sabato 17 gennaio 2009

Un fuoco per illuminare la curiosità accendere le emozioni e scaldare i cuori.


Un fuoco per illuminare la curiosità accendere le emozioni e scaldare i cuori.
di Antonio Bruno

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Perché a Novoli in provincia di Lecce uomini del potere, clero, religiosi e persone venute da ogni parte della regione fanno a gara per assistere all’accensione dell’enorme falò (Fòcara)? http://www.focara.it/
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“Signora nni tai ddo asche pe lla Fòcara??” (traduzione Signora ci regali un po’ di legna per fare un bel Falò?). Ero un ragazzino con i calzoni corti e con i miei compagni di giochi, tutti regolarmente “di strada” , bussavamo alle porte delle case. Altro che “scherzetto o dolcetto” di memoria anglosassone con al loro Halloween, noi lo scherzetto lo facevamo al freddo organizzando la sua fine attraverso una bella Fòcara (Falò).
Tutti quanti impegnati con le gambe livide di freddo a “carisciare asche” (traduzione: trasportare la legna) che accumulavamo nel capo non coltivato che era di fronte al rione delle “Case Ina” (oggi la chiamano 167 come fosse una macchina dell’Alfa Romeo). A seconda della generosità delle signore “la fòcara” diveniva più o meno alta. L’opera di noi bambini era allietata da teorie costruttive per rendere più alta e stabile la Pira e dall’ ansia per l’attesa dell’accensione.
La combustione della legna, di quello che un tempo è stato una parte di albero o di arbusto, non ha nessun senso, non da alcun prodotto, da solo calore, luce e UNIONE.
Quando arriva il crepuscolo la nostra tensione è ormai al limite ed ecco che attraverso un “ascaluru” ,ovvero i fiammiferi venduti dai Monopoli di Stato, che incendia un foglio di carta che a sua volta appicca la carta messa al centro del falò e, attraverso questo sostituto della paglia, ecco che la legna man mano comincia a prendere fuoco, sino a che non si solleva una bella fiamma e con essa arriva anche il fumo.
Guai a stare sotto vento, si rischia di diventare un bel prosciutto affumicato. La fiamma dura per un po’ ma IL BELLO GIUNGE quando lascia il posto alla brace, al rosso della brace.
Nel frattempo tutte le persone delle “CASE INA” ,che avevano contribuito con la loro legna a quella splendida manifestazione di energia e luce, si avvicinano al fuoco, si scaldano, si raccontano cose che nona avevano avuto modo di raccontarsi.
Persone che non si frequentano abitualmente perché solo conoscenti hanno l’opportunità di parlarsi, di scambiarsi carezze che comunicano, che provocano meraviglia e curiosità.
Uno scialle sulle spalle delle donne e il braciere in mano, quello di rame dura poco, quello di bronzo è più longevo. La paletta e ….”attento a non scottarti” che la brace brucia, per metterne dentro al braciere e aggiungere in un secondo tempo la “carbonella” ricavata dal guscio delle mandorle, o il carbone fossile.
Tutte le “CASE INA” intorno al fuoco, senza distinzione di età, sesso, ceto sociale e religione. Tutti sono ammessi vicino al fuoco, tutti sono attratti da quel rimbalzante falò che accende l’emozione e scalda i cuori.
Un salto di 45 anni e arriviamo a oggi: Dirette Tv, Ministri, Persone di Cultura e tanta, tantissima gente intorno al fuoco. A Novoli ieri sera c’erano proprio tutti e tutto il bacino del Mediterraneo era intorno a quel fuoco generato dalla combustione dei sarmenti che sono i residui della potatura della vite.
Il fascino ipnotico del fuoco, il calore sulla faccia e la luce accecante della brace: chi può resistere? Eppure c’è troppa gente e fa troppo freddo e quest’anno, la Fòcara, mi sono accontentato di vederla su Telerama. Interviste agli UOMINI E ALLE DONNE DEL POTERE, ma anche ai preti e non sono mancati gli interventi della gente raccolta intorno al fuoco.
Perché tutta quella gente intorno a fuoco? Perché tutta quella gente davanti alla TV per assistere a un incendio addomesticato?
Perché i nostri antenati hanno addomesticato il fuoco che tutto distrugge e poi l’hanno posto al centro della Comunità tanto da renderlo parte della nostra società?
Il fuoco l’abbiamo addomesticato solo noi persone umane. E’ una cultura che ci è stata tramandata dai nostri padri e che i nostri padri hanno avuta tramandata dai loro padri e così via sino alla fondazione del Mondo. Nessun altro essere vivente ha la capacità di gestire il fuoco.
Prometeo è un personaggio della mitologia che è uno degli innumerevoli esempi di come tutte le persone umane sin dai tempi antichi abbiano considerato il fuoco una sorta di benedizione avuta ricorrendo alla furbizia e alle trovate creative e anche grazie all’aiuto di divinità che si sono messe in discussione per dare il dono del fuoco alle persone umane.
Anche se volessimo ignorarlo dobbiamo comunque ammettere che la domesticazione del fuoco ha cambiato la faccia della terra.
