sabato 27 dicembre 2008

Presepe a San Cesario di Lecce emancipazione verso l’amore.

Presepe a San Cesario di Lecce emancipazione verso l’amore.
Presepe a San Cesario di Lecce emancipazione verso l’amore.
di Antonio Bruno

E allora li vediamo questi “Presepe” di San Cesario di Lecce? E’ stato il mio tormentone di ieri sera a mia figlia Sara e a sua cugina Chiara. Lo sapete cosa significa? E loro balbettano qualcosa. Poi ascoltano la soluzione alla mia curiosità di capire che cavolo significava la parola presepe che ha potuto sciogliere la tensione della loro curiosità che ho volutamente provocato: presèpe o presepio dal latino praesaepe, praesaepium, composto di PRAE che significa innanzi e SAEPES che significa chiuso, recinto (vedi anche SIEPE). Luogo che ha dinanzi un recinto e quindi Stalla e anche Greppia, Mangiatoia.
La Chiesa che me l’ha ricordato è stata quella dell’Immacolata passando vicino al Galateo che si chiamava Ospedale “G. Cascione” (che io ricordo retto da Gino Liaci prima, poi da Angelo Besozzi e infine dal sempre compianto Gino Monaco tutti anfitrioni di tanti artigiani e operai divenuti poi dipendenti ASL).
Ci sono entrato all’Immacolata e li c’era un bel presepe basso, le bambine l’hanno guardato dall’alto in basso, si sono sentite alte, finalmente alte davanti al recinto.
Scene care sotto quel piccolo arco di cielo. Ci sono i magi e i pastori.
Una donna prende il secchio pieno d’acqua dal pozzo e due altre lavano i panni usando “lu llavaturu” che da piccolo accarezzavo perché i panni venivano strofinati su quel legno reso liscio dal sapone di Marsiglia.
In alto a destra c’è un legionario romano che appare sperduto in quel clima pastorale. Poi noto che ad uno zampognaro gigante si affiancano due piccoli pastorelli.
E’ proprio quel presepe che ognuno di noi ha visto nelle case quarant’anni fa quando io ero piccolino!
Le montagne ricavate dai ceppi di vite (erano usati come legna oggi quasi scomparsi perchè hanno sradicato quasi tutti i vigneti del Salento e di ceppi adesso ce ne sono pochi), la carta d’imballaggio immersa nell’acqua e farina da cui ricavare il territorio del presepe, il muschio raccolto dalla parte esposta a nord dei ceppi d’olivo o dalle terrazze (le logge) delle case.
A mò di cornice le serie di lampadine che colorano di luce il tutto e quel clima di casa che scalda il cuore in questo Natale che ognuno deve prendere perché sta passando e, una volta passato, con lui sparisce anche questa occasione unica che ognuno di noi può utilizzare per la sua crescita, la sua evoluzione, la sua emancipazione verso l’amore.
Io mia moglie con mia figlia Sara e sua cugina Chiara ecco che siamo diretti in macchina per affrontare la versione del Ponte dei Sospiri di San Cesario di Lecce che permette il collegamento tra gli edifici di ASL e Ospedale Galateo per poi percorrere Via Puglia per intero immettendoci in Via Abruzzi per confluire in Via Umbria e da qui all’incrocio a destra percorrendo Via Vittorio Emanuele III sino a Piazza Garibaldi per poi percorrere Via Manno e attraversare Piazza XX Settembre per imboccare poi Via Umberto I sino all’incrocio con Via Leone dove rimane la Chiesa dell’Addolorata più nota come Santa Rita.
Ci accoglie l’Architetto Nadia Letizia che ha progettato il Presepe che mi appare davanti. Dice che il presepe è ispirato a un quadro del Giorgione
(Natività allendale, cm. 111, National Gallery of Washington Giorgione – pseudonimo di Giorgio o Zorzi da Castelfranco - Castelfranco Veneto, 1478 – Venezia, 1510 - è stato un pittore italiano. N.d.R.) ed è una natività di giorno infatti non ci sono luci è illuminato soltanto dall’alto perché è una natività di giorno. Chi ha curato poi la parte paesaggistica è stato Vito Antonio Margiotta mio antico compagno di scuola alle elementari oggi molto impegnato nel sociale nel nostro piccolo e sperduto paesello.
E’ stato bello entrare a Santa Rita ed è stato bello parlare con Nadia e Vito Antonio. Poi li ho incontrati ancora in giro per gli altri presepi.
Quando ho imboccato la Via delle Vie, quella che ha dato origine a tutto il resto e mi riferisco a Via Sant’Elia ecco che uno striscione mi ha accolto! C’è scritto Lu Presepe a Santu Lia!
Sono tutti fieri gli abitanti di questa gloriosa strada!
Hanno fatto del presepe un momento della riscoperta della loro identità. Qui c’è tutto il ciclo del giorno e della notte e ci sono i giochi d’acqua, ci sono tutti gli elementi del presepe tradizionale di San Cesario di Lecce riuniti in un'unica opera che è la Summa della tradizione del presepe del nostro paesello piccolo e sperduto nell’Universo.
Le bambine si sono perdute tra le luci e il buio e soprattutto hanno apposto la loro firma nel libro degli ospiti. Una forma che ci è stata richiesta dalla solerte “Lezzi” una delle sorelle che determinano l’identità della splendida stretta Via Sant’Elia.
Ma proprio in quella strada storica siamo venuti a conoscenza di un presepe che si affaccia per la prima volta nell’universo natalizio di San Cesario di Lecce, li sono venuto a conoscenza che in Via Dante Alighieri (da tutti chiamata Via Dante) c’è un presepe nella Chiesa di San Rocco.
Firmiamo sul libro degli ospiti e poi siamo andati tutti a San Rocco. Ad accoglierci il mio caro amico Franco Conte e uno dei ragazzi che fanno cabaret a San Cesario di Lecce che si chiamano SEMIFREDDI.
Ci hanno lavorato da ottobre ma vogliono cominciare da prima.
Ad Agosto c’è San Rocco e subito dopo loro vogliono mettersi a lavorare per il presepe. Una febbre, un profondo bisogno di esprimersi con questo mezzo che rappresenta la raffigurazione che gli autori si sono fatti dell’evento più importante della storia dell’umanità quello della venuta di un Dio che ha sottratto ognuno dalla condanna della violenza aprendo le porte della comunicazione tra il celeste e il terreno, tra il cielo e la terra.
Infine la Piazza che è stata intitolata a Garibaldi con la Chiesa costruita 150 anni fa e accanto all’entrata ecco una capanna con statue ad altezza d’uomo che annunciano in questo spazio, una volta luogo d’incontro e di scontro tra paesani e oramai rimasto deserto l’avvento della nuova era, l’era dell’amore quella che ha fatto balzare anche Barac Obama quando l’ha letta in Gioacchino da Fiore.
Il significato di queste opere, il loro messaggio, risuona nonostante l’inconsapevolezza che regna ancora, il grido di speranza spezza le sonnacchiose vite che vorrebbero tutto intatto e immutabile, la paura dell’altro e il terrore di vedersi espropriati delle ricchezze faticosamente accumulate nella speranza assurda di conquistarsi l’eternità attraverso l’accumulo di danaro sono messe a dura prova dalla vendita di piatti decorati nella Chiesa di San Rocco, solo 5 euro per il Senegal. Pochi soldi, qualche rinuncia per ricordare che non ci siamo solo noi su questa Terra, che ci sono anche molti altri che hanno fame come quei miserabili che circondavano Gesù e scandalizzavano gli Ebrei.
Che finale no? Partire dalla fatica di tanti paesani del nostro piccolo Comune esprimere la loro voglia di esprimersi che vorrebbe impegnarsi per tutto l’anno per poi rovinare con la solita storia dei palestinesi e degli arabi, oltre che dei cinesi e africani che muoiono di fame, che non hanno acqua.
Ma tu che mi stai leggendo smetti! Non leggere più e tieniti solo le immagini dei bei presepi delle mille chiese della nostra San Cesario di Lecce (mille chiese per 3 preti soli!).
Lascia perdere tutto il resto! Lascia perdere quelle persone venute da lontano che vivono in Via Dante, Via Leone e Via Verdi, non guardarli nemmeno, sono invisibili vero?
Lascia perdere che costoro hanno lo stesso colore della pelle del Presidente degli Stati Uniti d’America. Lascia perdere che hanno dovuto affrontare un lungo viaggio per avere una speranza per i loro figli. Lascia perdere e continua a organizzare le tue cose come nulla fosse. Lascia tutto com’è e divertiti lo dice anche una canzone “A Natale puoi!”.





















Nessun commento: