martedì 30 settembre 2008

Grazie a Gad Lerner e Grazie al Parlamentare Europeo Mario Borghezio


Grazie a Gad Lerner e Grazie al Parlamentare Europeo Mario Borghezio
Mario Borghezio è deputato del Parlamento europeo, di cui è membro dal 2001 e al quale è stato rieletto nel 2004 per la lista della Lega Nord nella circoscrizione Nord-Ovest, ricevendo 35.000 preferenze. Se volete sapere ciò che c’è da sapere su questo parlamentare basta cliccare http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Borghezio
Non ho potuto seguire la trasmissione di ieri ma ho letto gli interventi del Parlamentare Europeo Mario Borghezio. E’interessante la progressione della partecipazione al Blog per tentare di capire quali sono le emozioni che spingono alla intolleranza.Eccolo all’esordio con lo slogan che è il manifesto che informa l’azione del Parlamentare Europeo Mario Borghezio: “Europa Cristiana mai Musulmana! tolleranza zero e nessun dialogo con gli Islamofascisti , fuori il nazismo verde dall’Europa , chiudere tutte le moschee ora!”Uno slogan che individua nell’uomo e nella donna venuti da lontano degli INVASORI, degli aggressori. La PAURA di essere INVASI ha una grande presa nell’emotività quindi non si può ristrutturare un emozione forte quale la PAURA con le argomentazioni razionali. C’è bisogno che un’emozione positiva come l’amicizia, la conoscenza , lo scambio delle esperienze faccia tranquillizzare le persone in maniera che non abbiano più paura, sentimento CHE VIENE RAPPRESENTATO dal Parlamentare Europeo Mario Borghezio. In un altro intervento con una serie di parole che hanno la finalità di allontanare l’uomo e la donna venuto da paesi lontani che viene definito pericoloso ricorrendo prima alla maniera di vestire e poi ad alcune correnti ideologiche per finire nelle pratiche religiose diverse da chi pratica in Italia.“Fuori l’Islam dall’Europavia i burquavia i velivia gli imamvia gli integralistivia le moscheel’Europa è un continente civile e moderno , non c’è posto per certa gentevia le infibulazioni via i terroristivia le circoncizionivia i puzzoni!!!”In un altro intervento il Parlamentare Europeo Mario Borghezio ricorre ancora alla PAURA generata dalla minaccia di perdere la propria identità sino a chiedrsi come mai ciò non sia compreso.“purtroppo (o per fortuna) Brecht non viveva sotto la minaccia dell’islamizzazionee oggi in quei panni siamo noi , noi Europei siamo come gli ebrei negli anni ‘30 , minacciati e ghettizzati dall’invasione islamica.MA COME FATE A NON CAPIRLO???”La necessità di mettere in contatto le persone venute da lontano con noi italiani è dimostrata dalla sfida che il Parlamentare Europeo Mario Borghezio lancia a Gad Lerner:“Gad Lerner ho visto che sei on line , se hai le palle rispondi a questa domanda:PERCHE’ VUOI RIDURRE LA PADANIA L’ITALIA E L’EUROPA IN UN IMMENSO CESSO MULTIETNICO MULTIRAZZIALE ALIENATO E IN CONFLITTO SOCIALE CONTINUO??non ti piace la tranquillità e la serenità , vuoi davvero la guerra permanente di tutti contro tutti?ti piace?”La suggestione che ha presa sulle persone e che quindi le vede rappresentate dal Parlamentare Europeo Mario Borghezio è quella della PAURA DELLA NOVITA’, nessuno vuole la novità che viene vista come una discontinuità di un equilibrio esistente che spinge alla creazione di un nuovo equilibrio. Poi rivolgendosi a un’intervenuto nel Blog afferma:”tu parli di progresso e scambi culturali ma io vedo regresso , lavorativo , economico e culturale , e vedo degrado e alienazione fra la gioventù.e vedo una cultura maschia e forte prendere possesso del suolo europeo , come Colombo prese possesso del suolo americano.a me questo "progresso" come dici tu NON PIACE PER NIENTE!noi da questo "progresso" non abbiamo nulla da guadagnarci , solo da perdere.”Anche qui il Parlamentare Europeo Mario Borghezio interpreta sempre la PAURA dei Barbari che determinano povertà attraverso la conquista violenta, ancora PAURA che deriva dalla mancanza di conoscenza di queste persone venute da lontano.Sempre sulla falsa riga dell’invasione l’altra argomentazione che determina nel Parlamentare Europeo Mario Borghezio una capacità di rappresentare molte persone è quella che vede alcuni disponibili ad accogliere le persone venute da lontano ma a patto che non siano molte, che siano appunto poche, perché se sono troppe ecco che ritorna il pericolo dell’invasione. Infatti si può leggere:“ci sono stranieri e stranieri , meno sono e meglio è , più europei sono è meglio è , meno musulmani ci sono è meglio è.ma se ne portate a milioni e delle culture meno assimilabili , come i musulmani , allora ricordate , e si ricordi lei Lerner , che state preparando il terreno per il conflitto sociale.conflitto che hanno già sperimentato in Francia Olanda e Inghilterra , dove le comunità immigrate sono moooooolto più numerose che da noi”Alle obiezioni il Parlamentare Europeo Mario Borghezio oppone l’esperienza di altri paesi dove ci sono stati scontri violenti omettendo di significare se questi Paesi hanno operato in maniera da far conoscere le persone che ci vivevano con le persone venute da lontano attraverso occasioni di incontro e di scambio di esperienze e doni. Infatti affermando che l’armonia tra i popoli è solo UTOPIA e ascrivendo a se il dono della concretezza che evita i danni si legge:“mi pu; segnalare un paese europeo ove non si siano verificati negli ultimi anni conflitti>sociali giuridici delinquenziali fra immigrati musulmani e locali_ lei ha mai sentito nominare Theo Van Gogh?…non il pittore…ah l’utopia! ma bisogna essere concreti , specie se si fa il politico”Basta leggere il commiato seguente a riprova della consapevolezza del Parlamentare Europeo Mario Borghezio di rappresentare le preoccupazioni e le paure di sempre maggiori cittadini italiani:“Buonanotte Lerner , vado a nanna anche io , con la coscienza a posto di lavorare giorno dopo giorno per gli interessi della gente e la salvaguardia dell’Europa , anche se non sempre pare la gente comprenda questo ma vado anzi andiamo avanti perchè quelli che lo capiscono sono sempre di più.W la Padania e W l’Europa , cristiana mai musulmana.”Il Parlamentare Europeo Mario Borghezio prima di chiudere con gli interventi ha voluto sfatare anche la circostanza che vede le persone venute da lontano come lavoratori necessari al nostro paese poiché molti di noi residenti non vogliamo fare più alcuni lavori che fanno invece le persone venute da lontano ecco che il Parlamentare Europeo Mario Borghezio mette in dubbio, attraverso una notizia di cronaca, che le persone venute da lontano siano dei lavoratori, anzi attraverso l’accaduto generalizza affermando l’inutilità di queste persone venute da lontano:“Ah dimenticavo, avete sentito di quel tizio musulmano a Londra che si rifiuta di spostare gli alcoolici perchè a suo dire il Corano glielo impedirebbe??http://www.corriere.it/cronache/08_settembre_29/musulmano_alcolici_causa_389cb384-8e2b-11dd-9bec-00144f02aabc.shtmlche bella gente…i futuri "lavoratori" quelli che ci pagheranno le pensioni…sono fannulloni!come dice Brunetta , fannulloni autorizzati perchè musulmani.”Sempre prima di abbandonare il blog il Parlamentare Europeo Mario Borghezio promette la riscossa come se l’invasione fosse già avvenuta:“a Colonia entro 5 anni entro 5 anni ci tornermo si e da padroni. Padroni in casa nostra.”Ancora una rappresentazione della paura dell’invasione attraverso questa rappresentazione dei giovani che diverranno operai delle persone venute da lontano che saranno divenute padrone:“Abbasso il kebab w la cassoeulaandate a lavorare per i musulmani ragazzi , fra 10 anni dovrete lavorare per loro , loro pregheranno invece di lavorare e voi vi farete un mazzo tanto , che gioventù debosciata-“Quando qualcuno obietta con la storia il Parlamentare Europeo Mario Borghezio ricorre ancora all’argomentazione che spetta a lui essere concreto per impedire a noi ingenui di farci mettere nel sacco:“voi avete troppo la testa sui libri di storia , andalucia , cordova , la sicilia , ma tornate alla realtà di tutti i giorni , facendo arrivare i musulmani state aprendo le porte al conflitto.”Quando le obiezioni circa il rispetto culturale divengono troppe il Parlamentare Europeo Mario Borghezio ricorre all’incubo della PEDOFILIA con la generalizzazione che ne consegue:“e meno male che Maometto è morto altrimenti oggi i musulmani riuscirebbero a far passare come "culturale" la pedofilia e i matrimoni fra uomini di 40-50 anni e bambine.”E’ stato interessante leggere gli interventi del Parlamentare Europeo Mario Borghezio che rappresentano LE PREOCCUPAZIONI E LE PAURE di alcuni italiani nei confronti delle persone venute da lontano a vivere ne nostro Paese per riproporre con maggior forza a determinazione la necessità di tutte le agenzie educative di farsi promotrici di incontri di conoscenza tra gli italiani e le persone venute da lontano venute a vivere nel nostro paese.Grazie a Gad Lerner e Grazie al Parlamentare Europeo Mario Borghezio per il contributo che mi hanno dato per comprendere quello che accade e cosa dovrò fare


