giovedì 2 aprile 2009

Un sincretismo delle culture per un nuovo paradigma sociale: l’esperienza di Capo Verde.

Un sincretismo delle culture per un nuovo paradigma sociale: l’esperienza di Capo Verde.
di Antonio Bruno



La primavera dei ricercatori dell’Università degli Studi del Salento a Lecce ha fatto si che nella sala conferenze del rettorato ieri sera ci fosse una narrazione che ha assunto una sua originalità anche rispetto a come l’evento era stato concepito dai relatori.
Ma andiamo con ordine. Come mia abitudine sono giunto alle 17 e 30 alla nuova sede del Rettorato che fu la Caserma “Rosaio” che mi ospito per la visita del militare tanti anni fa, in una galassia lontana, lontana e che oggi non ha nulla a che fare con quello che fu la destinazione d’uso a caserma ma che si avvicina di più alla destinazione a Convento per cui la struttura era stata costruita. Sono entrato e a destra una bella signorina era seduta alla sua scrivania e a alei ho chiesto se fosse confermato l’incontro delle 17 e 30. La signorina mi ha risposto di si. A sinistra dopo l’entrata c’è la bella sala conferenze, con delle sedute (le sedie così le chiamano gli amici architetti) comode e con una strana ribaltina rivestita in pelle color ciliegio e a rotella che aiuta a scrivere anche se per farlo bisogna tenerla ferma perché se no la ribaltina inizia a ruotare allontanandosi dalla seduta e lasciando colui che prende appunti con la penna in mano e la bocca aperta.
Nella sala nessuno! Esco di nuovo e incontro il sorriso franco e accogliente dell’amico Tonio Tondo che nella sua veste di capo redattore della redazione leccese della “Gazzetta del Mezzogiorno” aveva ricevuto il compito di moderare il dibattito.
Nell’attesa un breve giro per un rinfresco al Bar. Nel tragitto è inevitabile che il discorso cada agli anni dell’impegno politico e della comune militanza nel Partito che non c’è più della Democrazia Cristiana. Mi racconta dei ragazzi del liceo di Taranto che rimasero senza parole perché non sapevano. Cosa? Che Aldo Moro frequentò il liceo Archita di Taranto e andava a messa nella chiesa di San Pasquale. Insomma Tonio mi ha fatto presente che manca una narrazione di quei tempi. Io ho aggiunto della difficoltà di allora di essere Democristiani quando nel 1977 io abitavo a Bari in Via Lattanzio e la sera non uscivo da casa perché si sentivano gli spari delle P38. E a ricordargli che davanti ad una pistola le argomentazioni non hanno grande successo. Mi osserva Tonio, con quel suo sguardo che sembra sempre interrogarsi, chiedersi le motivazioni dell’interlocutore. Con delicatezza accenna a un ma. Io intuisco il pericolo che mi vuole rappresentare e gli dico: “No! Ti assicuro Tonio! Nessuna Nostalgia.” Non avrebbe senso essere nostalgici di una stagione passata, io sono per il presente, unica realtà.
Affrettiamo il passo poiché il discorso ha fatto correre il tempo e i relatori erano già seduti a cominciare senza Tonio. Ma lui con il suo abituale charme si accomoda e con un sorriso accogliente saluta e comprende le due relatrici. La Prof.ssa Maria R. Turano e la Prof.ssa Monica
McBritton.
Il tema dell’incontro è : “Il Capo Verde e le migrazioni forzate”. Nulla a che vedere con lontani pianeti che pullulano di omini dal Capo Verde che forzatamente stanno cominciando una migrazione verso il Pianeta Terra ma è la storia di un arcipelago dell’Atlantico, le isole del Capo Verde appunto che scoprirete con me, se avrete la pazienza di leggere il mio report, sono un fulgido esempio di delocalizzazione (altri preferiscono dire diaspora) che continua ad avere relazioni. Un popolo che ha costituito un Social Network!
Il giornalista Tonio Tondo introduce l’argomento e in funzione di questa emigrazione di ritorno che si sta evolvendo attraverso l’abbandono delle fabbriche da parte degli immigrati per fare ritorno ai Paesi di Origine e ricordando il principio della libertà di movimento delle merci e persone.
Poi passa alla regolamentazione Italiana a partire dal primo decreto Martelli fino a giungere alla Bossi – Fini e ricorda il Barbaro che si muove e che ha diritto nel mondo Greco all’ospitalità, tanto che era valida la consuetudine dei Greci di accogliere l’ospite come prima cosa e capire solo successivamente da dove quest’uomo provenisse. E i greci per primi avevano la concezioni di noi (i greci) e gli altri (i non greci).
I Romani introducono il LIMES ovvero il confine. C’erano quelli che erano dentro al confine e quelli che erano fuori dal confine.
Insomma il movimento dei popoli è stato sempre oggetto di accordi. Nello stato moderno da Thomas Hobbes in poi ha costituito uno spazio giuridico che fa si di prendere in considerazione chi è dentro lo Stato e che regola i rapporti giuridici.
Questo modello dello Stato, si chiede Tonio Tondo, è da mantenere oppure no? E se non lo si vuole mantenere con cosa lo si potrebbe sostituire?
Poi il giornalista passa a immaginare l’UOMO NUOVO che si preannuncia come un meticcio, frutto di una mescolanza, sottoposto alle più svariate contaminazioni.
La storia dell’Arcipelago di capo Verde è quella di una umanità figlia che ha la tendenza a fondere in un unico sistema.
Unico sistema che potrebbe portare alla coesistenza senza conflitti anche perché c’è un occidente che non rinuncia a civilizzare gli altri. Si assiste alla circostanza di avere delle opinioni pubbliche occidentali fortemente nazionaliste che sembrano proiettate in uno sforzo più teso a inglobare che a integrare.
Prendo in prestito le suggestioni proposte in un suo scritto sul Film “Billo”dalla Prof.ssa Maria R. Turano:
“alcune questioni che permeano la nostra società cosiddetta post-moderna ovvero globalizzante. La post-modernità é caratterizzata dal mutamento dell’idea di identità: dall’idea delle radici (rooth) all’idea di strade (roots) (Clifford) e da affiliazioni plurali e non univoche.
La liminalità é la condizione costante, da migrante, in un mondo ai margini, al limite: al confine di qua, nella nuova terra, e al confine di là, nella terra lasciata. Anche per i cosiddetti ‘stanziali’ la centralità é esplosa e si vive nelle scaglie centrifughe di questa esplosione.”
La Prof.ssa Monica McBritton si sente chiamata in causa e interviene subito dopo affermando che l’UOMO ATTUALE E’ METICCIO!
L’etnia pura è solo una questione ideologica che non ha alcun riscontro nella realtà delle cose. Poi la Prof.ssa Monica McBritton passa ad analizzare lo staus di cittadinanza che è l’ultima vestigia del medio evo e in questo cita Ferraioli.
La Prof.ssa Monica McBritton descrive la legge italiana che prevede che si sia cittadino italiano se nato da un cittadino italiano. Solo l’Italia e la Germania hanno questa legge. Negli USA chi nasce nel territorio USA e cittadino USA!
In Italia se non c’è stato allontanamento i figli di immigrati a 18 anni possono decidere se essere cittadini italiani o cittadini del loro paese di provenienza. Riferisce della catena migratoria Filippina che prevede che i bambini rimangano nei primi anni in patria con i nonni e si chiede se ciò non possa poi ostacolare il diritto a 18 anni di decidere se essere cittadino italiano poiché potrebbe essere visto come un allontanamento dal territorio italiano.
Interviene la Prof.ssa Maria R. Turano per descrivere Capo Verde, insomma ci fa una narrazione di Capo Verde dove c’è il Congresso della Diaspora Capoverdiana che ha 500 membri. Questo fa di Capo Verde uno stato trans nazionale.
Nessun cittadino di Capo Verde viene definito Emigrante, la definizione che fanno i capoverdiani della loro condizione territoriale è Cittadini che vivono fuori da Capo Verde e Cittadini che vivono dentro Capo Verde.
Chi parlava di Capo Verde descriveva ciò che accadeva in questo arcipelago di 10 isole come se fosse qualcosa di simile al Brasile. Ma così non è! Capo Verde ha una sua originalità derivata dal fatto che il meticciamento è il suo pane quotidiano e che i primi abitanti furono Negrieri e schiavi che dettero luogo al primo meticciamento.
Gli autori vedevano capo Verde con gli occhiali del Brasile ma poi arriva:

JORGE BARBOSA (1902-1971)
Preludio
Per Anonio Aurelio Gonçalves

Quando lo scopritore arrivò nella prima isola
né uomini nudi
né donne nude
occhieggiavano
innocenti e paurosi
dietro la vegetazione.
Né frecce velenose volavano
né grida di allarme e di guerra
echeggiavano per i monti
C’erano soltanto
gli uccelli rapaci
con gli artigli affilati
gli uccelli marini
dal volo ampio
gli uccelli canori
cinguettando inedite melodie.
E la vegetazione
i cui semi arrivarono impigliati,
tra le ali degli uccelli
trascinati qui
dalla furia dei temporali.
Quando lo scopritore arrivò
e saltò dalla prua della scialuppa tirata in secco sulla spiaggia
poggiando a terra
il piede destro sulla sabbia bagnata
e si segnò
timoroso ancora e sorpreso
pensando a El Rei
in questa ora, allora
in questa ora iniziale
cominciò a compiersi
questo destino, ancora, di tutti noi.
(Caderno de um ilheu, 1956)

Capite? Questo poeta di capo Verde descrive l’Arcipelago disabitato.
Poi Prof.ssa Maria R. Turano ci parla dell’attività di “professionalizzazione dello schiavo” che si faceva sulle isole. Lo schiavo arrivava dall’africa veniva battezzato, istruito e poi venduto “CHIAVI IN MANO”.
La Prof.ssa Maria R. Turano ricorda quel tessuto dei Manjacchi il “PANO DA TERRA” che paradossalmente tessuto da schiavi serviva per acquistare altri schiavi in Guinea.
La Prof.ssa Maria R. Turano ci narra delle coltivazioni di canna da zucchero e di cotone dell’Arcipelago e della cultura degli schiavi che si intreccia con quella dei padroni.
Poi arriva la grande crisi delle Isole e l’epilogo e soluzione è stat l’emigrazione anche paradossalmente verso l’Africa in cui andavano a coltivare i grandi territori disboscati e che li vedevano divenire schiavi di fatto perché non riuscivano a ripagarsi il viaggio rimanendo imprigionati in quelle terre.
Il Capo Verdiano è diverso a seconda del posto che abita. Il Capo Verdiano Napoletano è perfettamente napoletano e nello stesso tempo perfettamente Capo Verdiano.
Hanno anticipato quello che sarà la società moderna.
Con l‘immagine delle baleniere piene di marinai Capo Verdini bravissimi finisce la narrazione della Prof.ssa Maria R. Turano.
Ecco tornare la Prof.ssa Monica McBritton sul tema dei nuovi diritti politici che nella traduzione concreta dentro li stati producono situazioni drammatiche. L’Italia non ha scelto che strada prendere con gli immigrati, la Gran Bretagna ha scelto un cosmopolitismo fallito nelle presenze dei dinamitardi della metropolitana e la Francia ha visto spiaggiare la sua interculturalità nelle violenze dei Banlieu.
L’Italia nega che la migrazione sia strutturale e affronta la stessa come se fosse un emergenza. Questa concezione si riverbera sulla normativa che è evidentemente inadeguata. Anche la corte dei conti ha stigmatizzato che la spesa per gli immigrati è per 1/3 destinata all’integrazione mentre i 2/3 sono destinati alla repressione.
I flussi che dovrebbero essere strutturali vengono invece gestiti come sanatorie. I modelli che abbiamo a disposizione sono deludenti e soprattutto non funzionano. La Gran Bretagna ha il rispetto delle diverse cuture che invece di convivere si ignorano, non interagiscono.
La Prof.ssa Monica McBritton ritiene che l’occidente non si sente sicuro dei suoi valori, non li difende e non li propone. Come l’esempio della parità tra i sessi.
Si ha paura del conflitto, ma la Prof.ssa Monica McBritton dice che il problema non è nel conflitto ma nella gestione del conflitto. Ci dovrebbe essere un ruolo pedagogico della politica come a Dusseldorf in Germania dove la politica ha proposto una simulazione ai cittadini ovvero ha proposto di immaginare come sarebbe Dusseldorf se i migranti non ci fossero più.
E’ seguito un bel dibattito. Tonio Tondo l’ha stigmatizzato affermando che c’è stat parecchia gente che si è perso un bel momento di partecipazione e confronto.


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