Gli uomini, in fondo, conoscevano il fuoco da sempre: i vulcani incendiavano le foreste; i fulmini che si abbattevano sugli alberi bruciandoli.
Gli uomini, quando scoprirono il fuoco, notarono che tutti gli animali avevano paura delle fiamme e potevano così rimanere più tranquilli se vicino a loro c’era un focolare acceso.
Avevano scoperto anche che con il fuoco potevano fare la luce, potevano riscaldarsi e costruire le torce.
Il fuoco serviva agli uomini per cucinare la carne e per farla diventare più saporita.
Unico problema era che il fuoco non doveva mai spegnersi perché l'uomo non sapeva ancora come fare per accenderlo. Per questo motivo c'erano degli incaricati che dovevano controllare che il fuoco rimanesse acceso.
Questa era un incarico importante perchè la vita del gruppo dipendeva da loro.
Col passare del tempo gli uomini impararono ad accendere il fuoco: l’uomo preistorico riusciva ad accendere il fuoco in due modi. Prendeva due sassi molto duri, la marcasite e la selce, oppure la pietra focaia. Le batteva l’una contro l’altra e produceva delle piccole scintille che faceva cadere sul fungo dell'esca. Avvicinava poi della paglia o del fieno secco e il tutto prendeva fuoco. Un altro modo per accendere il fuoco consisteva nel far girare velocemente un bastoncino su un altro pezzo di legno. Questi si riscaldavano al punto da prendere fuoco.
C’è quindi la cultura del fuoco nel senso che ci sono dei comportamenti delle persone umane rispetto al fuoco che vengono appresi, condivisi e trasmessi.
Quante volte abbiamo sentito parlare degli incontri vicino al caminetto? Con questo si vuole intendere che le persone si sono incontrate intorno al fuoco che diviene luogo di confronto di idee ma anche il luogo in cui si mette in comune tutto integrando le idee facendo divenire quindi il focolare il luogo in cui si costruisce l’identità culturale del gruppo. Il fuoco contiene memorie stabili degli eventi personali e decisivi di cui tutti abbiamo fatto esperienza.
Il fuoco è l’archetipo che per interi millenni ha rappresentato, e ancora oggi rappresenta, un elemento, un momento attorno al quale l’uomo si riunisce insieme ai suoi cari per scaldarsi e per relazionarsi tra sé e sé e con i suoi simili. Il fuoco è si rosso, è si calore, ma è anche passione; il fuoco ha il linguaggio della festosità e dell’energia, ed è in questa “simbologia” che ogni cultura vi racchiude le sue paure, le sue gioie e le sue ritualità.
Il Salento è considerata metaforicamente terra di fuoco e, alchemicamente, “crogiuolo”, in quanto “terra di mezzo” tra occidente e oriente. È la terra, come la definisce Ernesto De Martino, del Rimorso.
Fra tutti gli elementi, il fuoco, è l’unico che incarna in maniera evidente due opposti valori: il bene e il male. Splende nel paradiso e arde nell’inferno. Può contraddire se stesso e pertanto è uno dei principi universali.
Il passaggio attraverso il fuoco è simbolo di resurrezione nell'antica Grecia, non solo per contatto diretto, ma anche per contatto indiretto (il calderone d'acqua bollente di Pelope e delle sue figlie).
La nascita mitologica di alcuni personaggi romani, in particolar modo Romolo, Servio Tullio, e Ceculo, i quali secondo le fonti più antiche nascono dall'unione di un fallo del focolare e di una vergine (inizialmente di una schiava-vergine), in seguito il fuoco “diventerà” la rappresentazione di Marte, Vulcano secondo alcuni i Lari, mentre la schiava vergine in alcuni casi sarà definita in realtà come una vestale.
Quindi in questi casi ci troviamo di fronte al FUOCO come elemento generatore nel modo romano.
Allo stesso modo ricordiamo l'importanza del fuoco come elemento purificatore, legato al culto delle Vestali e come tutti sanno della verginità.
Nel mondo indiano il simbolismo assiale (per traslazione quindi fallico) del fuoco si traduce nella figura del dio agni (che poi è la stessa radice della parola latina per fuoco), rappresentato come una colonna di fuoco. il fuoco inoltre è centrale in tutti i riti poiché agni è anche messaggero degli dei.
La funzione purificatrice anche è attestata nei roghi funebri ma forse per analogia: volatilità e salita verso l’alto.
Faccio una proposta in considerazione di quanto ho scritto e per tornare a stare insieme (perché insieme è da tempo che non stiamo più). Un falò in ogni paese, fare della provincia di Lecce la terra dei cento falò, per tornare a condividere e per trovare ancora una volta il modo di ritrovarci tutti intorno al fuoco.
Preti e parroci possono organizzare una grande fòcara, far passare per le vie del paese una bella macchina con le trombe per gli annunci e da una settimana prima chiedere legna per il fuoco come facevo io da ragazzo passando da porta in porta chiedendo un po’ di legna per il falò.
Facciamo un fuoco, un fuoco per illuminare la curiosità accendere le emozioni e scaldare i cuori.


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