giovedì 10 luglio 2008

l'anima e il suo destino



“L’Anima e il suo destino”.
Carissimo prof. Mancuso,
solo dopo aver scritto le mie parole “Professor Mancuso, io ritengo assolutamente infondata la sua preoccupazione” su http://www.ilfoglio.it/hydepark che sicuramente le saranno risultate ingenue e rozze, mi sono preoccupato di capire a chi avessi scritto. Ho scoperto che Lei è un Teologo, e che Teologo! Poi dopo aver letto qualcosa disponibile nella rete, ho deciso di acquistare il suo ultimo libro “L’Anima e il suo destino”. Quando ho letto nei ringraziamenti che lei auspica commenti indirizzati a vitomancuso@alice.it e dopo aver cominciato a leggere le prime pagine ho sentito subito l’urgenza di comunicarle ciò che penso.
Cominciamo con il “Mondo”, su come lo definisce a pag. 3. Unico Mondo è quello fisico, peraltro ancora non totalmente scoperto. Per quanto riguarda l’affermazione di John Searle che lei condivide non tiene conto di tutto quello che deriva dalla percezione che è dipendente dai nostri 5 sensi e soprattutto dalla nostra esperienza che utilizzando la generalizzazione (è solo uno degli esempi) comporta che la stessa realtà possa essere percepita in maniera diversa. Il cammino di purificazione, o di ascesi o di consapevolezza permette di avere via, via sempre meno interferenze nella percezione che consentono di accedere alla realtà.
Questo cammino è stato intrapreso e continua a essere intrapreso da chi desideri raggiungere quello che gli psicologi definiscono consapevolezza.
Quindi c’è un solo mondo solo per chi è consapevole! Più precisamente esiste un solo mondo solo quando siamo in uno stato di consapevolezza ( tale situazione è dinamica ovvero c’è e non c’è consapevolezza, ovvero a volte siamo consapevoli e a volte non lo siamo).
Inoltre la realtà essendo il creato che è l’immagine del creatore ti consente di accedere al Creatore e quindi di gustarne la comunione.
Tutto questo provvede a centrare l’argomento perché se tutto è stato creato da Dio, quando discorriamo del creato, quindi anche del mondo fisico, se siamo consapevoli stiamo discorrendo di Dio. Quindi che cos’è la Teologia? E’ tutto ciò che risulta la spiegazione del creato! Tutto è Teologia poiché tutto è stato creato da Dio.
A cosa serve la Teologia? Ad accedere a questa verità, ovvero ad eccedere alla realtà.
Poi ho letto le pagine 3, 4 e 5 e devo subito dire che Lei descrive l’effetto come la causa. Mi spiego meglio Lei dice che la paura della morte, che brevemente viene definita PAURA, è ciò che ci fa accedere al SACRO. L’affermazione è corretta ma non esaustiva. La paura della morte è un meccanismo che è indispensabile e assicura la sopravvivenza. Nella giungla se arriva una tigre che mi può sbranare la paura di morire mi motiva a fuggire e mi salva da morte certa. Ma ciò che motiva il sacro non è la paura di essere sbranato dalla tigre, ma la paura i essere ucciso e uccidere propria dei meccanismi mimetici di rivalità violenta della costruzione antropologica artificiale denominata “Mondo” o società umana. Il Sacro è stato necessario per impedire che la società in preda alla febbre contagiosa della violenza mimetica arrivasse alla distruzione. Tutto questo è stato spiegato dal già citato antropologo Renè Girard (io l’avevo citato nel mio povero commento al suo articolo su il Foglio).
Lei a pagina 5 sostiene che “la morte costituisce la sorgente di tutti i discorsi religiosi” ma tale affermazione è incompleta poiché è la rivalità mimetica violenta che può generare l’estinzione di una società che costituisce la sorgente del sacro.
Lei continua a disquisire della morte così come lei la definisce arrivando a una conclusione corretta dal mio punto di vista che è quella di pag. 7 “chi ha paura della morte, ha pura della vita” ma questa conclusione non scaturisce dal suo ragionamento poiché lei afferma che vi sarebbe una mancanza del senso e di capacità di vedere il senso della morte nella società in cui viviamo, io invece affermo senza paura di essere smentito che la nostra società, così come quella della fondazione del mondo tratta il morto come un estraneo, come qualcosa da rimuovere immediatamente come se il resto dei vivi sia estraneo a questo evento che non li riguarda. Noi viviamo così come vivevano alla fondazione del mondo considerando “il morto” come qualcosa di estraneo, che non ci riguarda poiché viviamo come se fossimo nella vita eterna e che la stessa ci viene garantita dai meccanismi della costruzione antropologica artificiale che attraverso l’accumulazione dei beni materiali ci illude di aver ottenuto il potere DELLA VITA ETERNA.
La paura di vivere è la paura di non accumulare beni materiali e che per questa mancanza, assenza, si possa morire. Quindi la follia è proprio nella allucinazione creata dal meccanismo della costruzione antropologica artificiale, che abbiamo dimenticato essere stata fondata al solo scopo di poter vivere più comodamente attraverso la divisione dei compiti, cioè attraverso la specializzazione che prevede il vivere insieme in società per poter ottenere beni e servizi.
Questa paura di non sapere cosa c’è dopo la morte di cui le tratta è solo una sua idea. Infatti mai nessuno ha avuto certezza o notizie su cosa sia la vita dopo la morte, chi ne scrive, chi scrive dell’ineffabile è colui il quale è consapevole e ha avuto accesso alla realtà che è la verità che è l’amore che è Gesù attraverso la GRAZIA.
E chi ha accesso all’amore vive bagliori di eterno qui ora e quindi sa cos’è l’eterno e non ha pura di morire.
Chi ha accesso alla realtà, che è la verità che è l’amore che è Gesù ha visto cosa c’è qui, ora che è l’eterno. E’ una esperienza e può capirla solo chi l’ha fatta ed è incomunicabile se non con allegorie e parabole come ha fatto Gesù, è l’ineffabile.
Spero di poter leggere più pagine senza sentire il bisogno di scriverLe, altrimenti la lettura di questo libro mi occuperà per troppo tempo, anche se è interessante quanto lei afferma.
Con la più viva cordialità
Antonio Bruno
Via Vittorio Emanuele III, n° 160
73016 San Cesario di Lecce


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