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lunedì 29 settembre 2008

Cacciatori di “moniceddrhi” (Helix aperta)


Cacciatori di “moniceddrhi” (Helix aperta)
di Antonio Bruno

Nel mio paese, a San Cesario di Lecce, quando si comprava la carne, il macellaio la
metteva nel cartoccio, nel tragitto dalla macelleria a casa si faceva in modo di non farsi vedere, perché 50 anni fa, la carne, se la potevano permettere pochi e, quando andava bene, solo una volta la settimana.
Siccome la quantità era scarsa per una famiglia numerosa (bocche da sfamare che oggi appaiono solo vaghi ricordi) si aggiungeva alla poca carne una gran quantità di pane rimasto e indurito che dopo essere bagnato si miscelava con uova e formaggio. Con questo stratagemma da ¼ di chilo di carne si otteneva un chilo di polpette.

Dialetto leccese Traduzione

Na ndore te purpette se sentìa Si sentiva un odore di polpette
ca veramente a nterra te menaa! ... che ti faceva svenire

(Capitan Black ovvero Giuseppe De Dominicis, nato a Cavallino l'11 settembre 1869 e morto il 15 maggio 1905)

Poca carne e quindi ci si doveva organizzare! Con l’arrivo dell’autunno a tutti gli effetti, dopo l'acquazzone che bagna le strade e rinfresca un po' i nostri pensieri ecco che si comincia anche a pensare all’organizzazione della caccia. Organizzazione in quell’autunno che quando arriva ti fa dire “Forse la pioggia ci voleva!”.

E come per le donne, che per farle uscire dalla difensiva, basta accarezzare la loro Vanità e che dopo di ciò ti sorridono e appaiono davanti a te inaspettate, allo stesso modo accade che dopo la pioggia appaiano inaspettati “li moniceddhri” “comu li moniceddhri dopu ca ha cchiu-utu” (dialetto leccese) “Come le chiocciole o lumache dopo la pioggia! (Traduzione).
In natura esistono diverse varietà: quella che noi chiamiamo lumaca è la chiocciola, la vera lumaca non ha conchiglia e si nutrono prevalentemente di vegetali quali finocchi, carciofo, cavolo girasole, rape, bietole.
Quelle che noi comunemente chiamiamo antenne , sono gli occhi delle chiocciole, con i quali loro vedono.
Ma qui viene il bello! La chiocciola è ermafrodita cioè ha sia l’organo riproduttore mascile e uno femminile. Come dici? Che fa tutto da sola senza bisogno di corteggiare? Invece no! Si accoppia e l’organo maschile dell’una va in quello femminile dell’altra e così per l’altra chiocciola! Doppio amplesso, doppio godimento!
In un anno la lumaca può accoppiarsi da una a due volte all’anno e può deporre dalle 40 alle 80 uova per ogni accoppiamento.
Sin dalla preistoria si sono mangiati “li moniceddhri” (Helix aperta), l’uomo è stato prima di tutto raccoglitore e l’autore Livio Cerini di Castagnate afferma: «gli uomini han sempre mangiato le lumache, che tra l'altro erano più facili da catturare di un mammouth o anche di un semplice coniglio selvatico».
Infatti si sono ritrovate caverne piene di gusci pultissimi. Mosè nella Bibbia considera “li moniceddhri” (Helix aperta) un piatto impuro. Ne erano ghiottissimi i Greci e i Romani le mangiavano come testimonia .il “De Re Coquinaria” di Apicio. Plinio il Giovane nella sua “Naturalis Historia” dice che erano allevate e nel 49 a.C. un certo Fulvio Lappino importava chiocciole da tutte le parti del mondo allora conosciuto.
Nell’Alto Medioevo le lumache sostituivano le carni nei periodi di penitenza e così monaci e suore le allevavano negli orti dei loro conventi.
Nella sua “Enciclopedia” (1765) Diderot riferisce che «solo i contadini mangiano le lumache negli stufati e nelle minestre».
Fu a partire dal 22 maggio 1814, che grazie ad una scommessa nel corso di un banchetto regale il principe de Tayllerand, che aveva a servizio il cuoco Anacraonte che conosceva venti diversi modi di preparare “li moniceddhri” (Helix aperta), ne offrì allo zar Alessandro I.
E nel 1870 J.-P.-A. de la Porte poteva scrivere (“Hygièn de la table”) che «[...] La lumaca fa la felicità di un gran numero di buongustai nelle stagioni d'autunno e inverno. [...]».
Eccolo lu PETRUZZU che sarebbe mio nonno Pietro che sente il rumore della pioggia sui vetri e nella “Curte” (corte) e dopo un po’ l’acqua che scroscia dal tubo che proviene dalla terrazza. Prima impercettibile e poi, con il venire giù sempre più intenso, sempre più forte e violenta.
E mio nonno nel letto che segue quel rumore del cadere, dopo tanto tempo. Mio nonno che percepisce il calore inconsueto che viene dalla terra mentre piove e che guarda questa realtà sotto la pioggia.
E se a me la pioggia fa pensare ai disastri che può portare, ai disastri che crea quando manca, al fatto che a volte ti metti sotto la pioggia ed è come se ti lavasse via ogni pensiero regalandoti attimi di assoluta libertà per mio nonno invece l’arrivo della pioggia autunnale era davvero una magia, si alzava, prendeva gli stivali e la cappa incerata e partiva per la caccia.
La caccia con la Pioggia? Si perché bisognava far presto, che a San Cesario di Lecce tutti sono cacciatori e partono! E se non si fa presto le prede le perdi, ma non perché scappano, ma perché sono gli altri arrivati prima di te che se le prendono.
E quando mio nonno giunge nei pressi del campo più vicino eccolo che insieme a decine di compaesani è con la capo china sul terreno. Come se si inchinassero tutti a una divinità ma che lo facessero camminando con la faccia protesa alla sottostante terra piena di vegetazione secca.
Che cosa cerca mio nonno? Cerca “Li moniceddrhi!” (Helix aperta).
E’ piccolo “lu moniceddrhu” (Helix aperta), ma è molto vorace. Appena sente l’umidità si scatena!
“lu moniceddrhu” (Helix aperta), è di carnagione giallognola, con la conchiglia di color verdastro quando è giovane e marrone quando è adulto.
“lu moniceddrhu” (Helix aperta), quando c’è troppo caldo oppure quando c’è troppo freddo si rifugia sottoterra, ma lascia la parte più in alto della conchiglia appena affiorante.

