venerdì 22 maggio 2009

La Cecenia Oggi: hanno ragione tutti sino al punto di sopprimere la vita dell’altro.





























La Cecenia Oggi: hanno ragione tutti sino al punto di sopprimere la vita dell’altro.
di Antonio Bruno

Il 22 maggio 2009 alle 19, la Biblioteca Provinciale "N. Bernardini" (presso l’ex Convitto Palmieri) di Lecce ha ospitato il dibattito La Cecenia oggi: diritti umani e libertà di espressione - Francesca Gori incontra Majnat Abdulaeva.Ha Coordinato l’incontro Alizia Romanovic, Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università del Salento.
Stavo andando al Rettorato per ascoltare una conferenza che non ho più potuto ascoltare perché sono arrivato in ritardo quando due ragazzi e una ragazza mi chiedono della Biblioteca Bernardini perché erano venuti da Cisternino per sentire parlare della Cecenia. Uno di loro fa su e giù dall’Irlanda e si chiama Nino Tropiano, mi dice che fa l’emigrante da tempo e si divide anche in Italia tra Cisternino e Monopoli. Con lui la biondissima Vittoria Fiumi anche lei con una residenza alle spalle in Inghilterra e Irlanda ma ache oggi si divide tra Bologna e Roma e infine Martin Baihman di Zurigo che spera tra due mesi di parlare in italiano ma che adesso parla solo inglese e tedesco.
Nell’incontro siamo seduti tutti e quattro a cui si aggiunge Giovanni Giangrande , ma soprattutto familiarizzo con Nino, Vittoria e Martin i tre ragazzi che arrivano da lontano per assistere a questo dibattito, tre ragazzi venuti per ascoltare Majnat Abdulaeva che è una giornalista cecena che ha vissuto e raccontato gli orrori della guerra. Durante la prima guerra cecena è stata testimone oculare dei massacri e dei rastrellamenti condotti dalle truppe russe nel suo villaggio natale, Šamaski, che hanno coinvolto anche alcuni dei suoi familiari più stretti; fra le due guerre ha lavorato come caporedattore per il canale televisivo nazionale della Repubblica Cecena di Ičkerija. All'inizio della seconda guerra cecena ha deciso di rimanere nella Groznyj assediata per poter documentare la guerra lavorando per il quotidiano moscovita «Novaja Gazeta» e per Radio Svoboda (Radio Liberty).
Nonostante le pressioni indirizzate a lei e alla sua famiglia affinché cessasse l'attività giornalistica, ha proseguito il suo lavoro come corrispondente dalla Cecenia fino all'agosto del 2004 quando, dopo reiterate minacce, è riuscita con l'aiuto di alcuni amici giornalisti ad abbandonare la Cecenia. Si è stabilita in Germania, dove per tre anni ha beneficiato dei sussidi del Centro Pen, che fornisce supporto, anche economico a scrittori e giornalisti perseguitati. Nel 2003 è stata finalista del premio Andrej Sacharov «Per il giornalismo come azione» per i suoi reportage da Groznyj.
Detto questo inizio dalla fine quando sommessamente ho detto che questa della Cecenia è una brutta storia. La prima traccia della presenza di soldati russi in territorio ceceno si ha nel 1577 quando i cosacchi si stabilirono nella regione del Terek. Parte dell'impero russo dal 1783, anche se con periodiche ribellioni (Imamato del Caucaso), Cecenia ed Inguscezia furono inglobate nella Repubblica Autonoma Socialista Sovietica Ceceno-Inguscia alla nascita dell'Unione Sovietica. Durante la Seconda guerra mondiale, i ceceni insorsero contro i russi e si allearono con i tedeschi, ma una volta che l'Armata Rossa ebbe ricacciato le truppe nemiche, Stalin ordinò una durissima punizione. Il 23 febbraio 1944 con l'Operazione Lentil in una sola notte un milione di cittadini ceceni vennero deportati dal governo centrale sovietico nella repubblica sovietica del Kazakhstan. Fu loro concesso di ritornare alla loro regione d'origine solo nel 1957.
Ora Majnat Abdulaeva racconta che anche lei che non è stata deportata quando ne parla dice “Quando siamo stati deportati” insomma la questione non si ferma, il dolore è ancora forte e si ripropone con questo modo di essere comunque partecipi anche se non si era presenti.
Ascoltavo Majnat Abdulaeva parlare delle “pretese russe” ci raccontava che nel Caucaso, in Cecenia qualsiasi avvenimento ha a che fare con il dolore e la sofferenza e quindi chi vuole raccontare questi paesi fa la cronaca di una guerra. Un guerra tra Cececina e Russa che pè una costante da 400 anni, che è più o meno intensa ma che è una costante.
Il padre di Majnat Abdulaeva era stato dichiarato nemico del popolo e trascinato in un Lager, un campo di concentramento, i suoi fratelli giovani sono stati dichiarati nemici del popolo. Lo zio fratello della madre prima eroe della II guerra mondiale e poi anche lui nemico del popolo sbattuto nel Lager.
Majnat Abdulaeva afferma che la Cecenia è l’arma dell’Occidente contro la Russia che quando deve essere ridimensionata viene accusata di crimini contro la Cecenia. Ma non c’è alcun aiuto concreto per questo popolo. Majnat Abdulaeva chiede Asili, Scuole e Ospedali per il suo paese, chiede che noi presenti facciamo veder un aiuto tangibile.
Majnat Abdulaeva ci racconta della paura di far ricorso alla Corte Europea di Strasburgo ma riferisce di un inizio di ricorsi presentati. La Cecenia è abitat da un popolo che ha il Clan come struttura antropologica (nel linguaggio antropologico il clan è un gruppo di persone unite da parentela, definita dalla discendenza riconosciuta da un antenato comune capostipite) e in queste strutture si rinnova la memoria della deportazione.
Poi Majnat Abdulaeva ci racconta del tragico assalto dei terroristi ceceni al teatro di Mosca "Dubrovka" che avvenne il 22 ottobre del 2002. Secondo le versioni ufficiali morirono 129 persone. Dice dei servizi segreti e delle provocazioni. Majnat Abdulaeva afferma che quelle donne non avevano scelta.
Io me ne sono restato in silenzio. Ho impresso nella mente il viso di Majnat Abdulaeva, il suo dolore. Non si può parlare del dolore delle persone.
Solo una annotazione finale. All’uscita due persone dicono la loro sull’evento. Uno afferma che questi popoli piccoli hanno bisogno del clamore e per questo è come se avessero necessità di essere perseguitati per avere l’attenzione internazionale, un’altra persona invece afferma che ci sono i burattinai che manovrano persone inconsapevoli.
Ma ci sono persone umane che muoiono ogni giorno in nome di cosa? Finisco con le parole del Prof. Raffaele De Giorgi Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Salento pronunciate in una presentazione al rettorato per un’altra iniziativa:
“…. l’umanità nasconde solo la violenza e i diritti umani sono enormi abissi di vuotezze riempiti dal livello di civilizzazione. I diritti umani non rappresentano una garanzia ma è una costruzione degli uomini. Infatti rendiamo l’uomo libero per renderlo imputabile, proprietario per applicare il diritto di proprietà. Sano di mente per poter dichiararlo pazzo. Il problema centrale è l’idea dell’uomo, l’idea dell’altro. Il problema è la questione del senso del senso.
(omissis) ………Capovolgiamo e osserviamo dallo schermo che ci da l’immagine tridimensionale di noi che ci relazioniamo con la realtà.
Le mode, quelle di dire che bisogna fare sistema, qualunque sia il discorso immediatamente qualcuno afferma che si, va bene, ma bisogna fare sistema. Cosa che puntualmente non fa nessuno. Mode! Come quella della riunione di politici e della seguente dichiarazione che dopo una riunione di 7 ore si era arrivati alla conclusione che Ognuno doveva prendersi la sua responsabilità. Come se ci fosse qualcuno disponibile a prendersela! Balle! Mode!
Guardiamoci, osserviamoci immersi in questo mondo e se lo facciamo con una certa regolarità ecco che il concetto di identità, cittadinanza e diversità ci apparirà per quello che è, ovvero parole prive di significato e quindi di senso…..”
Ma di tutto questo quell’uomo con la barba e quella donna non hanno sentore, non ne sanno nulla, non penso ne abbiano nemmeno sentito mai parlare. Se Majnat Abdulaeva potesse osservarsi mentre si relaziona con i Russi, con Putin e se Putin potesse osservarsi mentre si relaziona con i Ceceni!
Dovevo proprio scappare, Giovanni doveva parlarmi, Stefano doveva dirmi qualcosa ma sull’uscio della porta Vittoria Fiumi mi dice che è un’antropologa che ci sono dinamiche e io le dico che le sue dinamiche piaggiano nella ricerca di un CAPRO ESPIATORIO che viene ammazzato per placare la violenza che rischia di distruggere l’organizzazione antropologica artificiale chiamata Società Civile che produce i Russi e i Ceceni che a sentir loro hanno ragione, tutti sino al punto di sopprimere la vita dell’altro.
Meglio avere torto e poter vivere ognuno nel territorio che si è scelto.

Nessun commento: