sua originalità derivata dal fatto che il meticciamento è il suo pane quotidiano e che i primi abitanti furono Negrieri e schiavi che dettero luogo al primo meticciamento.
Gli autori vedevano capo Verde con gli occhiali del Brasile ma poi arriva:

JORGE BARBOSA (1902-1971)
Preludio
Per Anonio Aurelio Gonçalves

Quando lo scopritore arrivò nella prima isola
né uomini nudi
né donne nude
occhieggiavano
innocenti e paurosi
dietro la vegetazione.
Né frecce velenose volavano
né grida di allarme e di guerra
echeggiavano per i monti
C’erano soltanto
gli uccelli rapaci
con gli artigli affilati
gli uccelli marini
dal volo ampio
gli uccelli canori
cinguettando inedite melodie.
E la vegetazione
i cui semi arrivarono impigliati,
tra le ali degli uccelli
trascinati qui
dalla furia dei temporali.
Quando lo scopritore arrivò
e saltò dalla prua della scialuppa tirata in secco sulla spiaggia
poggiando a terra
il piede destro sulla sabbia bagnata
e si segnò
timoroso ancora e sorpreso
pensando a El Rei
in questa ora, allora
in questa ora iniziale
cominciò a compiersi
questo destino, ancora, di tutti noi.
(Caderno de um ilheu, 1956)

Capite? Questo poeta di capo Verde descrive l’Arcipelago disabitato.
Poi Prof.ssa Maria R. Turano ci parla dell’attività di “professionalizzazione dello schiavo” che si faceva sulle isole. Lo schiavo arrivava dall’africa veniva battezzato, istruito e poi venduto “CHIAVI IN MANO”.
La Prof.ssa Maria R. Turano ricorda quel tessuto dei Manjacchi il “PANO DA TERRA” che paradossalmente tessuto da schiavi serviva per acquistare altri schiavi in Guinea.
La Prof.ssa Maria R. Turano ci narra delle coltivazioni di canna da zucchero e di cotone dell’Arcipelago e della cultura degli schiavi che si intreccia con quella dei padroni.
Poi arriva la grande crisi delle Isole e l’epilogo e soluzione è stat l’emigrazione anche paradossalmente verso l’Africa in cui andavano a coltivare i grandi territori disboscati e che li vedevano divenire schiavi di fatto perché non riuscivano a ripagarsi il viaggio rimanendo imprigionati in quelle terre.
Il Capo Verdiano è diverso a seconda del posto che abita. Il Capo Verdiano Napoletano è perfettamente napoletano e nello stesso tempo perfettamente Capo Verdiano.
Hanno anticipato quello che sarà la società moderna.
Con l‘immagine delle baleniere piene di marinai Capo Verdini bravissimi finisce la narrazione della Prof.ssa Maria R. Turano.
Ecco tornare la Prof.ssa Monica McBritton sul tema dei nuovi diritti politici che nella traduzione concreta dentro li stati producono situazioni drammatiche. L’Italia non ha scelto che strada prendere con gli immigrati, la Gran Bretagna ha scelto un cosmopolitismo fallito nelle presenze dei dinamitardi della metropolitana e la Francia ha visto spiaggiare la sua interculturalità nelle violenze dei Banlieu.
L’Italia nega che la migrazione sia strutturale e affronta la stessa come se fosse un emergenza. Questa concezione si riverbera sulla normativa che è evidentemente inadeguata. Anche la corte dei conti ha stigmatizzato che la spesa per gli immigrati è per 1/3 destinata all’integrazione mentre i 2/3 sono destinati alla repressione.
I flussi che dovrebbero essere strutturali vengono invece gestiti come sanatorie. I modelli che abbiamo a disposizione sono deludenti e soprattutto non funzionano. La Gran Bretagna ha il rispetto delle diverse cuture che invece di convivere si ignorano, non interagiscono.
La Prof.ssa Monica McBritton ritiene che l’occidente non si sente sicuro dei suoi valori, non li difende e non li propone. Come l’esempio della parità tra i sessi.
Si ha paura del conflitto, ma la Prof.ssa Monica McBritton dice che il problema non è nel conflitto ma nella gestione del conflitto. Ci dovrebbe essere un ruolo pedagogico della politica come a Dusseldorf in Germania dove la politica ha proposto una simulazione ai cittadini ovvero ha proposto di immaginare come sarebbe Dusseldorf se i migranti non ci fossero più.
E’ seguito un bel dibattito. Tonio Tondo l’ha stigmatizzato affermando che c’è stat parecchia gente che si è perso un bel momento di partecipazione e confronto.


Una Chiesa di parte

Una Chiesa di parte
di Antonio Bruno

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Il giorno 1 aprile a Lecce in Via Imperatore Adriano presso la sala della Biblioteca Caracciolo in Fulgenzio don Salvatore Leopizzi ha tratteggiato il volto di don Tonino Bello.
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Quando ieri sera verso le 20.00 sono giunto presso la sala conferenze della Biblioteca Caracciolo stava iniziando a parlare don Salvatore Leopizzi. Il tema della serata è una figura rimasta impressa in chiunque l’abbia sentito nominare ovvero il Vescovo don Tonino Bello.
Un mio amico mi raccontò del suo arrivo alla Diocesi che gli fu assegnata che si era preparata ad accoglierlo con tutti gli onori. Lui ci era andato in 500, non queste nuove in circolazione oggi, ma con quelle degli anni 70 che ancora circolavano negli anni 80, il mio amico di Racale, che lo conosceva bene, mi ha raccontato che non volevano farlo passare perché le strade erano tutte chiuse in quanto stavano aspettando il Vescovo. Fu allora che il Vescovo don Tonino esclamò: “ma il Vescovo sono io!”.

don Salvatore Leopizzi ci parla di don Tonino che esclama INCROCIUM COMMERCIUM ADMIRABILE ovvero Dio che si è rivestito dei panni della nostra umanità. Perfettamente in linea con l’incarnazione che è espressa nel n° 22 della Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II in cui si diviene consapevoli che IL FIGLIO DI DIO SI E’ UNITO IN QUALCHE MODO CON OGNI ESSERE UMANO.
In questo quadro con le luci di posizione che orientano la nostra vita c’è lo spazio per comprendere; sia nel senso di capire, che di costruire unità con chi risulta lontano, comprendere anche lo straniero come il ricco e il diseredato.
La costruzione linguistica è lineare e non comprende, abituata com’è a definire, quindi escludendo più che comprendendo. Meglio i Simboli che invece rappresentano anche i MODULI INEDITI.
Il Simbolo che con il Vescovo don Tonino Bello diviene segno d’amore e di servizio proprio come Gesù allontanando ogni tentazione di divenire SIMBOLO DI POTERE.
E COME LI POSSIAMO LEGGERE I SIMBOLI? Ma sicuramente mettendoci nei panni della gente povera e quindi guardando ai segni che provengono dal mondo con gli occhi di quel senegalese nella barca che si avvicina dalla Libia alle coste della Sicilia. Che pensa di questo quel senegalese? Se fossi io quel senegalese che cosa penserei? Facciamolo insieme questo esercizio ogni volta arrivano i segni, le notizie dal mondo. Mi fermo e mi chiedo: “IO SONO UN SENEGALESE NELLA BARCA CHE IN MEZZO AL MEDITERRANEO STO PER GIUNGERE IN SICILIA. COSA PENSO DI QUESTA NOTIZIA, ANNUNCIO, LEGGE, INDICAZIONE ecc. ecc.?????”
Interessante esercizio vero? Eppure un Dio l’ha fatto! 2000 anni fa Gesù l’ha fatto questo esercizio! Dio si è messo nei panni del figlio di un falegname.
Poi il n° 58 della Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II guardato da don Salvatore Leopizzi per definire il fatto, la circostanza, che esistono LE CULTURE e non la cultura. Da sempre il messaggio della salvezza è stato proposto in diversi linguaggi nel rispetto delle diverse culture, come nel caso di Cirillo e Metodio.
Poi don Salvatore Leopizzi lo dice con chiarezza che la Chiesa non è legata a nessuna cultura! don Salvatore Leopizzi afferma che la Chiesa è in comunione con le diverse culture. E non basta la Chiesa arricchisce le diverse culture ma c’è reciprocità al punto che la Chiesa è arricchita dalle diverse culture.
Il Vangelo è DINAMITARDO! Lo diceva Padre Turoldo, lo stesso che si spinse a dire che don Tonino rappresentava un Vescovo che poteva chiamare FRATELLO VESCOVO.
Il Vangelo provoca cambiamento e chi come don Tonino ha lasciato spazio a Gesù quando parla provoca cambiamento e dinamismo come quello che provocava don Tonino!

il Vescovo don Tonino si confronta, è sulla strada, con il Vangelo che rappresenta l’Universalità stimolando e dando il suo contributo alla cultura ed educando l’uomo alla libertà interiore.
Questo è il rapporto Chiesa – Mondo. La Chiesa compagna di strada di uomini e donne del nostro tempo, che fa scaturire semi di libertà e d’amore.
Una Chiesa che è di parte perché ama tutti ma partendo DAGLI SCARTATI.
don Salvatore Leopizzi PARLA DELLA FEDE, dice che è cultura perché proviene da un popolo, il soggetto è IL POPOLO DI DIO, che è un soggetto storico perché c’è stata l’incarnazione di Dio in Gesù, e poiché dice all’uomo cosa fare.
Cultura deriva da coltivare e l’uomo viene coltivato sin dal suo sorgere ecco perché la fede è anche ANTROPOLOGIA ED E’ ANCHE PER QUESTO MOTIVO CHE L’EVANGELIZZAZIONE E’ PROMOZIONE UMANA.
Poi conclude con la lettura della preghiera che segue che vi prego di leggere attentamente e se, rimarrete attoniti per le miserie che essa esprime immediatamente vi apparirà la speranza come simbolo del volto di Gesù.

Signore della Storia
+ don Tonino bello
Eccoci davanti a Te, Signore della Storia,
fratello solidale con gli uomini,
Dio estroverso,
che hai impregnato con la tua presenza il tempo e lo spazio,
gli abissi del mare, i tumulti delle foreste
e le traiettorie del firmamento,
alfa da cui si diparte il compitare delle stagioni
e omega verso cui precipita la piena dei tempi,
scaturigine primordiale dei fiumi delle umane civiltà
e ultimo approdo verso cui,
in un interminabile conto alla rovescia,
battono le sfere di tutti gli orologi terreni …
Verbo incarnato, che riassumi nel tuo mistero
La stabilità dell’eterno e le clessidre del mutamento,
noi ti contempliamo stasera
come archetipo della missione che hai affidato alla tua Chiesa:
quella di introdurre te nelle culture del mondo,
riproducendo quell’ "admirabile commercium”
che prese forma quando ti sei fatto carne
nel grembo della Vergine Maria
e hai posto la tua tenda in mezzo a noi.
Signore Gesù, Dio fatto uomo,
sei tu il paradigma essenziale
di quel rapporto tra fede e cultura
che oggi si ripropone a noi,
chiamati a recitare
le partiture della Storia della Salvezza
sugli scenari della transizione.
Accoglili, pertanto, alla tua presenza, Signore,
e facci sostare per un poco davanti a te.
Figli spaesati di quest’epoca postmoderna,
vogliamo sperimentarti
come provocazione a uscire fuori dalla nostra terra,
pur senza abbandonarla,
così come tu, pur senza abbandonarlo, sei uscito dal tuo cielo,
e collocarci sul crocevia delle culture,
non per dirigere il traffico
o per canalizzarle nell’omologazione,
ma per capire ne le spinte di tendenza
e svelare sommessamente
a chi non ha sottomano le topografie planetarie dello Spirito
che tu sei l’ “éskaton” verso cui precipita la storia.
Signore Gesù, noi volgiamo ringraziarti
Anzitutto per una scheggia di luce
Precipitata nella “Gaudium et Spes” e incuneatasi nel numero 22:
“Con l’incarnazione,
il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo”.
Dunque la natura umana,
non l’hai unita a te per simboli.
La nostra storia,
non l’hai condivisa assumendola per categorie complessive.
Con le vicende terrene non ti sei rapportato sfiorandole appena
Col battito generico delle tue palpebre.
Tu sei unito a me,a Paolo, a Deborah,
a Sandro distrutto dall’AIDS, a Marina consumata dal vizio,
all’aborigeno della Terra del fuoco
genuflesso dinanzi ai suoi totem tribali,
all’eschimese nato stanotte in un igloo della Groenlandia,
al vecchio Mohamed, un tempo beduino per i deserti del Magreb
e ora nomade per le solitudini allucinanti
delle nostre arterie metropolitane.
I nostri corpi e i nostri spiriti sono divenuti così
La prima cultura concreta dove tu ti sei nascosto
Per farti assimilare da noi e per farci assorbire da te.
Le nostre storie personali
Si sono incrociate con la tua presenza divina,
a tal punto che ognuno di noi può considerarsi
come l’icona primordiale di quell’altro incontro,
sempre discreto e mai prevaricatore,
che, a livelli più globali, deve realizzarsi tra fede e cultura.
Tu ti dai a tutti,
ma senza farti imprigionare da nessuno.
Entri in comunione con tutte le culture
Ma allo stesso tempo le trascendi
E non ti identifichi stabilmente con nessuna di esse.
Ma vogliamo ringraziarti anche perché,
come dicono i primi Concili della Chiesa,
la natura umana è stata assunta da te,
senza per questo essere annientata.
“TheoThèisa ouk anerethè”.
L’hai deificata, ma senza distruggerla.
L’hai innalzata, ma senza violentarla.
L’hai amata perdutamente, ma senza soffocarla negli abbracci.
Sei davvero un Signore impareggiabile,
e noi non sappiamo se è più giusto piangere di commozione
per essere stati elevati alla dignità di figli di Dio
o urlare di fierezza perché perfino Dio
non ha osato manipolare
i connotati della nostra carta d’identità.
Ci hai offerto così lo schema
Di come oggi la fede deve porsi, con discrezione e rispetto,
di fronte alle culture.
Ci hai consegnato il manuale di come la Chiesa deve rapportarsi con le civiltà
Che incrocia di volta in volta sul suo plurimillenario cammino.
Grazie, perciò, perché ci hai modellato, sul tuo esempio,
lo stile missionario della Chiesa.
Tu non sei venuto a civilizzare i poveri, ma a evangelizzarli.
Non se sceso a colonizzarci,
ma a stringere alleanze paritetiche con noi.
Non hai considerato l’umanità come zona depressa
Da occupare, sia pure a fin di bene,
con l’alterigia dei conquistatori
ma come “partner con cui stabilire e osservare intese bilaterali.
Sono trascorsi 2000 anni
Da quel grande rendez-vous tra Cielo e Terra,
e la Chiesa, a cui avevi commissionata
i successivi rendez-vous tra fede e culture,
nel suo generoso impegno missionario,
ha portato avanti, tra fatiche ed incomprensioni,
e spesso impreziosendolo col sangue del martirio,
quel processo di inculturazione della fede
di cui ci hai offerto il modello
nel tuo primo impatto con la storia dell’umanità,
e che continui a offrirci
ogni volta che si realizza il tuo incontro personale con noi.
La storia di Cirillo e Metodio è solo la versione europea
del grande anelito di comunicare la buona notizia
a culture diverse:
il loro esempio di fedeltà a Dio
ma anche di fedeltà all’uomo
è stato seguito dai grandi missionari che,
in Cina o nel Paraguay,
nell’Africa nera o nel centro del Nuovo Continente,
si sono incarnati nel cuore delle culture per annunciare te,
e riferire a tutti la tua proposta di salvezza.
E anche oggi, Signore, lo slancio di tanti missionari
Che hanno scelto di condividere tutto con i poveri della terra,
nelle capanne del Sidamo o nelle favelas dell’Amazzonia,
nelle bidonvilles di Hong-Kong o nelle baraccopoli di Nairobi,
non si ispira forse alla tua stessa carità,
fatta di attenzione e di tenerezza,
di compassione e di accoglienza,
di disponibilità e di interessamento ai problemi della gente?
E gli sforzi della teologia africana
E le stesse sofferenze della teologia della liberazione,
pur con le loro inevitabili contraddizioni,
non rappresentano forse lo spasimo
di questo trasmigrare dei dati di fede
da un alveo culturale a nuovi grembi materni?
E le fatiche delle giovani Chiese di oggi,
nate da una struggente passione missionaria,
non ripetono forse le fatiche della Chiesa di ieri
che, chiamata come Abramo a uscir fuori di Ur,
ha liberato la Parola dagli spessori culturali dei circoncisi,
trasferendola di volta in volta
nella cultura greco-romana,
e poi in quella barbarica,
e poi in quella moderna …
e sperimentando sempre la provvisorietà dei suoi domicili
dentro la storia della Città di Dio?
Ecco perché Signore,
mentre più drammatiche si fanno le sfide del nostro tempo,
ti imploriamo di non farci venire meno la speranza
e di continuare a effondere in noi
lo Spirito Santo, vero protagonista della missione ecclesiale.
E ora vogliamo chiedere perdono se, come Chiesa,
qualche volta abbiamo disatteso il tuo stile:
soprattutto, quando non abbiamo testimoniato la reciprocità.
Abbiamo giudicati i “barbari” costituzionalmente incapaci
Di poterci offrire qualcosa che noi non avessimo già.
Abbiamo rifiutato il baratto con le culture altre.
Abbiamo trascurato la trattativa con il diverso.
Ci è sfuggito di mente quel vocabolo,
di sapore volutamente mercantile,
con cui un’antifona della liturgia
ha l’audacia di designare il Mistero dell’Incarnazione:
“Commercium”. Scambio, cioè. “Admirabile”, per giunta.
Abbiamo valuto, cioè, dare soltanto.
Senza ricevere nulla,
per non contaminare la nostra aristocrazia puritana.
Ci siamo dimenticati che il dono unilaterale
È la forma più sottile di potere.
Ci siamo illusi che, per essere missionari
Fosse sufficiente esportare battesimi, teologia e civiltà.
E, mentre i conquistatori,
le cui spade non abbiamo avuto sufficiente coraggio di maledire,
importavano oro e ricchezze,
noi come Chiesa non abbiamo saputo importare
neppure un frustolo d’anima
dopo averne data tanta della nostra.
Del resto, come si potevano importare nella vecchia Europa
Brandelli d’anima d’oltre oceano,
dal momento che c’ voluta una Bolla solenne
del Papa Paolo III del 1537
per dirimere la questione se gli indigeni americani
fossero veri esseri umani?
Ci sfiora un brivido si stupore quando leggiamo
Alcuni passaggi di quel documento, “Sublimis Deus”,
che pure, Signore,
testimonia il coraggio del tuo Vicario d’allora:
“ il nemico del genere umano,
che si oppone sempre alle buone opere
per mandare gli uomini alla rovina,
escogitò un mezzo mai sentito prima d’ora,
col quale impedire la predicazione della Parola di Dio
per la salvezza delle genti:
egli ispirò i suoi seguaci i quali, per compiacerlo,
non esitarono a dichiarare che gli Indiani dell’Ovest e del Sud,
e gli altri popoli di cui siamo di recente venuti a conoscenza,
devono essere trattati come muti animali creati per servirci,
col pretesto che essi sono incapaci di ricevere la fede cattolica…
Noi tuttavia, che, sebbene indegni,
esercitiamo sulla terra il potere di Nostro Signore,
riteniamo che gli Indiani sono veri uomini,
e che sono capaci non solo di ricevere al fede cattolica,
ma, da quel che ci risulta, desiderano ardentemente riceverla …”
Cose ‘altri tempi, è vero, ma che la dicono lunga
Sulla nostra incapacità di scoprire, anche ai nostri giorni,
quell’incredibile repertorio di risorse spirituali
di cui sono titolari i Senegalesi che ci passano accanto
o i Tunisini che contemplano con amarezza
le stuoie invendute adagiate per terra.
Ma c’è un crimine, Signore,
che ci dissocia da quel modulo di rispetto
con cui tu ti sei accostato alla natura umana:
è l’ecatombe delle culture che è stata perpetrata,
spesso col complice silenzio delle nostre Chiese.
E’ vero, protagoniste di questo delitto sono state le potenze terrene,
che hanno saccheggiato e svenato interi continenti,
portando al martirio collettivo milioni di negri d’Africa,
distruggendo le grandi civiltà amerinde,
violentando le grandi tradizioni religiose
degli Incas o degli Atzechi o dei Maya,
e inaugurando strategie esecrabili di imperialismo
economico, politico, culturale, religioso …
Ma questo non ci dispensa dal recitare il “mea culpa”,
anche come Chiesa,
perché avremmo dovuto levare più forte la denuncia
e rompere ogni convivenza con le barbarie degli sfruttatori.
Perdonaci, Signore, le complicità passate.
Quest’anno, tu lo sai,
il mondo celebra i 500 anni della scoperta dell’America.
Aiutaci a contestare i rituali fastosi
Del trionfalismo giubilare che si sta preparando.
Dacci la forza di intersecare con i versetti del “miserere”
Le volute del “Magnificat”.
Facci prender coscienza che quella non fu una scoperta,
ma un’allucinante conquista,
scandita da rapine, da rappresaglie,
da torture e da saccheggi.
E non vale, a consolarci, il pensiero che i missionari
Hanno controbilanciato con la loro dedizione
I genocidi e le oppressioni operate dagli invasori.
Ebbene, per tutte le controtestimonianze
Delle civiltà cristiane che hanno disonorato il tuo nome
Nel corso dei secoli,
ispiraci a compiere gesti penitenziali,
che abbiamo a un tempo
la forza ispiratrice delle grandi quaresime storiche
e lo spessore comunitario
delle antiche discipline “in cinere et cilicio”.
E proprio perché la memoria delle iniquità del passato
Ci preservi da analoghe violenze nel futuro,
vogliamo leggere qui, davanti a te, Signore degli “empobrecidos”,
come all’interno delle salmodie liturgiche,
una pagina del missionario domenicano Batolomè de Las Casas,
il più grande pentito della storia.
E’ una pagina di martirologio dell’età moderna
Che, nel 1544, racconta le stragi del Mar delle Antille
Di fronte alle quali impallidiscono perfino i genocidi nazisti.
“ … Più di dodici milioni di anime, uomini donne e bambini,
son morti nel corso di questi quarant’anni
per la tirannia e le opere infernali dei cristiani.
La valutazione è certissima e veridica:
ma, in realtà, io credo e penso di ingannarmi,
che ne siano periti più di quindici milioni.
Due sono state, generalmente discorrendo,
le principali maniere con cui quelli che si sono recati laggiù
e che si chiamano cristiani
hanno estirpato e spazzato dalla faccia della terra
tante infelici nazioni.
In primo luogo vi sono state guerre ingiuste, crudeli,
sanguinose e tiranniche.
Hanno ammazzato quanti potevano bramare la libertà,
sospirarla o anche solo pensarvi,
oppure concepire il disegno di sottrarsi ai tormenti che pativano.
Poi hanno continuato ad uccidere opprimendo i superstiti,
con la più dura e acerba servitù
cui uomini e bestie siano mai stati costretti.
Non da altro mossi, i cristiani hanno ammazzato e distrutto
Tante e tali anime, in numero incalcolabile;
non da altro guidati che dalla sfrenata brama dell’oro,
dal desideri di empirsi di ricchezza …
Sospinti da una cupidigia e da un’ambizione tali
Da non trovar confronto sulla faccia della terra,
ritrovandosi in contrade così prospere e ricche,
abitate da genti tanto umili, tanto pazienti e facili da soggiogare,
essi non hanno avuto alcun rispetto, considerazione
o stima veruna per gli Indiani.
Quanto sto per dire corrisponde a verità,
ché ne sono stato testimone e l’ho visto per tutti quegli anni:
li hanno considerati non dico alla stregua delle bestie
(piacesse a Dio che così li avessero trattati e rispettati),
ma dello sterco che si trova in mezzo alle strade e ancora peggio.
Ed è ancora verità notoria ed accertata,
riconosciuta ed ammessa da tutti, perfino dai tiranni ed assassini,
che mai, in tutta la vastità delle Indie,
gli indiani hanno arrecato il minimo danno ai cristiani.
Li ritenevano, anzi , discesi dal cielo,
finché non hanno cominciato e poi continuato a subire,
un giorno dopo l’altro, ogni sorta di ribalderie,
di rapine, di assassini, di vessazioni e di violenze”.
Al termine della lettura del breviario, anticamente si diceva:
“Tu autem, Domine, miserere nobis”.
Abbai pietà di noi, Signore.
Te lo ripetiamo per le metodiche distruzioni di uomini e culture
Perpetrate dai cristiani di oggi.
Per le moltitudini di soldati Irakeni in fuga disordinata
Sotto il fuoco del generale Schwarzkopf,
e per il muro di sabbia entro cui sono stati seppelliti senza nome.
Per i settantamila morti dalla fine della guerra
A causa dell’embargo occidentale,
e per i trecentocinquantamila bambini che rischiano di morire
per mancanza di cibo e di medicinali,
se non cesserà lo scandalo del complice silenzio dei cristiani.
Per il grido di dolore dei Curdi e degli Albanesi,
degli ultimi e degli sconfitti,
dei dannati della terra e dei crocifissi,
che gemono nei sotterranei della storia,
e nei cui confronti,
invece che provocare una rivolta planetaria delle coscienze,
continuiamo ad esprimere imperdonabili lentezze.
Per questa “defaillance” della nostra fede
Nell’impatto con le culture: “Tu autem Domine, miserere nobis”.
Ma è giunto il momento, Signore,
di levare a Te la nostra corale implorazione
perché, in quest’ora magnifica e drammatica della storia,
tu ci prenda per mano,
e ci conduca a leggere con occhi di speranza
lo scenario su cui si affollano le nuove culture,
protagoniste di questo terzo millennio che irrompe.
Esse hanno il diritto di essere evangelizzate,
e, nonostante l’apparente indifferenza,
ci interpellano con la stessa supplica con cui a Troade,
una notte, il macedone invocava Paolo in sogno:
“Passa in Macedonia e aiutaci!”.
Ma dobbiamo confessarlo: siamo un po’ sgomenti.
Prima di tutto perché,
essendo la cultura come uno spessore di scaglie di sicurezza
entro cui ognuno di noi trova il suo sistema di protezione,
dal momento che è crollato
il perimetro compatto della monocultura
in cui siamo stati la caldo per molto tempo,
ci sentiamo ora risucchiati nel vortice della relatività,
e una specie di “horror vacui” ci mette i brividi addosso.
Abbiamo, sì, capito finalmente
Che quella occidentale è una delle tante forme culturali
Di cui è ricca l’umanità,
ma intanto ci sentiamo indifesi
in questa profonda crisi della transizione
e in questo crepuscolo delle certezze.
In secondo luogo siamo sgomenti perché,
rimanendo perplessi se di fronte a certi sistemi
sia giusto parlare di cultura o piuttosto di ideologia,
o di effimera moda di pensiero,
qualche volta ci viene da dubitare
che i diversi punti di terra su cui spargere il seme della Tua Parola
siano tutti disponibili ad accoglierlo
e a farlo germogliare nei rigogli della fede.
La cultura tecnologica e cibernetica
Può avere qualcosa da spartire con Te, Signore?
La cultura radicale che sembra in fase di rimonta
Può riservare altari al tuo nome?
E le culture postmoderne, postindustriali, postmarxiste …
Contemplano nel loro areopago
Tribune per farti parlare di risurrezione?
E la cultura dell’economia e del mercato
Potrà mai riservare nei suoi giochi di borsa
Un angolo per la dramma perduta?
E sul terreno del consumismo e dell’efficienza
Si troverà una buca per piantarvi il tuo “misterium crucis”?
E nella cultura di guerra,
che ogni tanto celebra inquietanti “revivals”,
potrà mai trovare riverberi il perentorio comando:
“Tu non uccidere”?
E alla cultura del razzismo e del nazionalismo
E del blocco rassicurante delle leghe,
la cui ultima logica criminalizza il diverso
espungendolo dal suo tessuto,
come rendere proponibile l’evangelico richiamo
all’esistenza conviviale?
E nella cultura della violenza, della droga e del sesso,
dove “eros” e “thanatos”, invece che essere rivali,
giocano la stessa tragica partita del disfacimento e del nichilismo,
c’è qualche zona franca
dove consegnare la nostalgia del tuo volto?
E la cultura massmediale di cui si ovattano i nostri giovani,
che a quest’ora stanno passeggiando per via Pio XI,
riserva zolle segrete per la fecondazione del tuo Verbo?
E alla cultura della musica e dell’arte,
è possibile far intendere
che lo struggente, insoddisfatto, bisogno di comunione,
inscritto nei ritornelli di una canzone o nei cromatismi di una tela,
è il sacramento dell’inquietudine
che può placarsi solo in te, Signore?
E nella cultura degli islamici che ci passano vicino,
o dei viandanti Indù, approdati da sponde lontane,
sarà mai possibile trovare feritoie
per il passaggio della tua verità?
Tu lo sai, Signore.
Perciò ti imploriamo questa sera:
discendi, ancora una volta, agli inferi.
No, non alludiamo a marce trionfali
Che ti facciamo strappare al diavolo,
in un quadro di potenza, le anime dei morti.
Ma vogliamo riferirci a quella tua capacità
Di prendere su di te le disperazioni del mondo,
di sedurle con le nostalgie del Sabato Santo,
e di farle aprire alla tavola imbandita della pasqua.
Tu, semente che si disfa,
entra nelle zolle delle umane culture.
E noi, non più sgomenti,
come dice un poeta,
“staremo ad ascoltare la crescita del grano”.