Anche qualche giorno fa quando è arrivato l’autunno con la pioggia tutti abbiamo potuto oswsrvare le decine di persone che erano nei campi confinanti con la Tangenziale di Lecce, in bella vista stivali e busta di plastica. Ancora oggi con gli ipermercati stracolmi di carne proveniente da tutte le parti del mondo, i miei conterranei della TERRA DI LECCE, come mio nonno fanno una levataccia per divenire cacciatori di “Chiocciole o lumache(improprio ma diffuso)” ovvero “lu moniceddrhu” (Helix aperta). Li vedi che non si sorprendono del fatto che appena la toccano “lu moniceddrhu” (Helix aperta) emette rapidamente una grande quantità di schiuma creando intorno a sé una barriera dello spessore di qualche centimetro. Ed è familiare quel conseguente rumore che ascoltano i cacciatori, quel gorgoglìo intermittente abbastanza rumoroso.
Lui “lu moniceddrhu” (Helix aperta), con il suo schiumare e brontolare si difende efficacemente da alcuni predatori, però sia con mio nonno che con le decine di cacciatori della tangenziale di Lecce anche l'effetto contrario di svelare la sua presenza al raccoglitore di "lumache" che, frugando con le mani sul terreno o tra l'erba alta, riesce ad individuare la chiocciola grazie alle sue emissioni sonore o grazie alla schiuma che fuoriesce dal terreno.
Questo accade ancora oggi in Terra di Lecce. Come dite? Che fine fanno “lu moniceddrhu” (Helix aperta)?

Siccome “lu moniceddrhu” (Helix aperta) è molto sensibile alla temperatura ed all’umidità lui non appena le condizioni ambientali non sono più ottimali entra in ibernazione (se è troppo freddo) o in estivazione (se è troppo caldo o troppo secco) e lo fa rifugiandosi in una buca scavata nel terreno e sigillando l'apertura della conchiglia con un opercolo calcareo.
Dopo la raccolta di“moniceddrhi” (Helix aperta) prima di cucinarli vanno spurgati, per toglierne il contenuto digestivo.
Si tratta di sostituire l'alimentazione dei“moniceddrhi” (Helix aperta) per qualche giorno con pane e latte, o farina di mais, o pane e acqua, o anche crusca, regolandosi quando gli escrementi smettono di essere neri diventando bianchi, successivamente conviene sempre tenerle a digiuno due o tre giorni.
Un altro metodo certo è quello di lasciarle senza cibo, mettendole in una cassetta, coperta da una rete trattenuta da un peso e lasciarle digiune un 3-4 giorni in modo da svuotarne gli intestini.
Si possono anche buttare rapidamente nel sale grosso per un oretta e spurgano istantaneamente, ma la cosa le rende piu' dure dopo cottura.
Vorrei precisare una cosa: le lumache si 'spurgano' quando sono state appena raccolte, se invece hanno la 'panna' cioè “l’opercolo calcareo”uno strato bianco che chiude il guscio, allora non è necessario spurgare, si toglie e si cucinano direttamente
Se invece se ne sono raccolte troppe ci sono diverse tecniche di conservazione: dopo la raccolta le lumache possono essere depositate in sacchetti di juta che poi vanno arrotolati su se stessi e riposti in un ambiente buio. Possono inoltre essere riposte in casse di legno.
Naturalmente le lumache non vanno conservate a lungo perché perdono consistenza e alla cottura perdono una alta percentuale di peso. Questo per quanto riguarda la loro conservazione vive.
Tuttavia possono essere precotte e conservate per 6 o 8 mesi congelate, mantenendo inalterate tutte le loro caratteristiche organolettiche: gusto e consistenza.

La lumaca è un vero serbatoio di antibiotici ed altri farmaci tanto che Geleno ed Ippocrate la consideravano non un alimento ma una medicina. Tutto deriva dalla ghiandola dell’albumina che è posta nell’apparato riproduttivo e secerne degli enzimi che aiutano la rigenerazione dei tessuti, la cicatrizzazione di piaghe ed ustioni.
L’enzima principale è la lectina che ricopre le uova quando la lumaca le inserisce nel terreno per una completa protezione. La lumaca, si può affermare, è un dono della natura.
Alcune ricette:

“moniceddrhi” (Helix aperta) rrustuti (lumache arrostite)
La morte dell'Uddrhatieddrhu è in padella.
In questo modo si può gradire maggiormente il suo gusto raffinato. La ricetta base è semplice: mettere gli Uddrhatieddrhi nella padella e farli cuocere a fuoco lento, toglierli dal fuoco dopo circa otto minuti. Serviteli condendoli con sale.

“moniceddrhi” (Helix aperta) suffritti (lumache soffritte)
Con questa ricetta si può gustare l'uddrhatieddrhu in modo diverso. Il procedimento è più lungo, ma semplice,. Bisogna innanzi tutto lavare bene gli uddrhatieddrhi e togliere la panna (l'opercolo bianco) e poi metterli a bollire. Nel frattempo soffriggere una cipolla e in seguito versateci dentro gli uddrhatieddrhi bolliti. Dopo circa dieci minuti saranno pronti per essere gustati.

“moniceddrhi” (Helix aperta) cu lu sugu (lumache col sugo)
Il procedimento è simile a quello degli Uddrhatieddrhi suffritti, con la variante che bisogna preparare un sughetto di pomodori pelati anzichè soffriggere la cipolla. Per quanto riguarda il sughetto, si può aggiungere del peperoncino per chi lo gusta. Una volta pronto, versate gli uddrhatieddrhi precedentemente bolliti. Mangiate accompagnandoli con un buon bicchiere di vino rosso.

“moniceddrhi” (Helix aperta) cu lu brodu (lumache in brodo)
In una capace casseruola, fate imbiondire l'aglio con l'olio: unitevi le lumache precedentemente spurgate (depurate) con cura, salate, aggiungete il peperoncino e lasciate cuocere per 15 minuti a fuoco basso, rimestando di tanto in tanto. Aggiungete un litro d'acqua calda e, dopo aver alzato appena il fuoco, fate continuare la cottura per circa 30 minuti. Qualche minuto prima che la minestra sia pronta, cospargetela di prezzemolo tritato. Servite le lumache dopo aver posto sul fondo di ogni piatto una fetta di pane tostato, che verrà poi bagnata col col brodo della zuppa.

Non mi resta che augurare buon appetito a tutti!












































domenica 28 settembre 2008

parà oikèò perché Sursum cor



parà oikèò perché Sursum cor
parà oikèò perché Sursum cor
di Antonio Bruno

Stamattina mia zia mi ha chiamato per accompagnarla al Cimitero dove lei porta i fiori allo zio. I miei cugino abitano lontano e io con affetto e quando posso cerco di accontentarla, di fare piccole cose per lei. Ma giunti al cimitero il raffreddore preso la sera della Carovana della Pace, quel ventoso giovedì di Piazza Sant’Oronzo mi ha tenuto in auto. La radio accesa con Padre Raniero Cantalamessa (il cognome di questo frate è stato profetico) spiegava l’etimologia di Parrocchia.Parrocchia dal Greco Paroikìa e questo da PARAOIKEO ovvero abito vicino, composto di parà che significa presso, accanto ed oikèò che significa abito (abitare) che a suo volta deriva da oìkos che significa casa, abitazione, dimora.Io ho ricevuto la conferma di ciò a cui ho sempre pensato quando ascoltavo quell’indicazione di Gesù nel Vangelo che ci definisce che siamo NEL mondo senza essere DEL mondo. Poi c’è stato anche un riferimento alla messa per essere appunto parrocchia sursum cor che significa quell’esclamazione del Sacerdote In alto i nostri cuori, e la conseguente risposta sono rivolti al Signore. Quindi Surgamus! (Sorgiamo). Il sacerdote quando celebra la santa Messa dice tutti i giorni Sursum cor da (in alto i cuori) e non intende con ciò di innalzarti materialmente, ma di innalzare gli affetti, quello a che più vorremmo a Dio, lancia il tuo cuore oltre l’ostacolo e lo raggiungerai. Lanciando il cuore in alto, lo sguardo è costantemente rivolto a Dio, unico desiderio desiderato e desiderabile e in questo modo sono NEL MONDO SENZA ESSERE DEL MONDO.La Parrocchia luogo di frontiera tra il deserto e la città. Poi è arrivata mia zia Rita e ho spento la radio. Ma questa riflessione di Padre Raniero Cantalamessa mi è rimasta impressa nel cuore e siccome io questo desidero essere ecco che la scrivo come mio promemoria parà oikèò perché Sursum cor


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sabato 27 settembre 2008

Angelo Amato: ti faccio l’olio in Piazza con le olive del POLO NORD!


Angelo Amato: ti faccio l’olio in Piazza con le olive del POLO NORD!
Angelo Amato: ti faccio l’olio in Piazza con le olive del POLO NORD!
d Antonio Bruno


Ho accompagnato mia figlia a scuola e me ne stavo andando quando il suono di un clacson mi ha fatto fermare. Mi sono girato di scatto e ho visto il mio
collega Dott. Agr. Gianni GEMMA. Apre il finestrino e mi dice “Che fai?” con il suo sorriso chiaro e pulito di sempre, e io “Me ne vado!” e lui”Vuoi venire a conoscere una persona?” sono salito in macchina ed è stato così che mi sono ritrovato in via Perugia 7, sulla S.S. Lecce-San Cataldo al Km. 3.
C’era un uomo che giungeva e che guardava qualcosa che aveva in mano. Un uomo magro, che stava tornando dalla passeggiata con i suoi due cani. Saluta sorridente (sorridono tutti stamattina) e mi mostra immediatamente due olive oliarole che aveva in mano. “Hai visto? Sono alla fase di invaiatura!” Effettivamente aveva due olive che erano in quella fase fenologica della maturazione dei frutti, in corrispondenza della quale avviene il viraggio di colore dell'epicarpo e nell'olivo l'invaiatura procede con il viraggio dal verde intenso ad una colorazione finale che varia, secondo la cultivar, dal rosso porpora al nero. In una fase intermedia si può avere una colorazione giallo paglierina che corrisponde all'inizio dell'accumulo degli antociani. “Nell’oliarola non c’è la fase intermedia” aggiunge quest’uomo”passa subito dal verde al nero, ma questa fase avviene in genere all’inizio di novembre e invece quest’anno a fine settembre le oliarole sono già passate al colore nero.” E io “sono queste benedette variazioni climatiche che imperversano e ci stanno facendo abituare a viaggiare stando sempre nello stesso posto”:
Ci presentiamo, io l’avevo conosciuto alla Conferenza che quest’anno la CIA ha tenuto a Lecce e li mi aveva tradotto ciò che disse il commissario all’Agricoltura Ue Mariann Fischer Boel, io e lui non avevamo la cuffia del traduttore solo che io non so l’inglese e lui invece lo scrive e lo parla correntemente, dopo averlo ascoltato mi ha dato il suo biglietto e io gli ho mandato le povere cose che scrivo.
Quest’uomo è Angelo Amato l’azienda di cui il responsabile è la Oliva
Service e se vi siete incuriositi potete sapere tutto quello che volete cliccando: http://web.tiscali.it/olivaservice/
Ci fa vedere le macchine e soprattutto la cella frigorifera. D
Dentro ci sono le olive che sembrano di marmo. Io esco subito, c’è troppo freddo. Insomma Angelo ha congelato le olive dell’anno scorso e poi quest’estate se n’è andato in giro per le sagre e feste patronali a fare l’olio. Ha fatto l’olio dalle olive che ha immesso direttamente congelate nel suo MINI FRANTOIO (macchina per spremere l’olio dalle olive) e ha fatto gustare l’olio nuovo su una bella fetta di pane a meravigliati turisti e diffidenti agricoltori.
Già! Perché i turisti vengono d’estate e l’olio si produce in inverno. Quest’uomo ha invertito le stagioni facendo andare le olive al POLO NORD!
L’olio buono ha un sapore e soprattutto un odore!
L’olio buono può avere qualunque colore! Del colore non ci importa nulla!
Hai presente quando compri un profumo? Le bottiglie a volte sono trasparenti. Compreresti un profumo guardando dalla trasparente bottiglia il colore e in funzione di questo? Che dici? Mi dici che non lo faresti mai? Bene sappi che tu compri l’olio il cui valore dipende per intero dall’odore e dal sapore non assaggiandolo e in base al colore che vedi dalla trasparente bottiglia! Insomma: Una follia!
Il gusto dell’olio deriva appunto dall’odore e dal sapore e Angelo sta portando avanti questa missione finalizzata ad educare i consumatori alla bellezza e al gusto dell’olio genuino!
Ha in animo di mettere in moto un frantoio mobile che arrivato nella tua campagna mentre raccogli ti fa subito l’olio e non hai nemmeno bisogno di trasportare le olive. E magari se chiami gli acquirenti lo vendi pure seduta stante.
Ci sediamo e mi racconta la sua vita. Lui adesso è consulente di varie aziende multinazionali ma sino a due anni fa era un dirigente di una di esse.
Mi ha guardato e con una eloquenza raffinata e piena di buon gusto mi ha illustrato il dolore che ha provato quando ha visto suoi amici messi alla porta, licenziati, perché antipatici al nuovo amministratore delegato.
Lui ci è arrivato a 40 anni, ha sperimentato cosa significa precarietà e non nei divertimenti, nel lavoro, in quello che ti consente di vivere. Insomma quando ha visto cosa significa questa situazione di traballante menage con le aziende ha deciso di aprirsela lui un azienda e di cominciare con amore a valorizzare il nostro prodotto per eccellenza il nostro olio.
Si è affezionato alla cellina e all’oliarola e sa che non possiamo allevarle con il nuovo modello di olivicoltura superintensiva che, messo a punto in Spagna nel 1993, nel volgere di poco meno di un quindicennio ha trovato diffusione nel mondo su circa 50.000 ettari.
Con quel modello si raccolgono le olive con le vendemmiatrici che sono troppo basse per piante che come le nostre se capitozzate producono rami che non fioriscono, quelli a legno. Allora tutto felice mi annuncia che hanno prodotto una macchina raccoglitrice alta 4,5 metri che consentirà di utilizzare le nostre varietà.
E poi mille e mille altre idee. A proposito: l’idea di andare a fare l’olio in piazza l’ha messo in gara alla Regione con START UP a proprio ieri sera c’è stata la finale e lui era tra i 10 finalisti con FRANTOIO MOBILE!
http://www.startcup.puglia.it/
· Eco
· Frantoio mobile
· Imbarcazione multiruolo
· PEPT-ACE
· PT-CORK
· Renewenergy
· Safe wheat
· Sistema antifurto epr moduli solari
· SYNCHIMIA
· Tessuti antibatterici
E FRANTOIO MOBILE DI Angelo Amato è giunto quinto! Bella soddisfazione vero?
A proposito domani mattina alle 10.00 si spremono le olive, si fa l’olio in via Perugia 7, sulla S.S. Lecce-San Cataldo al Km. 3 . Io ci vado e tu?













































































giovedì 25 settembre 2008

Chissà quando arriverà il momento di mettermi in cammino


Chissà quando arriverà il momento di mettermi in cammino
Chissà quando arriverà il momento di mettermi in cammino
di Antonio Bruno

