lunedì 6 ottobre 2008

Salvare dalla motosega l’albero del popolo


Salvare dalla motosega l’albero del popolo
Salvare dalla motosega l’albero del popolo
di Antonio Bruno

Quella che segue è la sintesi della relazione tecnica che mi è stata commissionata per un problema di danni provocato da radici di pioppo
sulla pavimentazione d’asfalto. Sono stato interpellato per dare una consulenza per sapere come intervenire onde mitigare i danni delle radici di alcuni pioppi nel recinto di una vasca di accumulo di un impianto irriguo collettivo in agro di Cutrofiano in Provincia di Lecce.
Gli alberi sono stati trapiantati nel 1990 e quindi hanno un’età di circa 18 anni.
Il recinto è stato pavimentato con l’asfalto che risulta danneggiato dalle radici degli alberi.
E’ noto le radici delle piante spuntano dall'asfalto quando trovano una barriera insormontabile verso il basso. In questi casi, basterebbe scavare sotto agli alberi e mettere la sabbia al posto del materiale duro preesistente, per evitare che le radici si espandano in alto.
Il nome di pioppo o, appunto populus, deriva dagli antichi romani che chiamavano questa pianta arbor populi (albero del popolo); secondo una leggenda, tuttavia, il suo nome potrebbe anche derivare - sempre secondo gli antichi romani - dal rumore che la sua folta chioma produce col soffiare del vento, molto simile al brusio del popolo riunito in una piazza.
Vi sono alcune varietà di pioppi che hanno radici lunghe ben 15 metri. In genere lo sviluppo delle radici del pioppo è, non solo molto rapido, ma abbondante. E' questa un'altra ragione per cui i pioppi vengono piantati in genere lungo i canali, allo scopo di impedire il franamento delle sponde.
Il pioppo, infatti, ha la tendenza a spingere le sue radici lontano, dalle radici si sviluppano i polloni che talvolta originano nuove piante.
Vi sono altre vie alternative e non così radicali per la sistemazione del piano pavimentato in asfalto sotto i pioppi. Le soluzioni hanno tutte come principio-base, quello di migliorare le caratteristiche del terreno, areandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici.
Proprio in funzione Si può ovviare all’inconveniente “mediante la rimozione della pavimentazione in asfalto e la sua sostituzione, previa creazione di uno strato isolante costituito da sabbia e pietrisco, che può ovviare al problema del sollevamento del manto stradale da parte delle radici degli alberi. Si tratta, in sostanza, di creare uno strato “ostile” alla crescita radicale che, in questo caso, avviene negli strati più profondi del terreno e non interferisce col manto d’asfalto”.
Le radici degli alberi riescono a insinuarsi ovunque: emergono dal terreno spaccando l'asfalto e aggirano sassi e altre radici che incontrano durante la crescita. Ma appunto aggirano gli ostacoli che
incontrano. Se noi mettiamo un ostacolo come detto nello strato superficiale del terreno, le radici aggirano l’ostacolo sviluppandosi nel sottosuolo. Tale suggerimento deriva da uno studio condotto dal John Innes Centre, un istituto di ricerca inglese specializzato in botanica e microbiologia, ha mostrato che questa capacità è permessa da un sistema di "navigazione" basato su una particolare peluria di cui tutte le radici sono ricoperte. Questa peluria agisce come le vibrisse (baffi) dei gatti: "sente" gli ostacoli lungo il percorso di sviluppo alla ricerca di nutrimenti. Quando incontra una roccia, un sasso o un altro ostacolo, come ad esempio le fondamenta di una casa, la peluria lo percepisce grazie a un sistema chimico decisamente evoluto: sulla punta di ogni "pelo" è collocata infatti una proteina (Rhd2) coinvolta nella produzione delle sostanze che stimolano l'assorbimento di calcio proveniente dal terreno, indispensabile per la crescita della pianta. Il calcio mette in funzione la Rhd2, generando così un "circolo virtuoso" che si interrompe solo quando i peli incontrano qualcosa che ne blocca l'assorbimento. È a quel punto che, per riprendere il normale ciclo, la radice cambia direzione aggirando l'ostacolo come quei grossi alberi ai lati delle strade che sembrano soffocati dall’ asfalto e invece riescono a sviluppare le radici da cui traggono nutrimento fino al punto di incrinare, crepare e spaccare il cemento.
La soluzione del problema “asfalto” è risolvibile con la motosega, si tratta di tagliare gli alberi e asportare le radici.
Mi sono indirizzato verso tale soluzione in funzione della salvaguardia di alberi che hanno quasi vent’anni e ricordando quanto scrisse Pietro Citati in un suo articolo su Repubblica di qualche tempo fa, dal titolo emblematico “Requiem per gli alberi in città”, nel quale, ricordando gli straordinari esempi di viali alberati che “proteggevano d’ombra il passo dei viandanti”, annota “l’immensa idiozia degli urbanisti e dei Comuni degli anni Cinquanta e Sessanta” con la sistematica distruzione degli alberi in città e la sconsolata visione di come “i grandi viali verdi, che erano stati l’orgoglio dell’urbanistica ottocentesca, sono ormai le pallide ombre scheletriche di se stessi


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