mercoledì 1 ottobre 2008

Monsignor Gino Scardino racconta la Madonna del carro


Monsignor Gino Scardino racconta la Madonna del carro
di Antonio Bruno

L’altra sera sono andato per la presentazione dell’anno catechistico alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Io ero al Consiglio Comunale di cui spero di potervi riferire appena avrò il verbale poiché non avevo la carta per prendere appunti e appunto per la circostanza di non poter essere stato presente in quanto impegnato con questa celebrazione.
Monsignor Gino Scardino, a cui rinnovo gli auguri per la sua elevazione a tale importante incarico, dopo vari inviti a significare che loro, in un ora il sabato, potevano fare pochissimo e che l’educazione spirituale dei figli è compito dei papà e delle mamme , ha presentato la bellissima Statua lignea (brutta parola che significa di legno) del famosissimo artista napoletano Nicola Fumo.
Tale opera del seicento il nostro Monsignore Gino Scardino ci ha raccontato sia stata commissionata da un sancesariano che aveva ricevuto un miracolo.
Nei pressi del largo che si apre in Via Cipolla all’imbocco con Via Duomo pare ci fosse una piccola chiesa detta “DELLA CANDELORA” che oggi non c’è più e di cui si sonio perse le tracce perchpè sono andato sul posto e nessuno ricorda l’esistenza di questa chiesetta.
Insomma in quel largo un uomo cadde dal carretto e le ruote gli passarono sopra ma rimanne miracolosamente illeso.
Per la grazia ricevuta commissionò all’artista Napoletano Nicola Fumo la statua della Madonna del Carro che possiamo ammirare nella chiesa madre rifatta nell’ottocento.
La statua ora è accanto alla porta d’ingresso della sagrestia e ieri mattina sono andato per ammirarla da vicino.
La bellezza del viso della Madonna è sconvolgente così come appare espressivo il bambino che benedice. Inoltre da quella posizione sono ammirabili tutti i più piccoli particolari che sino ad oggi non avevo potuto gustare.
Quindi tutti alla Chiesa Madre Santa Maria delle Grazie per non perdere questa occasione.

La scultura in Puglia fra Sei e Settecento La sua posizione strategica, a cavallo tra Oriente e Occidente, e la sua vocazione mercantile hanno reso la Puglia crocevia di culture nel cuore del Mediterraneo. Fin dal Medioevo, e poi durante tutto il Cinquecento e per buona parte del Seicento, le culture che più di tutte hanno influenzato i processi culturali e artistici pugliesi provenivano essenzialmente da oriente: dalla Dalmazia, dalla Grecia bizantina e soprattutto da Venezia. I mercanti veneziani erano intermediari e protagonisti di intensi flussi commerciali che coinvolgevano l’Adriatico intero, in Puglia avevano ricevuto concessioni e privilegi. Inoltre, salito al trono del Regno di Napoli nel 1442, Alfonso di Aragona considerò il versante orientale del suo impero una frontiera da lasciare alla mercè navale della Serenissima. Da una parte, questo processo favorì l’emergere di Napoli come capitale, ma legittimò, anche, il radicarsi dell’influenza veneziana sulle coste adriatiche. Numerose testimonianze di arte veneta nella nostra regione (soprattutto in Terra di Bari) attestano l’intensità di questi rapporti. Oltre alle merci venivano infatti importati dalla Serenissima sculture, pale d’altare e dipinti, ma anche artisti. Sono presenti, tra gli altri, dipinti di Tintoretto, di Paolo Veronese e soprattutto di Palma il Giovane. La presenza napoletana in Puglia si fece preponderante dopo il 1529, in seguito alla definitiva vittoria degli Spagnoli sui Francesi, quando il Regno di Napoli divenne Viceregno della corona iberica. Il consolidarsi del dominio spagnolo comportò la progressiva diffusione in tutta la regione della cultura artistica napoletana.Dopo la vivace stagione rinascimentale, la scultura monumentale in marmo languiva, se De Dominici potè affermare che “pensò Cosimo [Fanzago] di venirsene a Napoli, dove erano più rari i Scultori di marmo, dapoichè dopo il secolo quinto decimo, a poco a poco erano mancati gli Artefici col mancar l’uso di lavorare i marmi…” . De Dominici, attribuiva al disinteresse della committenza, ora per lo più di origine spagnola, lo scarso successo della scultura in marmo, che nella cultura iberica era soppiantata da altre forme d’arte. La nuova classe dirigente aveva inoltre importato a Napoli un gusto artistico con una marcata componente espressionistica, che orientò la produzione figurativa del Seicento su caratteri di forte patetismo.Tuttavia vanno menzionati gli esempi del già citato Cosimo Fanzago e di Giuliano Finelli, esponenti della scultura in marmo monumentale sulla scia della lezione di Pietro Bernini. Il primo fu l’artefice delle statue di quattro profeti: Isaia e Geremia per la Chiesa del Gesù Vecchio e Davide e Geremia per la Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, definiti “i capolavori del periodo centrale più significativo della sua carriera” e di una Immacolata , oggi nel Seminario di Capodimonte , che rappresenta una fase più matura dello scultore, influenzato dall’incontro con Luca Giordano . Il secondo, formatosi nella bottega di Bernini a Roma, ben presto si trasferì a Napoli, dove gli fu assegnato l’incarico di eseguire per la cappella del Tesoro di San Gennaro un San Pietro e un San Paolo, dai quali si evince un certo aggiornamento sulla pittura coeva, in particolare quella del Ribera. Il lavoro più prestigioso di Finelli fu una serie di statue bronzee, raffiguranti i Santi Patroni, collocate nella cappella del Tesoro di San Gennaro. Esse rappresentano il risultato più grandioso della “scultura neoveneta” del Finelli .Nel corso del Seicento furono fiorenti a Napoli botteghe di scultori del legno, specializzate nella realizzazione di retabli in linea con la contemporanea cultura spagnola, ma anche di sculture reliquiario, destinate soprattutto alla committenza religiosa di ordini quali gesuiti, teatini, francescani e domenicani . Il già noto Domenico Di Nardo lavorò per il retablo situato nella cappella di San Francesco de Geronimo, nella Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli.
Castris)
Nella Chiesa di S. Francesco della Scarpa a Lecce, sono state presentate un centinaio di sculture in legno, pietra, argento e cartapesta provenienti da chiese, conventi, collezioni private del Salento su commissioni prestigiose,ma anche da Milano e Napoli, da Madrid e Siviglia. Un percorso espositivo costituito da opere scultoree prodotte a Napoli e da una significativa produzione di ambito salentino, che sviluppa anche un’arte autonoma dall’influsso del Viceregno. Gli studi e i
restauri proposti arricchiscono la conoscenza dell’arte napoletana del Sei e Settecento.
La prima sezione affronta la figura del gallipolino Vespasiano Genuino, che dalle tendenze
tardomanieristiche sfocia nel “naturalismo iberico, di scuola andalusa”.
Emergono busti reliquiario in legno e in argento, ispirati ai modelli classici elaborati dalle botteghe napoletane, tra cui quelle di Aniello Stellato e Giovan Battista Gallone (studi di P.L. Leone de Castris).Opere in pietra del panorama salentino del XVII secolo, eseguite da Giulio Cesare Penna e da Placido Buffelli. Il percorso si arricchisce di grandi statue, espressioni del Baroccomaturo, importate da Napoli alla fine del Seicento, eseguite da Nicola Fumo, Gaetano Catalano, Aniello Perrone,Vincenzo Ardia. Sculture di Giacomo Clombo, provenienti da Napoli e Madrid: l’artista di origini venete, realizzamodelli raffinati e policromi derivanti dall’influsso della produzione
artistica coeva dei grandimaestri napoletani. Lamostra presenta una sezione di busti e sculture in
argento, finemente cesellati da artefici napoletani, come Domenico Gigante,Giovan Battista d’Aula, Saverio Manzone, Sebastiano Ajello. Tra le eleganti creazioni, la scultura di “S.Comasia”, eseguita da Andrea de Blasio per la Chiesa di S.Martino aMartina Franca:“la resa scultorea conduce alle componenti della statuaria inmarmo napoletana,mentre il virtuosismo della decorazione a broccato delmanto si riferisce ai disegni tipici dei tessuti coevi”(A. Convenuto).
Promosso da: Fondazione CariPuglia, Provincia di Lecce- Museo Prov.le “S. Castromediano”, Soprintendenza









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