Hanno camminato a lungo e l’hanno fatto per venire a trovare me, a Lecce, in Piazza Sant’Oronzo. Sono 22 uomini e donne, di cui una decina di giovani in cammino per venire a dirmi che hanno una lampada per illuminare il loro cammino e
per farmi luce, hanno un bastone per appoggiarsi quando sono stanchi e per porgermelo se partirò anch’io quando sarò stanco e hanno la Bibbia, la parola che si trasforma in atto. Perchè proprio con l'atto performativo compio quello che dico di fare, conseguentemente produco immediatamente un fatto reale da quella Parola di Dio. Al contrario di quello che faccio sempre quando ascolto gli altri, tutti gli altri che mi portano all'atto costatativo che si limita a costatare, ad affermare qualcosa, descrivendo il fatto.
E poi guarda che parole si stanno liberando: “Quando senti il desiderio di comunicare e uscire da te stesso, guardarti intorno, metterti in cammino con gli ultimi; quando ti impegni per la giustizia, la pace, la riconciliazione... è allora che sei in Carovana!”.
Le hai lette? Non ti senti anche tu un po’ libero? Guardo quegli amici che vivono nel campo a Panareo vicino Lecce, guardo i loro visi, quelli delle madri trepidanti che ascoltano la poesia della bambina che dice che l’altro è insopportabile, ma anche se non lo posso proprio sopportare esco lo stesso, gli vado incontro.
Visi tesi a osservare la felicità di quel bimbo che dice che ha paura “DEI MOSTRI” di quelli che vengono fuori la notte, IL MOSTRO DELL’IGNORANZA che anche se abitiamo a due passi ci rende sordi e ciechi e rende l’altro (quello venuto da altri posti) per questo invisibile e inudibile.
Lo Spirito Santo che fa annunciare al mondo che è Gesù che libera.
Ma c’è sempre l’incrostazione dell’Ego che vorrebbe imporre il BENE, l’integralismo sempre incombente, l’intolleranza sempre suadente che ti fa dire che il RICCO E’ IL NEMICO e già così ti rende alleato del demonio, quella incrostazione che mette in bocca ai carovanieri parole di guerra. Hanno liberato la parola LOTTA e dicono: Lotta per la giustizia, lotta per l’acqua, lotta per la pace. Ma perché farsi fregare dal demonio? Apri la Bibbia e leggi quel bellissimo modo nostro di dire:
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.;
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio;
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Queste parole tra le tante altre, che nulla hanno a che vedere con il linguaggio violento della lotta. Eppure hanno letto Girard, lo so per certo che l’hanno letto, e allora? Non è stato performativo quello che abbiamo letto?
Poi l’ora della tristezza. Ha camminato a lungo quell’uomo che abitava in Sudan. Ha attraversato il deserto è arrivato in Libia e da qui, ha trovato un imbarco per Lecce. Ha lavorato per anni nei campi, aveva promesso ai suoi fratelli che gli avrebbe mandato i soldi per farli arrivare a Lecce. Gli ha mandato i soldi, hanno attraversato il deserto i fratelli di quest’uomo venuto da lontano, si sono imbarcati e poi nei giorni scorsi è avvenuto il naufragio di cui si sono avute notizie oggi, di cui vi sono le vittime al largo dell’isola di Malta, i fratelli di quest’uomo venuto da lontano a lavorare a Lecce sono tutti morti. C’è chi ci ha raccontato la disperazione di quest’uomo che chiedeva aiuto. Nonostante la notizia fosse così crudele e non lasciasse spiragli, lui continuava a chiedere aiuto, lo faceva stamattina a Lecce, lo faceva stamattina davanti a una donna che lo ascoltava piena di dolore.
Quest’uomo è disperato. Il viaggio dei suoi fratelli finito tragicamente. E il suo viaggio invece continua, nonostante lui forse avrebbe preferito finisse qui.
Il popolo che ha guardato questi gesti è quello delle foto, i contenuti del viaggio sono in questi siti.

http://www.banchearmate.it/
http://www.carovanadellapace.it/
http://www.altreconomia.it/
http://www.imbrocchiamola.org/


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martedì 23 settembre 2008

Sei ingegnoso? Allora la tua mamma ha mangiato tanta cotognata


Sei ingegnoso? Allora la tua mamma ha mangiato tanta cotognata
di Antonio Bruno

Si racconta che il nonno del Re babilonese Sin-Muballit era andato più volte a caccia nei pressi del Tigri e aveva notato delle bellissime mele che però aveva assaggiata e gli avevano fatto sentire la bocca impastata per l’aspro sapore e per la conseguente sensazione di avere di sentire rimanere la bocca irritata. Non li aveva più gustati i frutti di quell’albero anche perché alcuni schiavi israeliti che lo accompagnavano nella caccia gli avevano raccontato che nel Paradiso terrestre Eva ha raccolto il famoso "pomo", proprio da un bel Cotogno, dai delicati fiori. Il frutto, però, aveva un sapore acerbo, perciò Adamo non riuscì ad ingoiarlo. Il cotogno, infatti, gli rimase in gola, dando origine a quel famoso "Pomo d'Adamo".
Anche il nonno del Re babilonese Sin-Muballit aveva il pomo d’Adamo e quindi di Cotogno non ne volle più sapere.
Qualche mese dopo il nonno del Re babilonese Sin-Muballit catturò una lepre e siccome aveva fame accese un fuoco vicino al fiume e sotto il cotogno. Dall’albero caddero dei frutti che finirono vicino al fuoco che li fece cuocere. Un bel profumo si sparse nell’aria e il nonno del Re babilonese Sin-Muballit volle ancora assaporare il frutto dall’odore intenso e un po’ aspro dei grossi frutti autunnali e la polpa gialla, durissima e granulosa, ma grazie a quel provvidenziale fuoco la polpa aveva assunto un colore rosa e un sapore delicato che deliziò stavolta il palato dl nonno del Re babilonese Sin-Muballit.
Quando tornò alla reggia portò con se una strana preda, un cesto di mele cotogne, le diede alla cuoca e la pregò di cuocerle superando le resistenze della stessa che avvisava il Re della sgradevole esperienza che aveva fatto da giovane quando aveva morso quella mela perché era rimasta suggestionata dalla bellezza dei frutti tondi e ricoperti da una lanugine argentata, perfetti nella loro acerba bellezza, circondati dalle larghe foglie carnose, racchiuse quasi a formare un manto regale, e sormontati dal loro prezioso diadema.
Ma la cuoca del nonno del Re babilonese Sin-Muballit si dilettò a trasformarne la polpa gialla, durissima e granulosa, in una profumata e gradevolissima cotognata, una conserva dai bei colori ambrati, quando la vide bella calda e burrosa la versò ancora bollente in formelle di terracotta tonde, ovali, rettangolari. Il fondo delle formelle era intagliato in modo da formare i più disparati decori: le squame nelle formelle a forma di pesce, i raggi in quelle a forma di sole, e ancora petali e corolle, arabeschi, case coloniche con interi paesaggi, a quel punto la cotognata ottenuta, ormai solida, venne sformata, e meraviglia delle meraviglie sulla sua lucida e dolce superficie emersero in rilievo anche i più minuti decori.
Si dice che tutta la corte provò una grande stupore alla vista di quelle opere d’arte da gustare, un piacere: prima per gli occhi e poi per il palato.
Impararono poi con l’esperienza che la cotognata si può consumare non appena sformata, oppure, si lascia asciugare del tutto fino a che perde la sua lucentezza, diventa leggermente gommosa e si ricopre di una bianca patina zuccherina: in questo modo è pronta per essere mangiata in qualunque momento.
Bella storia eh?
L’ho visto il cotogno lungo il reticolo idrografico che collega Ruffano a Supersano in provincia di Lecce, l’ho guardato raccogliere dal mio collega Cosimino che mi ha detto di volerlo mettere nel mosto che stava fermentando in casa sua.
È una delle più antiche piante da frutto conosciute: era coltivato già 4.000 anni fa dai Babilonesi, tra i Greci era considerato frutto sacro a Venere e in epoca romana era ben noto, venendo citato da Catone, Plinio e Virgilio.

Mi hanno molto suggestionato i versi che seguono tratti dalla poesia “Damasco… giubilo di acqua e gelsomini”

Non so scrivere su Damasco senza che si intrecci il gelsomino sulle mie dita

Non so pronunciare il suo nome senza che sulla mia bocca si addensi il nettare dell’albicocca, del melograno, della mora e del cotogno

Non so ricordarla senza che si posino su un muretto della memoria mille colombe… e mille colombe volano......

Nizar Qabbani (1923-1998), poeta siriano

Il nettare di un albero che vegeta da noi ma che viene dall’Isola di Creta e specificamente dalla città di Cidone (in greco KY – DON). Ce lo ricorda Plinio che scrisse: “Mala, quae vocamus cotonea et Graeci cydonia, ex Creta insula advecta (Hist. Nat. Lib. XV, cap. 11), tradotto: Le Mele che noi chiamiamo cotogne ed i Greci cydonie, furono esportate dall’isola di Creta.
Le mele cotogne sono difficili da gustare, in special modo se immature.
In Terra di Lecce il cotogno lo ritroviamo persino nei decori barocchi a scalpellino, come segno distintivo del barocco Leccese
Il cotogno (Cydonia oblonga), l’ho visto al Canale Pedicare tra Ruffano e Supersano caricato dei frutti giallo pallidi, di forma irregolare, a metà tra mela e pera.
Cresce nelle campagne del Salento in piccole zone alluvionali, e la valle del Canale Pedicare appena piove si riempie d’acqua, ma era molto coltivato in tempi antichi come albero da ornamento nei giardini delle case patronali.
Ne ho preso uno e ho annusato il frutto, intensamente profumato, era appena colto quindi l’ho sentito duro l’ho morso e il gusto non era gradevole, eppure quando è cotto la polpa assume un colore rosa e un sapore delicato e quando si raffredda diviene cotognata (in greco Kydonites).
In Terra di Lecce la cotognata si ottiene dalla cottura lentissima delle mele cotogne, con un procedimento piuttosto semplice: le mele cotte sono passate al setaccio e messe nuovamente su fuoco bassissimo con l’aggiunta di zucchero, fino a raggiungere la consistenza e il caratteristico colore. Si conserva, poi, in stampi rettangolari, che la tradizione vuole di giunco foderato di garza sottile. Il profumo della cotognata è uno di quegli aromi che caratterizzano in Terra di Lecce l’atmosfera invernale. Il primo "assaggio", infatti, ha luogo all’inizio dell’inverno, assieme ai fichi secchi e alla prima pasta di mandorle. Si gusta semplicemente prendendone un pezzetto in mano, o si serve in un piattino con l’aggiunta di un po’ di zucchero semolato o di quanto la fantasia del pasticcere consiglia.
Tanto tempo fa i cotogni venivano passati al forno o messi sul fuoco con mosto d'uva; i nostri agricoltori o contadini o furesi li bollivano con le vinacce per preparare una lavanda con cui aromatizzare le botti.
Un simpatico uso dei frutti di cotogno era quello di profumare la biancheria nei cassetti o i locali di soggiorno.
Ce ne sono di due forme: quella a forma di mela il Cotogno (Pyrus cydonia) maliforme, o “melo cotogno” e ha forma di pera Cotogno piriforme o “pero cotogno”


L'Epicarpo e ricoperto di peluria che scompare durante la maturazione.

Il colore è giallo oro.

Il Mesocarpo o polpa è facilmente ossidabile, poco dolce e astrigente.

Nell'Endocarpo sono contenuti i semi che sono poco numerosi.




Adesso come sempre ci sarà chi mi chiede come fare a coltivare il cotogno nel giardino di casa ovvero quello che si dice essere la tecnica colturale. Per prima cosa c’è da tenere conto che
dato l’apparato radicale superficiale se utilizzi il motocoltivatore per le lavorazioni del terreno, o se lo utilizza il tuo giardiniere, dovrai tenerne conto. Se hai una superficie di terreno e vuoi ricavarne un cotogneto tieni conto che puoi condurlo a palmetta libera (una potatura che rende il filare di alberi come una siepe ma con poco spessore, si utilizza per la raccolta meccanica) le piante saranno piantate a 3 metri una dall’altra e 4 metri tra filare e filare oppure se lo vuoi tenere in giardino per raccogliere i frutti da utilizzare per la tua famiglia potrai coltivarlo utilizzando le forme in volume come vaso e globo.
L'irrigazione è fondamentale per la produzione, altrimenti fortemente ridotta. La concimazione si riferisce a criteri generali. Per la potatura devi stare attento a eliminare rami che hanno già prodotto, succhioni e polloni, mentre devi lasciare i rami di un anno e non devi spuntare i rami posti orizzontalmente (in caso contrario perderai la produzione dei frutti). Se vuoi più vigore esegui speronature.
La produzione media è di 60 tonnellate di frutta per ettaro con possibilità di arrivare fino alle 80 tonnellate di frutta per ettaro. La raccolta si esegue nel periodo di maturazione, in settembre-ottobre ed è facilitata dalla grossa pezzatura dei frutti.
La maggior parte del prodotto è conferito all'industria che preferisce il tipo maliforme; molto scarsa è la conservazione che ricorre a trattamenti pre-raccolta. Non si presta ad essere consumato allo stato fresco a causa della polpa troppo dura e astringente, quindi, solo una minima parte è collocata sul mercato del fresco. Essendo ricca di pectine può essere impiegata come addensante nella preparazione di marmellate con frutta povera di questa sostanza.
Gode di proprietà tonico-astringenti e anti-infiammatorie dell'apparato digerente.
Come tutte le pomacee può essere colpita dal Colpo di fuoco batterico (Erwinia Amilovora); importante malattia per il cotogno è la Monilia che colpisce prevalentemente i fiori. Tra gli insetti si ricordano la Carpocapsa, sui frutti, e la Tignola orientale, sui germogli.
Se tieni conto di questi suggerimenti il tuo cotogno sia che tu ne abbia fatto un frutteto che per un albero che serve per l’approvvigionamento della tua famiglia avrai una produzione ottima e abbondante.


Il cotogno viene usato anche come portainnesto infatti ci sono dei terreni che presentano un’alta salinità per la presenza di irrigazione con acque salse che utilizzate in estate determinano condizioni difficili per la vita delle piante. Ma il cotogno si è scoperto resistente all’azione del sale.
Infatti il germoglio del cotogno è stato sottoposto alla rigenerazione in vitro, un metodo per ottenere piante resistenti alla salinità (Barakat and Abdel-Latif, 1996; Cano et al., 1996). Il cotogno (Cydonia oblonga Mill.) è largamente utilizzato come portinnesto del pero per l’effetto nanizzante (le piante di pero innestate su cotogno sono più piccole), ha mostrato una certa capacità a rigenerare germogli avventizi da foglie di germogli coltivati in vitro (Baker e Bhatia, 1993; Dolcet-Sanjuan et al., 1991; Fisichella, 1998) e da callo (Chartier-Hollis, 1993). Tale attitudine è stata utilizzata per rigenerare germogli in condizioni di stress da NaCl con l’intento di ottenere piante resistenti a condizioni di elevata salinità del suolo.

Il frutto del cotogno è usato come nutrimento dalle larve di alcune specie di lepidotteri quali Bucculatrix bechsteinella, Bucculatrix pomifoliella, Coleophora cerasivorella, Coleophora malivorella.

Veniva detto che... la partoriente che mangiava mele cotogne, avrebbe dato figli di segnato ingegno.
Come dici? Sei ingegnoso? Allora la tua mamma ha mangiato tanta cotognata, quindi falla mangiare anche a tua moglie, la mamma dei tuoi figli!

























Addio primarie, addio PD

Addio primarie, addio PD
Addio primarie, addio PD

Giuro, è l’ultima volta. Poi tolgo il disturbo, sempre che valga qualcosa la considerazione di un cittadino elettore pensante, già iscritto ai DS, “fondatore” del PD con l’“Io ci sono” del 14 ottobre 2007. L’ultima volta, lo giuro, poi mi affiderò a questo “centralismo democratico” di ritorno, all’indirizzo, alla linea o al meno peggio. E’ “cosa loro”, dell’apparato politico, della “classe dirigente” - come molto piace dire a qualcuno - scegliere chi dovremo andare a votare nella prossima primavera per rinnovare il “consiglio d’amministrazione” della nostra Provincia.Il candidato c’è già: l’avvocato, senatore e presidente uscente Giovanni Pellegrino.Tutti d’accordo, solo piccoli distinguo e qualche richiesta di messa a punto di visibilità.Il Presidente è riuscito a mantenere unita la compagine, ha garantito la poltrona a quelli che in tempi non lontani si chiamavano i “cespugli”, messi a dimora ma completamente assenti nel territorio.Anche nell’assise che presiede ha smussato e domato i contrasti garantendosi il rispetto dell’opposizione. Un galantuomo che tutti tirano per la giacchetta, nonostante abbia dichiarato la sua stanchezza, il desiderio di ritirarsi, di godersi la vecchiaia magari regalandoci un buon libro di racconti: la seconda parte del suo “Cavallo Pazzo” sarebbe gradita.Non può essere che lui. Non c'è altri! Anche D'Alema è dello stesso avviso (e Veltroni? Veltroni che dice? Non è poi lui il segretario eletto? O non conta?).Sembra che la nostrana “classe dirigente” abbia paura di tentare il cambiamento, di provare a smuovere gli equilibri della 'pax' regnante. Non vuole sentirsi orfana di chi la garantisce.Ma la domanda viene spontanea. Oltre tutto quello che compete la “politica dei politici”, la vita e la quiete del palazzo, qualcosa è cambiato nel Salento?Di questo si dovrebbe parlare, o no?L’On. Ria si dice d’accordo sulla ricandidatura, s’è acquietato sul suo scranno alla Camera. Mette dei paletti, non li mette, non capisco il politichese. Ma cosa pensa del Salento del dopo Ria? Il Grande Salento è stata la risposta giusta al “Parco Salento”?Il Salento è ancora da amare? E' andato avanti o s’è seduto sulla sua piccola “gloria”?Ché questo sembra a chi guarda! Un Salento senza guida, senza progetto, senza ordine.Solo confusione, al di là dei balletti politici, delle conferenze stampa, della moltiplicazione delle Notti e delle notterelle, dei festival, delle rassegne, degli operatori culturali ad uso e consumo di Palazzi e palazzetti nulla è cambiato. Le strade son quelle di cinque anni fa, la segnaletica del Salento d’Amare, del Salento del turismo, dell’arte e della cultura, inesistente. Le beate (e odiate) parole del marketing territoriale sono rimaste parole. I centri storici dei nostri paesi sono 'abbandonati' a recuperi senza senso, senza rigore, senza disciplina. I motori dei condizionatori d’aria li ornano al pari degli “inutili” fregi antichi… e poi, e poi, e poi...Chi doveva guardare lì dove guardano le persone quando vengono qui a guardarci?Certo non il presidente ma qualche suo assessore sì. Se no a che serve star lì?La rinuncia alle primarie è la rinuncia del PD alla sua missione rinnovatrice. Addio PD viene da dire!Questi “dirigenti” non si accollano il rischio di doversi confrontare con se stessi e con quello che in questi anni hanno prodotto: rinunciare alle primarie significa rinunciare al dibattito, al confronto con gli amministrati. Non basta un'assemblea degli eletti per verificare la validità di un mandato. Eletti poi un po’ con l’affanno, timorosi di perdere posizioni, privilegi… Il quieto governare non sempre è il buon governare!A destra non si dice granché. La Senatrice Poli non è interessata alla poltrona. S’è sentito il nome dell’avvocato Gianni Garrisi e il guerriero De Cristofaro, sui muri della città, vuole liberare il Salento con un significativo svegliatevi!Già svegliatevi!
Mauro Marino
Caro Mauro, l’hai scritto con il cuore. Sei deluso dalla trasformazione di un ideale in una serie di calcoli di vittoria che nulla hanno a che fare con l’ideale stesso. Si respira aria di utopia nel tuo intervento, della amata utopia che tutti hanno messo in soffitta per lasciare occupare il salotto buono da belle poltrone e poltroncine, comode, confortevoli, ma poche. La corsa ad accaparrarsi la poltrona è cominciata! E tutti, anche quelli che non ci tengono, se fanno parte della squadra si affannano a non rimanere in piedi, c’è chi si siede subito sulla sedia che nessuno guarda all’inizio, ma che presto sarà appetibile appena tutte le poltrone saranno occupate. Adesso ci si deve alzare, il periodo della villeggiatura è finito e si deve tornare a casa per un po’ per stabilire chi dovrà occupare di nuovo la casa e, nel caso che ad occuparla sarà la stessa famiglia, a stabilire in quale stanza ognuno vivrà, sistemerà il materasso e i suoi bagagli con le cianfrusaglie. Triste operazione a scadenza di un lustro che obbliga gli occupanti a veder vacillare fragili certezze simili a lustrini. Riporre speranze nella miseria umana è esercizio velleitario. La fragilità della ricerca della sicurezza si trasforma in affanno e in preoccupazione. Non c’è bagno di folla che tenga, i mesi che precedono l’evento decisionale, l’ubriacatura di tre giorni di scrutini, è riempito di umane promesse. Promesse di un mondo migliore all’idealista e di pagnotte prelibate al Bertoldo. Promesse che sono piene d’illusione, promesse che fanno sognare, promesse che fanno sperare. Ma alla fine si tratta solo di rendere il condominio più bello ed accogliente! Eppure nessuno ne parla! Tutti vogliono le promesse, di questo o di quell’altro ma del condominio si occupano solitari grigi impiegati che lasciati soli fanno quello che possono e resistono nel fare quello che non possono. Spogliamo le elezioni delle promesse e scegliamo chi, secondo noi, renderà più bello ed accogliente il condominio. Null’altro. Il resto è superfluo. Cordialmente Antonio Bruno
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Troppo in pochi a salutare Abba
Martedì, 23 Settembre 2008
il Bastardo
Torno ora da Cernusco sul Naviglio. Sono andato con Aldo Bonomi a salutare Abdul Salam Guiebre, mio giovane concittadino italiano ammazzato a sprangate da due delinquenti che mentre lo colpivano gridavano insulti sul colore della sua pelle. Ho stretto la mano al padre, dignitoso ed elegante nel suo abito tradizionale. Ho firmato il registro delle condoglianze. Ho pregato di fronte alla sua bara. Ho parlato con un ottimo sindaco, Eugenio Comencini, che nei giorni scorsi si è destreggiato fra il dolore della famiglia e la rabbia di tanti ragazzi sconvolti dalla fine di “Abba”.Mi spiace che il sindaco di Milano, città teatro del delitto, brillasse per la sua assenza. E mi ha fatto riflettere che fossero solo poche centinaia i convenuti alla silenziosa cerimonia. Quasi che sia più facile partecipare a cortei fragorosi ma incapaci di coinvolgere la cittadinanza, come quello di sabato scorso. Temo questa deriva dell’incomunicabilità fra settori diversi e potenzialmente contrapposti della cittadinanza. Se non saremo capaci di far sentire il nostro calore umano, la nostra prossimità ai figli dell’immigrazione, come potremo stupirci poi se reagiranno con intemperanza ai continui soprusi di cui sono quotidianamente vittime?
Caro Gad Lerner,
tu sei andato a esprimere la tua solidarietà perché c’è stato qualcosa che ti ha spinto a farlo. Gli altri che non sono venuti non hanno avuto questo “qualcosa”.
Ora resta da stabilire cosa sia questo qualcosa che spinge a esprimere solidarietà per comprendere come mai in Italia e specificamente a Milano, questo “qualcosa” non sia comparso.
Questo “qualcosa” può essere il sentirsi di appartenere a una comunità ferita perché uno sei suoi membri è stato ucciso, ferita per il dolore di chi resta, dei familiari. Questo qualcosa ti ha spinto ad andare ai funerali di Abdul Salam Guiebre. Ma se non ci fosse stato, se tu non avessi sentito connazionale il ragazzo ammazzato da due bruti assassini, posso scrivere senza tema di smentita che tu non ti saresti mosso da casa oppure saresti andato da qualche altra parte.
Siamo soli! Non ci sono più nemmeno i campanili, quelli del campanilismo che spingeva a un senso di appartenenza territoriale sicuramente conseguente alla difesa dello stesso.
Non c’è nemmeno l’appartenenza familiare con i vecchi che non vengono più considerati della famiglia ma, in quanto non più produttivi, da mettere nei musei con i custodi o nelle case con le badanti.
Siamo soli e immersi nella ipnosi di accumulare ricchezza e onori, ipnotizzati da chi appare e a nostra volta tesi ad apparire.
Non si è mai immuni da questo. Solo che se impari ad osservarti ti vedi con la bocca aperta pronto ad azzannare chiunque voglia sottrarti la preda e assolutamente indifferente nei riguardi del vecchio leone che solingo vaga in cerca di una carezza, di un sorriso.
Ecco che i più violenti e famelici (ricordate il CT della nazionale quando disse che avrebbe vinto il mondiale chi aveva più fame?) alzano la mano per uccidere! Per sopprimere il diverso, per “fargliela pagare!”.
A questo gesto ci sono due reazioni quella della vendetta funzionale al mantenimento di un territorio o di un privilegio di gruppo o di una casta oppure la umana solidarietà per chi ha subito la perdita e il cordoglio per la vittima.
Vendetta grazie a Dio, nella cerimonia, non si è presentata, anche se tu, tu che sai cosa significhi subire soprusi e violenze, annunci prima o poi il suo ingresso nella scena.
Pochi hanno espresso il loro cordoglio e la solidarietà a chi ha subito la perdita, tra questi la Tua persona a cui unisco la mia anche se insignificante chiedendo a tutti di imitare noi due e quelli che ci sono andati da Abdul Salam Guiebre! Imitate noi please!
Cordialmente
Antonio Bruno

lunedì 22 settembre 2008

Quanto ci costa volare italiano?
Lun, Set 22, 2008
l'Infedele

Com’era inevitabile, stasera alle 21,10, su La7, L’Infedele torna a occuparsi dell’Alitalia finita sull’orlo del baratro. Con il rappresentante del governo, il sottosegretario Adolfo Urso, e il segretario Cgil che ha seguito la trattativa, Fabrizio Solari, abbiamo deciso di proporvi un panel di interlocutori competenti e direttamente coinvolti, a cominciare dai lavoratori di terra, dai rappresentanti dei piloti Alitalia e dal presidente degli aeroporti milanesi Giuseppe Bonomi. Sarà con noi il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, cioè l’esponente del Partito Democratico che di fronte al ritiro della cordata Cai ha dichiarato: “Non mi strappo i capelli”. La penserà così anche Michele Perini, imprenditore di Assalombarda? Più probabile che una posizione favorevole alla procedura fallimentare per Alitalia venga sostenuta dagli economisti Carlo Scarpa e Marco Ponti. Sembra invece che ai politici, di qualunque schieramento essi siano, risulti proibitivo assumere una posizione favorevole al fallimento, chissà perché. Lo chiederò anche ai giornalisti Marco Alfieri del “Sole 24 Ore” e Gianluigi Paragone di “Libero” (prossimo conduttore su Raidue di una trasmissione intitolata, ohibò, “Malpensa, Italia”).Non cadremo nella trappola di additare piloti e Cgil come responsabili unici dello sfacelo, perché L’Infedele disdegna la superficialità e la propaganda. Anticipatemi le vostre domande e, durante la trasmissione, non fatemi mancare rilievi e suggerimenti.


116antonio bruno scrive: Settembre 22nd, 2008 at 3:22 pm
Caro Gad Lerner,
prendo atto che si vola su Alitalia stasera nella tua trasmissione. Io penso che nessuno meglio dei lavoratori possa dire che cosa è importante per la loro tranquillità lavorativa. E nessuno meglio dei capitalisti interessati all’investimento possa esprimere quanto è disposto a spendere per acquistare un azienda per farci dei profitti.Alitalia - Linee Aeree Italiane S.p.A. fa volare passeggeri e merci nel mondo dal 1947.Ho ascoltato le dichiarazioni di chi sa che Alitalia è stata a disposizione per mezzo secolo di una cogestione di politici e sindacati, che non si erano mai preoccupati di budget e conti economici accumulando perdite spaventose. Ho sentito che per gestirla normalmente gli azionisti devono investire, i manager devono dispiegare le strategie e i sindacati negoziarne le compatibilità.Pare che il problema sia di contratto di lavoro che appunto non vede l’accordo tra i contraenti. I lavoratori pare che desiderino contratti di lavoro diversi a seconda delle categorie e i capitalisti probabili acquirenti preferiscano invece un contratto unico.E’ un problema sindacale e come tale va trattato.Io non conosco il mondo dell’aviazione civile e rischio di dire una serie di enormità se entro nel merito delle richieste dei lavoratori e delle condizioni poste dagli acquirenti. Ma se il problema è di contratto c’è necessità di una trattativa sindacale in cui c’è chi propone e chi fa una controproposta.Io chiedo a te Gad il senso di una trasmissione televisiva che per forza di cose è una trattativa sindacale. Ti chiedo se farai la stessa cosa quando si dovranno rinnovare i contratti collettivi di lavoro delle altre categorie professionali presenti nel nostro paese.Prima c’erano i sindacati e i politici che facevano la trattativa sindacale con loro stessi. Più o meno quello che accadeva con gli statali prima dell’avvento del Ministro Brunetta che sarà una controparte che non prevede di fare trattative finte ma che farà valere l’interesse dello Stato in trattativa con quello dei lavoratori statali o della pubblica amministrazione che dir si voglia.Ma per fare una trattativa c’è necessità di trovare un’altra parte e qui pare che siano rimasti solo i lavoratori rappresentati dai sindacati e orfani dei politici.Mi diceva mio nonno quando mi lamentai della ragazzina brunetta che non mi voleva per fidanzato e a cui chiedevo un bacio che prima ci si fidanza e poi si fanno le richieste di bacio.Prima qualcuno compri la compagnia, a quel punto si apriranno le danze.Ma questo matrimonio mi sembra assolutamente improbabile perché gli sposi pare proprio che non si amino.Chi vuole Alitalia?Cosa è disposto a fare o a dare questo pretendente per prendersela?Cosa non farebbe mai anche se facendolo saprebbe che riuscirebbe a prendersi Alitalia?Faccia le stesse domande ai rappresentanti dei lavoratori e se costoro risponderanno lei saprà come stanno effettivamente le cose e chiarirà anche questo agli “sposi” e ai ficcanaso che sempre, sin dalla creazione, guardano nelle camere da letto altrui
Cordialità
Antonio Bruno

domenica 21 settembre 2008

ci vuole poco


ci vuole poco
http://www.gadlerner.it/
Dal blog di Gad Lerner

Seguo la discussione che si dirige sempre più spesso nella ricerca di responsabilità del clima di paura e quindi conseguenza di violenza che attraversa il nostro
paese dalle alpi sino alla Sicilia. Si individua in un politico tale responsabilità. Possibile che chi scrive in questo blog sia così ingenuo? Il compito della formazione delle coscienze è dei politici? Ma se i politici sono lo specchio di chi li elegge, come si può pensare che in tema di paura e di violenza possa venir fuori qualche novità da chi dipende “professionalmente” da maggioranze.
Tutti quelli che sono eletti sono dipendenti di una maggioranza. E la maggioranza oggi, è composta da gente impaurita che diviene violenta perché ritiene di avere il sacrosanto diritto di difendersi.
E qui casca l’asino!
Ma l’asino elettore vota un suo simile che lo rappresenti e, l’eletto, o è asino di suo, oppure ha finto di esserlo per carpire il voto necessario alla sopravvivenza “economica” e professionale di chi ha scelto di fare il
“lavoro” ben pagato e pieno di privilegi del politico(vedi Stella&Co).
La responsabilità è tutta da ascrivere a chi ha il compito di formare le coscienze. Ma al posto di iniziare questo inutile (velleitario) esercizio di investigazione “tutti Ubaldo Lai Tenente Sheridan senza brillantina linetti”, ognuno nella sua casa, a tavola quando la famiglia è riunita, cominci a raccontare del parente (io ho una zia e uno zio che andarono a lavorare a Milano) o del conoscente costretto ad abbandonare il paesello per andare a cercare lavoro e futuro in altri POSTI ED ALTRE TERRE COLONIZZATE da uomini e donne arrivati prima di lui.
Che fare altro? Iniziare da noi. Possiamo condividere esperienze e conoscenze con le persone che vengono a vivere vicino casa. La paura deriva dall’ignoranza. C’è chi scrive che ha queste persone vicino casa. Ma vicino casa chi ci dice che non ci sia un serial killer che da sette generazioni abita il nostro condominio o comune?
La paura è figlia dell’ignoranza e si dissolve con la conoscenza.
I preti che, vivaddio hanno strutture pagate da noi in tutta Italia, promuovano la conoscenza tra quelli che abitano le parrocchie. Si interessino degli ultimi e li facciano conoscere a chi abita da prima dell’arrivo dei migranti nelle loro parrocchie.
Si facciano delle cene dell’amicizia in cui si offrano i piatti tipici di ognuno di noi. Ci vuole poco, cose semplici. Solo così i fantasmi della paura se ne andranno.


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