giovedì 18 settembre 2008

L’eterna avventura della mia vita


L’eterna avventura della mia vita
L’eterna avventura della mia vita.
di Antonio Bruno

Un freddo autunnale, un vento di tramontana, insomma veramente un clima rapidamente precipitato in basso, dove il corpo comincia a reagire per produrre il calore che scappa come un fulmine verso l’esterno. Chiudo il giubbotto ed entro nella piccola chiesetta di San Giuseppe da Copertino, al secolo Giuseppe Desa nato nella casa di fronte.
Un frate mi racconta di lacci che tengono legati. L’uccellino che vola ma ha la zampetta legata a un filo fermo a un GROSSO CHIODO FICCATO NELLA TERRA che gli impedisce di andare più in alto e che anzi lo costringe a far ritorno nella polvere.
Quel filo che ti fa andare giù è la brama di avere, di potere e di apparire quella che TI RENDE AVIDO, CON LA BOCCA BAVOSA CHE E’ APERTA ALLA RICERCA DELLA PREDA DA AZZANNARE, quella brama che è sintetizzata in un termine che nessuno usa più e che prende il nome di “cupidigia”.
Faccio la comunione e poi nella passeggiata infreddolita di infreddoliti pellegrini. A San Cesario di Lecce c’è grande devozione per il Santo dei Voli, il protettore degli studenti, lui così asino, così ignorante che diviene strumento di Dio, che fa la volontà del Padre poiché pieno di Spirito Santo.
Un pellegrino che va al cuore di San Giuseppe, un pellegrinaggio che annuncia l’autunno brevissimo prima del lungo inverno.
Le castagne sono li pronte che stanno per giungere sul fuoco. Non è come in Calabria dove si usano i cestelli delle lavatrici che vengono fatti ruotare, qui c’è ancora la pentola piena di buchi, che lasciano passare le lingue di fuoco, del caldo e affascinante fuoco che scalda, ma che può anche bruciare. Dimostrazione ulteriore quella del fuoco che ogni elemento datoci dal Padre Eterno a seconda di come è usato è strumento di vita o di morte.
Di corsa a casa mi aspetta Marcello e con lui da Domenico, Leonardo e Giusy che vogliono andare alle castagne. L’ultima Domenica di ottobre c’è la sagra a Melfi. Tutti, ma proprio tutti, possono entrare nei castagneti. E’ vicina Melfi magari ci vado. Ma non è un pellegrinaggio.
Poi a mangiare ai Messapi. Li c’è la festa di un giovane ragazzo adolescente, le grida dei suoi compagni e gli sguardi di miei conoscenti che affettuosi accompagnano questi primi anni, quelli che sono ancora protesi verso l’ansia di divenire adulti, quelli che speri passino presto ma che invece non passano mai.
Confronto serrato con Giusy, una donna decisa, chiede di spegnere la TV dove una Juventus bianco nera segno di contraddizione e di opposto (bianco è opposto al nero) fa tenere la faccia in aria a Leonardo, che non ce la fa a non guardare, che non vuole essere ospite scortese, ma che non può fare a meno di esultare quando la palla penetra nella rete avversaria.
Prelibatezze a non finire da Angelo, I MESSAPI a Cavallino, se vi capita andateci a mangiare.
Io Pellegrino, io ospite di Marcello, io ospitato da Giusy, Domenico e Leonardo. Io immerso nel tempo che fluisce come un fiume in piena.
La giornata finisce nell’avventura, l’eterna avventura della mia vita.


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